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NBA Jersey Stories – Magic Johnson e l’All Star Game del 1992

di Stefano Belli
Magic Johnson
Magic Johnson

Magic Johnson

La maglia di cui raccontiamo fu indossata una sola volta nella storia: il 9 febbraio 1992, in occasione dell’All Star Game di Orlando, Florida, Magic Johnson fu l’MVP di quella gara.

Al termine di quella gara, Earvin “Magic Johnson fu nominato MVP dell’incontro. Niente di straordinario, visto che parliamo di una delle più grandi star della storia dello sport, se non fosse che l’Uomo Magico, solo pochi mesi prima, era dato per spacciato. Non nel senso “professionale” del termine, ma proprio morto.

Poco prima dell’inizio della stagione 1991/92, Johnson si era sottoposto a dei controlli medici di routine, dai quali era emersa una realtà sconvolgente: l’atleta aveva contratto il virus dell’HIV.

Un secondo e anche un terzo esame confermarono il terribile esito, e per Magic Johnson era arrivato il momento di fare i conti con la durissima realtà.

Per qualche giorno nessuno, compresi i compagni di squadra, ebbe la benché minima idea sul perché i Los Angeles Lakers non potessero schierare il loro storico capitano, capace di guidarli a cinque titoli NBA nei favolosi Anni ’80, quelli dello “Showtime”. Poi, il 7 novembre 1991, in una conferenza stampa entrata fin da subito nei libri di storia, il mondo conobbe la cruda verità: la Magia era finita.

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All’epoca dell’annuncio, l’HIV era un virus sconosciuto ai più, e la sieropositività veniva spesso confusa con la vera e propria sindrome dell’AIDS, per cui si temette fin da subito non solo per la carriera del giocatore, ormai dichiaratamente terminata, ma persino per la sua vita.

Del resto, qualche giorno dopo quella conferenza stampa (esattamente il 24 novembre 1991), il mondo si ritrovò a piangere la morte, proprio per AIDS, di uno dei più grandi artisti di ogni epoca, l’indimenticato leader dei Queen Freddie Mercury.

Furono perciò enormi lo stupore e lo scalpore destati da un nuovo annuncio, qualche mese più tardi: Magic Johnson non solo era ancora vivo e vegeto, ma avrebbe addirittura partecipato all’edizione 1992 dell’All Star Game!

La notizia generò un polverone mediatico senza precedenti, e le reazioni non mancarono.

Se chiaramente il pubblico era dalla sua parte, avendo votato in massa la sua presenza nel quintetto della Western Conference, alcuni giocatori accolsero con scetticismo e preoccupazione la decisone di Magic Johnson.

I compagni Byron Scott ed A.C. Green sostennero che il loro ex capitano non dovesse scendere in campo, in quanto “giocatore inattivo”, mentre molti altri erano decisamente spaventati dalla prospettiva di dover venire a contatto diretto con un sieropositivo. Parecchi mesi più tardi, quando si vociferava di un possibile ritorno in pianta stabile di Magic Johnson, Karl Malone degli Utah Jazz espose chiaramente le sue riserve.

 

“Guardatemi – dichiarò ai giornalisti – sono pieno di graffi e cicatrici. Me li procuro ogni sera, in ogni singola partita. Nessuno può dirmi che non corro alcun rischio, così come nessuno può dire che nessun giocatore nella NBA ci penserebbe. (…)Potrà anche essere una cosa buona per il basket, ma bisogna guardare oltre. Qui ci sono un sacco di ragazzi con una lunga vita davanti”.

 Una volta ricevuto il nulla osta dai medici, però, Johnson prese la sua decisione: avrebbe giocato quella partita.

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Lo spirito con qui quella gara venne disputata può essere paragonato allo stile di quelle maglie con la grossa stella sul petto: roba d’altri tempi.

Da una parte Magic Johnson e lo stesso Malone (i due poi ebbero modo di chiarirsi in futuro riguardo alle – comunque legittime – preoccupazioni di Karl), ma anche Hakeem Olajuwon e Clyde Drexler (che diventerà MVP stagionale), dall’altra Charles Barkley, Scottie Pippen, Patrick Ewing (tutti membri, qualche mese più tardi, del leggendario Dream Team) e soprattutto i due “nemici giurati” Michael Jordan ed Isiah Thomas (a proposito di Dream Team, ma questa è tutta un’altra storia…).

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Sia MJ che il leader dei Bad Boys, uno dei migliori amici di Magic Johnson fuori dal campo, ingaggiarono epici uno-contro-uno con il numero 32, rievocando i grandi duelli delle passate NBA Finals e mandando il pubblico in visibilio.

Gli ultimi minuti di gioco dell’incontro furono un autentico ritorno allo “Showtime”, con il tre volte MVP che infiammò l’ormai demolita Orlando Arena. Dopo la tripla in step-back che pose fine alla gara, il tabellino recitava: 25 punti, 5 rimbalzi, 9 assist.

Magic Johnson divenne per la seconda volta MVP dell’All Star Game, nel tripudio generale. Mica male per un uomo (prima che un giocatore) che sembrava condannato a morte certa…

La grandissima performance di quel 9 febbraio 1992 fu per Johnson la spinta decisiva verso un’altra decisione epocale: a Barcellona, come co-capitano (con Jordan e Larry Bird) della più grande squadra di tutti i tempi, lui ci sarebbe stato.

La Magia poteva continuare.

Mentre l’Uomo Magico alzava il trofeo, con l’inconfondibile sorriso stampato sul volto, il pubblico cominciò ad intonare a gran voce “Magic Johnson! Magic Johnson!”, creando un’atmosfera assolutamente da brividi.

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L’edizione 1992 della Gara delle Stelle verrà per sempre ricordata come un momento irripetibile nella storia dello sport, e quella maglia blu con la stella e il numero 32 sul petto si innalzerà in eterno tra quelle dei più grandi.

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