I parvenu contro una grande storica. Si potrebbe sintetizzare in questa maniera il primo quarto di finale certificato, che propone infatti un accoppiamento in cui i monegaschi hanno il fattore campo a favore ma si trovano di fronte avversari dalla tradizione lunga e vittoriosa.
La sfida tra la quinta e la quarta qualificata nel tabellone ha dunque tutte le carte in regola per svilupparsi come una serie lunga e tirata. Nell’arco della stagione la Valanga Gialloblù ha avuto un rendimento meno regolare rispetto ai contendenti ma, come disse Rudy Tomjanovich, non bisogna mai sottostimare il cuore dei campioni. Anche se essi non sono tali da nove anni.
QUI MONACO
Quando ad inizio stagione Ergin Ataman aveva dato Monaco tra le possibili candidate alle Final Four, qualcuno aveva sghignazzato. Gli addetti ai lavori pensavano fosse una delle sue solite sparate, buone per fare quattro risate, perché andiamo, i francesi potranno mai essere competitivi, a livello di club, nel basket attuale?
La risposta è arrivata presto: sì, possono. Possono, e anzi, ce l’hanno fatta, giocando un basket veloce, atletico, fatto di passaggi rapidi e perimetrali per scardinare la difesa avversaria o di blocchi sulla palla e contemporanei tagli sulla linea di fondo che permettano ai lunghi biancorossi di farsi trovare smarcati dall’immancabile tracciante di Mike James.
È il segreto di Pulcinella: il Monaco vive della verve che scaturisce dal genio creativo di Portland, che fa e disfa a piacimento, anche (come si è saputo) fuori dal campo. Al suo fianco, più ancora che i due esterni con punti nelle mani Elie Okobo e Jordan Loyd, è fondamentale la presenza del lungo ex-Benetton Donatas Motiejunas, eccellente non solo nello screen sul pick&roll o nell’aprirsi per tirare da tre, ma anche nel ricevere palla e servire i compagni posizionati in zone pericolose.
Il Monaco ha però un tallone d’Achille non indifferente. La difesa risulta infatti essere troppo in balia dell’offensiva avversaria, quando insegue la palla invece che rimanere granitica e magari concedere qualche spazio, o quando cambia in maniera troppo molle: errori che, se eccessivamente ripetuti, contro il Maccabi potrebbero risultare fatali.
QUI MACCABI
Beato quel popolo che non ha bisogno di sport, avrebbe (forse) sentenziato Bertolt Brecht. La conquista di un posto al sole nei playoff di Eurolega potrebbe infatti rappresentare un sollievo, per una popolazione di Israele negli ultimi anni la cui situazione sociale si sta facendo ancora più drammatica di quanto già non fosse, e le cui prospettive nel breve-medio termine sembrano anzi ancora più fosche.
Per fortuna c’è il Maccabi, che ha regalato una stagione discreta, soffrendo solo nella parte centrale quando alcune piccole strisce negative avevano fatto pensare ad un ulteriore fallimento in arrivo. Se così non è stato, e anzi, se a Tel Aviv ora possono nutrire forti speranze di arrivare alla prima Final Four da quella di Milano del 2014 che si concluse con un’impensabile vittoria, il merito è della coppia formata da Lorenzo Brown e Wade Baldwin.
Il duo ha infatti dato corpo sul campo all’idea di coach Oded Kattash di rinnovare la tradizione gialloblù fatta di tanto focoso contropiede come prima opzione offensiva. Fantasiosi e dinamici, Brown e Baldwin quando non possono correre si trovano o a guidare il pick&roll o, in alternativa, a favorire con passaggio e taglio quello che spesso appare visivamente come un vero e proprio Attacco Triangolo.
È chiaro tuttavia che un gioco a così alto numero di ottani provoca una quantità non irrilevante di palle perse, che infatti per il Maccabi rappresentano un non secondario grattacapo. E che invece per il Monaco, utilizzando una figura retorica ben nota in Israele, potrebbero essere una vera e propria manna dal cielo.