Mai sottovalutare il cuore ed il carattere di chi ha il tricolore cucito sul petto. La Reyer concede il bis a Campobasso e torna in finale scudetto a distanza di un anno, dove ritroverà Schio per un ennesimo derby che profuma di rivincita dopo lo scorso anno e che conferma il predominio veneto in campionato. Alle molisane – però – va il più grande onore delle armi, perché hanno lottato ad armi pari con le Campionesse d’Italia per 165 minuti, mettendone in grande difficoltà l’impianto di gioco come forse mai nessuno era riuscito in questi ultimi due anni. Finisce 3-1 la serie di semifinale, con le lagunari capaci di vincere 2 volte in Molise.
Partita tirata, tiratissima, con Reyer e Campobasso che si scambiano canestri con il contagocce almeno per 20′, senza canestri dall’arco, ma è Berkani a stappare il match con 2 bombe in fila, una delle quali da 10 metri. Nel finale è la freddezza e l’esperienza lagunare a decidere la sfida: Villa con 4 punti pesantissimi mette le compagne con 2 possessi di margine, sarà la svolta del match. Una sola in doppia cifra per le molisane, che ne hanno 17 con 12 rimbalzi dalla solita Pallas. Per le campionesse d’Italia 17 di Kuier e 13 a testa per Villa e Berkani in doppia cifra.
Campobasso-Reyer, le chiavi di G4
Lo si mormorava in ambienti veneziani dopo la delusione di Gara 2: “la serie è girata, Campobasso può chiudere i conti, serve un’impresa per riportare la serie a G5 in laguna”. Certamente la Reyer era apparsa sulle ginocchia, stanca, in condizioni fisiche precarie, ma la realtà più grande è che nelle difficoltà viene fuori sempre il carattere: e così è stato nelle 48 ore molisane, perché Pan e compagne hanno resistito alla mareggiata molisana, spuntandola nel finale in due match davvero vietati ai deboli di cuore. Forse è vero che la serie si era girata, ma la risposta veneziana è stata forte: 2 colpi esterni e finale in tasca.
Mai dare per morte le leonesse di coach Mazzon, la prima vera legge che esce da questa serie clamorosamente bella è questa: carattere, esperienza, lucidità e capacità di piazzare la giocata giusta al momento giusto fanno tutta la differenza del mondo contro una squadra che ha sì qualità ed energia, ma non ha l’abitudine a giocare certe partite, così tirate e spigolose. Non è un caso – infatti – se nelle difficoltà di questa serie sono uscite in maniera perentoria le giocate di Pan, Santucci, Villa e Cubaj, il cuore azzurro di una formazione navigata. G4 in totale equilibrio, sporca ma correttissima, è decisa da un’invenzione del play azzurro: le giocate di chi sa vincere le partite, dicevamo.
Campobasso ci prova fino in fondo, la tensione attanaglia le molisane ed anche le giocatrici Reyer: le prima triple arrivano a metà terzo quarto da due invenzioni senza senso di Berkani, è la chiara immagine della posta in palio. Pallas si conferma fattore e manda fuori giri le lunghe lagunari, ma a rimbalzo stavolta è la squadra ospite a vincere, con esperienza, con scaltrezza e sacrificandosi in maniera perentoria, gettandosi a terra: per le padrone di casa resta l’amarezza del lay-up di Morrison sputato dal ferro, in una partita vinta da chi ha davvero sbagliato meno nei momenti cruciali.
Per le molisane – però – l’applauso scrosciante del pubblico è il successo più grande: la consapevolezza di aver messo spalle al muro una corazzata come la Reyer tricolore è già tanto. Tre partite con scarto massimo di 9 lunghezze e con 2 vittorie decise negli ultimi possessi, in G2 e G4, entrambe esterne, tutte e due per 59-61: l’immagine di una serie bellissima, equilibratissima sta qui. Oggi è davvero il caso di dirlo: Campobasso siede al tavolo delle grandi. Di diritto. E per questo il merito più grande è del club molisano che sta lavorando benissimo, con un tecnico preparatissimo come Sabatelli. La finale è veneta, gli applausi sono per la Magnolia.
