Tra tutte le sconfitte assaporate in stagione, la Dinamo Sassari può guardare con un certo ottimismo a quella patita sul parquet del PalaTrento. Raramente, infatti, si era vista la squadra campione d’Italia lottare con la tempra e la volontà dimostrate nell’anticpo pasquale di sabato pomeriggio, con lo splendido terzo quarto a certificare come la Dinamo possa ancora rappresentare un cliente indigesto per chiunque.
Viatico positivo in vista della lotta finale per i playoff, all’orizzonte due partite alla portata (sulla carta) contro Caserta e Torino, ma anche una necessaria quanto doverosa precauzione alla luce di quanto accaduto in quest’annata tribolata. Poche luci, tante ombre, stravolgimenti al roster, turbolenze societarie e ben tre avvicendamenti in panchina. Non esattamente il trend che ti aspetti da chi, poco meno di un anno fa, entrava nella storia dalla porta principale completando il più incredibile dei triplete.
Sono giunte le ammissioni di colpa dall’alto, il Presidente Sardara ha avvallato i dubbi in merito alle scelte di una società che ha preferito cambiare quando da cambiare c’era ben poco. Smembrare e ricostruire un roster, specie dopo aver vinto, rappresenta una scelta azzardata, una scommessa che ti costringe a rivedere il sistema di gioco e gli equilibri di squadra, sperando che in spogliatoio regni l’armonia e che la Dea bendata ti assista il più a lungo possibile. Ma non sempre le ciambelle riescono col buco. La Dinamo di quest’anno ha palesato parecchi limiti sotto l’aspetto tecnico e caratteriale, una serie infinita di alti e bassi, con sprazzi di talento e intensità alternati a preoccupanti black out.
L’esonero di Sacchetti è stato il primo segnale di debolezza, l’allarme di una barca alla deriva, cui serviva un nuovo timoniere per tornare sulla giusta rotta. Da qui la scelta di Calvani, cui ha fatto seguito l’innesto di Tony Mitchell, la grande delusione del mercato riparatorio. Mai integrato nel gruppo, fuori dagli schemi, accentratore e dannoso persino per i compagni.
Dopo essersi divorato un’occasione dietro l’altra, l’mvp dello scorso campionato è stato escluso dal roster al termine dell’ennesima grigia, irritante, prestazione. Calvani non ha mai trovato feeling col pubblico sardo e con la squadra; non dev’essere stato facile arrivare dopo Meo Sacchetti, ancora fresco di scudetto e giustamente osannato da un ambiente che negli anni ha imparato ad amarlo.
Al di là delle componenti sentimentali, a Calvani non è riuscito di dare la sua impronta tattica al gruppo, una sensazione di disagio che si è tradotta in scelte poco lucide in alcuni momenti chiavi delle partite. Le sue dimissioni e le lacrime in conferenza stampa gli rendono comunque onore come uomo. Il terzo tecnico è stato pescato in casa, per la precisione il DS Federico Pasquini, uno che in passato ha allenato e parecchio, anche se mai a livelli tanto alti.
La cura pare funzionare sotto l’aspetto del carattere e dell’atteggiamento, ancora manca continuità ma il lavoro comincia a ripagare gli sforzi di queste prime settimane. Sassari è ancora lì, a lottare per un posto nei playoff, obiettivo minimo per chi, non più tardi di dieci mesi fa, si laureava campione d’Italia. E’ probabile che questo gruppo non abbia le qualità per giocarsela fino in fondo, ma è fuor di dubbio che al contempo abbia il dovere di provarci.