Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimentiNel 2020 i giocatori NBA tirarono la volata a Biden. Oggi? Silenzio

Nel 2020 i giocatori NBA tirarono la volata a Biden. Oggi? Silenzio

di Michele Gibin

Dove sono tutti quanti?

Nella campagna elettorale per le presidenziali USA del 2020, uno dei fattori decisivi per la vittoria di Joe Biden sull’allora presidente uscente Donald Trump fu la mobilitazione delle atlete e degli atleti USA per sostenere la campagna del candidato democratico, e soprattutto le campagne di sensibilizzazione al voto che portarono milioni e milioni di elettori in più alle urne.

In un clima politico reso particolare e tragico dalla pandemia, malgestita dall’amministrazione Trump, e dalle fortissime tensioni sociali dopo i casi dell’omicidio a Minneapolis nel maggio 2020 di George Floyd, delle proteste del movimento Black Lives Matter e quindi dei fatti di Kenosha, Wisconsin, nelle settimane che portarono alle presidenziali, la comunità dei giocatori NBA guidata dal suo leader naturale LeBron James aveva giocato la sua partita elettorale.

E l’aveva vinta. LeBron, in aperta polemica da mesi col presidente Trump che aveva tentato di farne un bersaglio dei suoi strali (“shut up and dribble“, ricordate?), aveva appoggiato l’opera delle associazioni e dei movimenti contro la voter suppression, il fenomeno che scoraggia chi appartiene alle classi sociali e etniche meno abbienti a votare. E dalla bolla di Orlando, Florida, dove la NBA si era ritrovata in piena pandemia per completare la stagione 2019-20, i giocatori NBA avevano lanciato con forza appelli a partecipare e fatto campagna sociale per Black Lives Matter, anche con prese di posizione nette come uno sciopero di 48 ore dopo il ferimento a Kenosha di Jacob Blake da parte di un agente di polizia, e la minaccia di ritirarsi in blocco e lasciare Orlando senza un “cambio di passo” tangibile di lega e proprietari NBA nel supporto alla loro protesta.

LeBron James aveva persino fatto il suo endorment pubblico a Joe Biden prima del voto. Biden stesso in un comizio aveva fatto sue le parole di Doc Rivers, allora allenatore degli LA Clippers che aveva lanciato un appello dal forte impatto emotivo nelle ore successive ai fatti di Kenosha. CJ McCollum, allora dei Portland Trail Blazers, aveva prodotto e partecipato assieme ad alcuni colleghi (Tobias Harris, Donovan Mitchell) alla web-serie “ReMaking America” in cui aveva ospitato la candidata vicepresidente democratica Kamala Harris.

Chris Paul, uno dei giocatori NBA più vocali e influenti, aveva aderito alla campagna di Michelle Obama “When we all vote” per sensibilizzare sull’importanza di esercitare il proprio diritto di voto e raccogliere iscrizioni ai seggi elettorali. Bill Russell, leggenda dei Boston Celtics e dello sport americano, aveva attaccato Trump quando questo aveva provato a opporsi all’adozione del voto da casa per consentire ai più fragili di esprimersi, in piena pandemia e con rischi maggiori per la salute. Tante squadre NBA avevano convertito per le elezioni presidenziali le arene chiuse per la pandemia in seggi elettorali: San Francisco, Houston, Sacramento, Orlando.

E i risultati elettorali giustificarono allora lo sforzo. L’87% dell’elettoralo afroamericano votò per Biden, in alcuni dei cosiddetti swing states, gli stati storicamente contesi e decisivi, il voto nelle grandi città (Atlanta, Philadelphia) e nelle contee più popolose premiò i democratici.

E oggi?

Una campagna elettorale definita di infima qualità dagli elettori, tra due candidati vecchi sia anagraficamente che politicamente, non ha accesso gli animi per usare un eufemismo. Il leit motif della campagna sono state le condizioni di salute di Joe Biden che a 81 anni ha mostrato segnali di vecchiaia e demenza senile incipiente, e da sabato l’attentato a Donald Trump, sfiorato da una fucilata a Butler, Pennsylvania, durante un comizio, sparata da un 20enne senza apparenti moventi politici.

Oggi, una fronda sempre più numerosa del partito democratico chiede a Joe Biden di ritirarsi dalla corsa, per sopraggiunti limite d’età (la notizia sconcertante è che Biden era vecchio anche 6 mesi fa: dov’erano tutti quanti?). L’anziano presidente ha anche contratto il Covid e chiesto di vedere i sondaggi su Kamala Harris, prima di valutare un suo ritiro.

E il mondo dello sport coi suoi campioni e i suoi volti celebri, oggi non muove un muscolo. Non ci sono più masse da portare al voto, né slogan d’impatto da scandire e indossare, o da esibire sui campi. Non ci si inginocchia più quando suona l’inno nazionale in supporto alla battaglia di Colin Kaepernick. Gregg Popovich ha 74 anni, LeBron James 40 e si occupa di famiglia e affari. Il nuovo contratto collettivo di lavoro è stato ratificato e renderà tutti più ricchi.

Se sia rassegnazione a un “Trump-bis” oppure attesa nel vedere se davvero i Dem sostituiranno un candidato che ha perso il tocco, e soprattutto con chi, resta da verificare.

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