Andre Iguodala, è sempre stato quell’asso nella manica in più su cui Steve Kerr fa affidamento. In molti avrebbero potuto pagare il passaggio dopo solo quattro anni dalla vittoria del premio di MVP delle Finals NBA (nel 2014/2015). Iggy no, ha saputo vestire bene il suo ruolo e il rendimento dell’ex Philadelphia Sixers non è diminuito, anzi il 35enne dell’Illinois, è rimasto giocatore fondamentale fuori e dentro al campo.
ANDRE IGUODALA: UNO DEI PERNI DELLA DEATH LINEUP
A dimostrazione dell’importanza di Iguodala per la franchigia californiana ci sono le scelte tecniche dell’ex giocatore dei Bulls degli anni ’90. Steve, infatti, nei finali di partita dei match chiavi della stagione (e in quasi tutti quelli dei playoff), chiude sempre con il numero 9 in quintetto. Non a caso il quintetto dei campioni in carica formato da: Stephen Curry, Klay Thompson, Kevin Durant, Andre Iguodala e Draymond Green è il quintetto più redditizio degli ultimi 3 anni e soprannominato quintetto della morte.
In molti si chiedevano se quest’anno, nonostante l’addio di Pachulia e McGee, l’arrivo di DeMarcus Cousins potesse oscurare il grande lavoro e diminuire i minuti di Iggy. Ciò sarebbe dovuto accedere sopratutto in chiave playoff, visto che il centro ex Kings, sarebbe tornato sul parquet da gioco solo a gennaio e, in piena forma, solo per la postseason. Dopo l’All-Star Game, e il rientro a pieno regime di DMC, i minuti di Andre, però, non sono diminuiti. Anzi, per coach Kerr, l’ala ex Sixers è un giocatore chiave e a conferma ci sono dichiarazioni dello stesso allenatore capo dei Warriors pochi giorni prima dell’inizio dei playoff. Ai microfoni di ESPN Steve ha detto che già dal primo turno dei playoff avrebbe chiuso tutte le partite in bilico con Iguodala e non Cousins in campo (come riportato dal nostro sito a metà aprile).
RUOLO CHIAVE
A semplificare i piani del coach dei vincitori delle ultime due stagioni ci ha pensato la sfortuna che si è abbattuta sul lungo della franchigia di Oakland. DeMarcus, durante l’inizio della partita di gara 2, si è infortunato alla coscia e ha chiuso la stagione. Ciò ha ‘semplificato’ le scelte di Kerr, ma ha così accorciato una già poco produttiva panchina (occhio a questo dettaglio che potrebbe pesare a lungo andare). Kevin Looney ha così ritrovato il posto nello starting five che aveva perso da febbraio in poi, mentre il nativo di Springfield si è confermato uomo chiave dei successi dei Warriors anche senza fare prestazioni monstre.
We’re all thinking it, and Steve Kerr said it best.
Incredible. pic.twitter.com/gzaBloIReO
— Golden State Warriors (@warriors) May 1, 2019
Iguodala, come Draymond Green, è uno dei giocatori importanti della franchigia per il ruolo che hanno nello spogliatoio e in campo, senza però essere il leader della squadra. Spesso il lavoro del numero 9 della Baia passa inosservato e poco esaltato, ma lui è uno dei collanti e uno dei motivi per cui una squadra con 5 All-Star possa stare insieme.
L’IMPATTO DI IGGY NELLA SERIE CONTRO I ROCKETS
Molte sono state le occasioni in cui Iguodala si è rivelato fondamentale in uscita dalla panchina. Però, l’emblema dell’importanza dell’ala piccola dei Warriors in questa stagione, è la prestazione di gara 1 della semifinale di Cconference gli Houston Rockets . Lui e Green hanno svolto una partita da numeri modesti, soprattutto i suoi, ma giocando ogni pallone con una intelligenza tattica e con una intensità cestistica che pochi giocatori in NBA hanno. Iggy non ha sbagliato una scelta in un finale molto concitato, con molti errori (hanno perso palle sanguinose giocatori dal calibro di KD e CP3) e vinto dai californiani per 104-100.
In questa serie, Iguodala potrebbe essere il fattore decisivo per superare dei più che ostici e agguerriti Rockets. Con lui in campo la squadra di Steve Kerr gioca con l’ormai famosa e molto utilizzata small ball. Nei match disputati finora, il giocatore che si ritrova ad occupare il ruolo di 3, con la possibilità di cambiare marcatura nei momenti opportuni. Grazie alla sua esperienza e tenacia, si sta prendendo cura di James Harden e dando una mani negli aiuti dal lato debole atti a proteggere il pitturato. In particolare, soprattutto in gara 1, Andre ha dato una mano nel limitare l’esplosività di Clint Capela, che non è riuscito dominare sotto canestro, dopo che nella serie contro i Jazz aveva stravinto il duello a rimbalzo contro Gobert. Offensivamente, il suo compito è di equilibrare la gestione dei possessi ed essere utile nei backdoor per trafiggere la difesa avversaria (oltre che in ottica spot up shooting). Il classe 1984 riesce a fornire imprevedibilità ad un attacco già molto vario e ad essere una arma in più sul perimetro.
Andre Iguodala, lasciando la scena ai vari Curry e KD, è pronto a portare al successo i suoi. Nel suo impeccabile ruolo di asso nella manica.