“Se tornerai magari poi noi riconquisteremo tutto“. Le parole sono quelle degli 883, ma è probabile che in un qualche modo esprimano i pensieri di Philadelphia Eagles e Kansas City Chiefs, che si ritrovano al Super Bowl a due anni di distanza dall’ultima volta.
I primi, sconfitti in quell’edizione, hanno come chiaro obiettivo il secondo anello in meno di un decennio. E di per sé già questa un’impresa se si pensa che fino al 2018 la bacheca della franchigia non aveva mai ospitato il trofeo più prestigioso. L’eventuale three-peat, o tripletta che dir si voglia, fa però inevitabilmente gola ai Chiefs. Un risultato che nel football americano hanno raggiunto solo i Green Bay Packers, ma non nell’era del Super Bowl.
L’appuntamento per Mahomes è dunque con la storia stessa di questa disciplina.
QUI EAGLES
Le famigerate sliding doors. Nick Sirianni concluse la sua esperienza quadriennale ai Chiefs quando a non confermarlo come assistente fu il suo avversario di domenica notte. Andy Reid, appena ingaggiato da Kansas City, non confermò infatti il giovane Sirianni, che andò ai Chargers, allora a San Diego.
Ancora più interessante è che Reid proveniva dagli Eagles, e si tirò dietro, come offensive coordinator, Doug Pederson. Ovvero, per chi ha buona memoria, il coach che poi nel 2018 condusse Phila alla prima vittoria al Gran Ballo.
Al cambio della guardia in sideline ne corrispose poi uno anche in campo. Carson Wentz, eroe del primo Super Bowl, fu ceduto e rimpiazzato con Jalen Hurts.
Solo per il suo essere un texano con un passato universitario ad Alabama ed Oklahoma il quarterback degli Eagles potrebbe essere considerato l’emblema per eccellenza del gioco del football. Ma Hurts è molto di più: arrivato in NFL con la nomea di playmaker da corsa, con il tempo ha in realtà dimostrato di aver un lancio preciso, e gambe non solo veloci per gli strappi, ma anche abili nel temporeggiare sia dentro che fuori dalla tasca.
Una qualità non indifferente, specie in un contesto in cui si può contare su tre ricevitori come, in ordine alfabetico, AJ Brown, Dallas Goedert e DeVonta Smith. Che avranno qualche riflettore puntati addosso, ma non proprio i principali.
Quello sono appannaggio di Saquon Barkley, che ha raggiunto il Super Bowl prima di molti colleghi scelti al suo stesso Draft del 2018, Josh Allen incluso, ma a cui manca ancora una consacrazione autentica. La sua esplosività, capace di spaccare in due una difesa con una facilità disarmante, sarà cruciale per offrire agli Eagles un’opportunità in più per ottenere la rivincita sui rivali di due anni fa.
QUI CHIEFS
Il rischio è che a rovinare tutto sia il contorno. Le polemiche verso gli episodi dubbi a favore di Kansas City, certo, ma non solo.
Travis Kelce che è Travis Kelce e non mister Swift. Le dispute se il miglior giocatore di sempre possa già essere considerato Patrick Mahomes, scalzando un Tom Brady che era stato incoronato tale meno di dieci anni fa.
Un peccato, perché al di là di questi discorsi i Chiefs meritano i risultati che stanno raggiungendo. Anche in questa stagione, dove non sono stati spettacolari, ma concreti, vincendo quanto contava farlo, anche grazie all’apporto decisivo generato dal supporting cast meno noto al pubblico generalista.
Xavier Worthy, ad esempio, che da rookie ha avuto un impatto notevole sulle sorti del gioco offensivo della sua squadra. Grande velocità di base abbinata ad un controllo non irrilevante, il ricevitore si è dimostrato un’ottima terza punta per i Chiefs.
Un ruolo che avrebbe dovuto essere quello di il running back Isiah Pacheco, che dal ritorno dall’infortunio non è stato più lo stesso. Per certi versi peggior sorte ha avuto Kareem Hunt, tornato sul luogo del diletto da dove era fuoriuscito dopo essere incappato in spiacevoli eventi extra-campo.
Ma tutto questo, domenica notte, non conterà più. Ad avere importanza saranno solo i centimetri guadagnati e quelli persi sul campo del Superdome di New Orleans.