8 punti, 7 rimbalzi, 4 assist, per un complessivo 3 su 9 al tiro. Numeri non indimenticabili, se ti chiami Paige Bueckers e sei una dei migliori prospetti del basket collegiale americano. Ma la partita di ieri, vinta agilmente dalle sue Huskies contro Dayton per 102-58, Paige la ricorderà a lungo.
Come ogni atleta che abbia dovuto recuperare da un lungo infortunio sa bene, non c’è momento più atteso, sognato e fantasticato di questo: il rientro in campo. E allora, dopo 584 giorni dall’ultima volta, sei felice pure di sentirti sgridare da coach Geno Auriemma dopo una leggerezza difensiva: “Come ai vecchi tempi, eh? […] L’anno scorso, seduta in panchina, avrei dato qualsiasi cosa per essere in campo e sentire le urla del coach”, così Bueckers a fine gara. “Non ho disputato una buona partita. Ma, in questo momento, sono contenta persino di una brutta prestazione”.
It’s been 584 long days.
— UConn Women’s Basketball (@UConnWBB) November 9, 2023
Paige Bueckers is back. pic.twitter.com/uXMhkauwCB
Di come un infortunio sia in grado di cambiare tutte le prospettive, la stella di UConn ha avuto tempo e modo di accorgersene in questi 23 mesi lontani dalla pallacanestro giocata. Prima, a dicembre 2021, la frattura del piatto tibiale e la rottura del menisco del ginocchio sinistro, che l’ha costretta a saltare 19 partite durante il suo secondo anno; poi, ad agosto 2022, la rottura del legamento crociato anteriore, sempre lo stesso ginocchio: stagione finita prima ancora di cominciare.
Per capire che giocatrice fosse Paige Beuckers prima degli infortuni, basterebbe citare i suoi riconoscimenti. Soltanto nella stagione 2020-21, il suo primo anno a UConn, si era aggiudicata tutti i premi individuali possibili: AP Player of the Year, Naismith College Player of the Year, USBWA Women’s National Player of the Year e il John R. Wooden Award, oltre a essere stata selezionata all’unanimità nel primo quintetto All-American.
Inevitabile, quindi, che l’assenza di Beuckers pesasse come un macigno, sia nella NCAA, che, naturalmente, per UConn. Senza la loro stella, la scorsa stagione le Huskies hanno mancato le Final Four per la prima volta dal 2008.
Adesso, Beuckers è pronta a riprendersi quello che le è mancato in questi ultimi due anni. Come spiega l’assistant coach Morgan Valley, “non credo che il suo pensiero sia mai stato ‘voglio tornare quella di prima’, quanto piuttosto ‘tornerò più forte di prima’”. Le fa eco coach Auriemma, che ritiene che Paige sia una giocatrice migliore ora rispetto a quando fu eletta National Player of the Year.
La risalita, però, non è stata facile, né a livello fisico, né, soprattutto, mentale. Le prime settimane dopo la diagnosi della rottura del crociato, sono state, per Beuckers, un vero inferno: insonnia, attacchi di panico, e l’inevitabile domanda “perché proprio a me?”.
In cerca di risposte, Beuckers ha indagato le ragioni del suo infortunio da un punto di vista scientifico, trovandole nell’indebolimento strutturale causato dai precedenti infortuni. “Prima, non mi importava di conoscere la scienza che c’era dietro. Mi importava solo la scienza del depositare il pallone dentro il canestro”, ha detto del suo nuovo approccio, in cui si sforza di comprendere il funzionamento del suo corpo e di ascoltarlo.
Con quest’obiettivo in mente, Beuckers si è rivolta a Susan King Borchardt, una specialista nel miglioramento delle prestazioni che ha lavorato anche con atlete WNBA del calibro di Sue Bird, Kelsey Plum e Nneka Ogwumike. Sotto la guida di Borchardt, Beuckers ha adottato un metodo olistico che prevede il pilates, il rinforzo in sala pesi, nonché una maggiore cura dell’alimentazione.
Ma l’approccio scientifico non ha comunque reso la realtà di guardare le partite dalla panchina meno amara da affrontare: “Non vuoi essere quella persona gelosa delle tue compagne. Ma è così che mi sento a volte. Ed è una sensazione orrenda perché siamo come sorelle. Voglio loro un gran bene… è solo che vorrei esserci anch’io.”
Una parte imprescindibile del suo percorso di riabilitazione è stata la fede: in Dio, nel processo, e in sé stessa. “Una parte di me crede che questa sia parte del disegno di Dio. Penso che alla fine di tutto questo avrò una bella storia da raccontare”.
E il talento di UConn appare già una giocatrice diversa rispetto a quella che era a 19 anni. Più matura, più concentrata, più fiduciosa. Bentornata, Paige Beuckers.