Cosa avesse davvero spinto i Cleveland Cavaliers lo scorso anno a chiamare in panchina John Beilein, per 17 anni a capo del programma di basket alla Michigan University, e soprattutto a passare al big NCAA un contratto quinquennale, probabilmente non lo sapremo mai.
I Cavs post-LeBron James erano, e restano una squadra giovane. L’idea di affiancare a Collin Sexton, Darius Garland e Kevin Porter Jr un ‘insegnate di pallacanestro’, come si dice in questi casi (e come Beilein è, ovviamente) è stata la ragione principale. L’impatto con la NBA del ruvido ex allenatore degli Wolverines è stato però duro, a sancire dopo sole 54 partite il fallimento totale dell’operazione una presunta clamorosa gaffe a sfondo razzista del coach.
L’indietro tutta di Koby Altman, che dei Cavs è il general manager, si era trascinato per oltre un mese. Bisognava trovare il modo di fare uscire di scena in modo decoroso il vecchio coach (che oggi è formalmente un consulente della squadra) e mettere al suo posto J.B. Bickerstaff. Nome rispettato e allenatore duro ma giusto, Bickerstaff è il primo vero capo allenatore ufficialmente investito della transizione alla fase 2 del dopo LeBron.
E coach Bickerstaff è riuscito in poche partite prima dello stop della stagione 2019/20 a riportare quanto meno un poco di ordine nel caos a Cleveland: 5-6 il record dei ‘suoi’ Cavs e una squadra sicuramente sollevata – se non rivitalizzata – dalla nuova gestione.
I Cleveland Cavaliers 2020/2021 devono ripartire da quelle ultime 11 partite.
I movimenti nella off-season
L’addio del capitano Tristan Thompson a fine stagione era cosa scontata, il campione NBA 2016 tornerà a lottare ai playoffs in maglia Boston Celtics. L’intera off-season e il mercato dei Cavs sarebbero girati attorno alla decisione di Andre Drummond. E Andre ha deciso di restare per l’ultimo anno del suo contratto, limitando in questo modo il margine di manovra della squadra.
Come era facile attendersi, di pretendenti per Kevin Love neanche l’ombra, se ne riparlerà non prima della prossima trade deadline, se non la prossima estate. I pezzi pregiati del roster dei Cavaliers sono già blindati (Larry Nance Jr, Cedi Osman) o ancora nel contratto da rookie (Sexton, Garland, Porter Jr), dal draft con la chiamata numero 5 è arrivato non Deni Avdija – come molti si attendevano – ma Isaac Okoro da Auburn.
I Cavs hanno poi dato una mano al vecchio amico LeBron James accollandosi l’ultimo anno di contratto di JaVale McGee, arrivato via trade in cambio di Jordan Bell e Alfonzo McKinnie e operazione che ha permesso ai Lakers di mettere sotto contratto Marc Gasol. Via trade è arrivato da Utah Rayjon Tucker, dalla free agency è invece arrivato Damyean Dotson, già ai New York Knicks e giocatore con tanti punti nelle mani.
Vale la pena segnalare inoltre il rinnovo per un altro anno del guerriero Matthew Dellavedova e il tentativo di recuperare l’ex prospetto australiano Thon Maker.
Cavaliers preview 2020/2021: il gioco
In lingua inglese esiste un termine perfetto per definire la non-difesa esibita dai Cavs lo scorso anno: abysmal, che in italiano tradurremmo con terrificante. La gestione Beilein della squadra è stata per lo più un disastro completo, più volte i Cavaliers si sono trovati sepolti sotto scarti oltre i 20 punti già a metà partita e a gennaio Kevin Love non ne poteva più, tra scrollate di spalle in partita e scatti d’ira in allenamento.
Due anni fa Love accettò un’estensione al massimo salariale con i Cavs, sapendo bene a cosa sarebbe andato incontro. La realtà è stata anche peggiore, i Cavaliers tra novembre e gennaio 2019\20 sono stati abysmal, non c’è altro termine.
Senza una svolta difensiva che veda una squadra molto simile a quella che ha finito la sua stagione regolare a marzo, sembrare almeno volenterosa, i Cavs non avranno chance di iniziare a staccarsi dal fondo. Darius Garland, Collin Sexton e Kevin Porter Jr hanno le qualità per diventare difensori perlomeno attivi: rapidità di piedi, mani veloci e fisico (Porter Jr ha finito il suo anno da rookie con 0.9 recuperi a gara in 23 minuti di impiego). Quel che manca è la disciplina, e qui entra in gioco il nuovo head coach J.B. Bickerstaff.
Isaac Okoro è già probabilmente il miglior difensore tra gli esterni per i Cavs, l’ex Auburn è atleta di vaglia, al college era il deputato a marcare il miglior esterno avversario, l’impressione è che – se riuscirà a guadagnarsi “da vivere” in attacco – stessa sorte gli toccherà spesso anche nella NBA, e da subito. Okoro, Porter Jr e Larry Nance Jr, con Drummond, potrebbero costruire l’ossatura di una difesa quantomeno presentabile.
L’attacco non è stato di molto migliore, i Cavs hanno languito per l’intera stagione nella “medio-bassa classifica” anche per punti segnati, percentuale di tiro e offensive rating, con una tendenza leggermente in crescita da febbraio in poi, quando perlomeno la crisi Beilein ha trovato la sua soluzione, e Kevin Porter Jr ha trovato più minuti. Lo scorso anno la prima opzione offensiva della squadra è stato Collin Sexton, grande attaccante “nord-sud”, atleta esplosivo nonostante la taglia (185cm) e finalmente libero da compiti di regia che non gli competono. Se i Cavs troveranno una stagione quantomeno “viva”, Sexton potrebbe anche giocarsi un posticino all’All-Star Game, magari come rimpiazzo in caso di forfait.
Tutta la velocità nord-sud di Collin Sexton, al suo meglio lanciato in transizione
I Cavaliers 2020/2021 avranno però un altro giocatore da tenere coinvolto: Andre Drummond, che lo scorso anno ha giocato sole 8 partite in wine & gold (con numeri più che discreti, tra l’altro) prima dello stop. I Cavs dovranno trovare possessi per lui, Drummond sarà assieme a Nance Jr e Love il partner principale di pick and roll di Darius Garland. Ai Pistons il miglior partner di Drummond nei giochi a due è stato probabilmente Derrick Rose, e se vogliamo riesumare qualche vecchia salma, Brandon Jennings.
Con Garland non si passa all’elite, ma considerata l’età (19 anni) e il talento dell’ex Vanderbilt, lo spazio per lavorarci c’è. Per il resto, Drummond porta la sua presenza a centro area e la capacità in attacco di “sigillare” il difensore e sfruttare il fisico potente. Nel 2017\18, la sua miglior stagione in maglia Pistons, Drummond chiuse anche con 3 assist di media a partita, e rimane un passatore più che accettabile, se coinvolto e contento in attacco.
Con Garland, Sexton, Okoro, Porter Jr e Cedi Osman, i Cavs potrebbero tentare di correre di più (15esimi per pace lo scorso anno) e meglio (ultimi per punti da palle perse, qui ha inciso la poca difesa), e soprattutto tirare meglio. Sexton è già un tiratore sopra la media (39.2% al tiro da tre in carriera) e ha chiuso la scorsa annata nella top 25 NBA per drives (penetrazioni) a partita, di Garland leggete appena sotto. Chi potrebbe però ricavarsi grande spazio è Dylan Winder, il prodotto di Belmont che ha chiuso le ultime due stagioni al college con il 42% al tiro dalla lunga distanza.
Dylan Windler è già un tiratore di alto livello, si giocherà il posto in quintetto base con Osman e Okoro
Windler ha risolto i suoi problemi fisici, il suo “tiro mancino” è rapido e con raggio pressoché illimitato anche dal palleggio e in step-back, e i Cavs sperano che possa ripercorrere (possibilmente a Cleveland…) le orme di un altro tiratore bianco passato dall’Ohio: Joe Harris.
A innescare Drummond e Windler dovranno però pensarci Garland e Sexton. I Cavs non hanno alternative in regia a meno che Dante Exum non riesca a lasciarsi una volta per tutte alle spalle i tanti problemi fisici. Kevin Love, Cedi Osman e Larry Nance Jr sono giocatori solidi e i veterani del gruppo. Nance Jr sta trovando una dimensione perimetrale che potrebbe persino “tentare” Bickerstaff a impiegarlo da ala piccola in quintetti enormi.
Un potenziale fattore: Darius Garland
O meglio, Darius Garland deve essere un fattore alla sua seconda stagione NBA. Per lui i Cavs spesero al draft NBA 2019 la scelta numero 5, nonostante la presenza di Collin Sexton. Garland era considerato dopo Ja Morant la seconda point guard più forte di quel draft, anche se la sua stagione da freshman a Vanderbilt era durata sole 5 partite.
La stagione da rookie di Darius Garland non è stata facile. Beilein lo ha subito investito dei galloni di titolare (59 su 59, non che le alternative a inizio anno abbondassero), e l’ex Commodores ha imparato a stare in campo al “piano di sopra” partita dopo partita, sconfitta dopo sconfitta. La partnership con Sexton è stata per la prima metà di stagione una delle curiosità statistiche NBA: per mesi (almeno fino a dicembre) i due hanno viaggiato a poco più di 5 assist di media… in due, non proprio la gestione oculata di un attacco NBA che ci si sarebbe aspettati.
Tutto apprendistato ai massimi livelli per Darius. Se la seconda stagione di Sexton ci ha rivelato che l’ex Crimson Tide è un realizzatore, la season two di Darius Garland sarà però altrettanto rivelatrice. Lo scorso anno, Garland ha fatto vedere tanti limiti e tutti i suoi 19 anni, ma anche un paio di lati invitanti delle sue abilità nel pick and roll.
DG ha mani veloci, una forma di tiro compatta, range di tiro e un rilascio rapido che dovrebbero permettergli di migliorare il già più che discreto 35% da tre punti della prima stagione, in attacco non ha paura ed è giocatore paziente sui pick and roll, il suo floater è solido nell’esecuzione ma deve – e può – crescere (solo il 44% al tiro nella cosiddetta restricted area lo scorso anno. Morant ha chiuso con il 58% su un numero doppio di conclusioni). Deve anche imparare a guardare – semplicemente – di più i compagni ma è una dote che si apprende solo con l’esperienza.
A gennaio e febbraio Garland ha chiuso a 5.1 assist di media con lo stesso numero (alto ma non peggiorato di conseguenza) di palle perse, un altro buon segnale.
A inizio training camp il prodotto di Vanderbilt ha annunciato di essere in condizioni fisiche nettamente migliori rispetto al suo primo anno. E’ lecito aspettarsi un salto in avanti generale per Garland: quanto sarà lungo però questo balzo?
Cavaliers preview 2020/2021: le aspettative stagionali
L’arrivo agli Washington Wizards di Russell Westbrook ha rinforzato di molto una rivale diretta per l’accesso ai playoffs nella Eastern Conference.
Un momento: playoffs? Si, con l’introduzione del torneo di play-in basterà arrivare decimi nella conference di appartenenza per avere una chance, e il decimo posto a Est per i Cavs deve essere l’obiettivo minimo. Wizards e Hawks hanno allungato, Bulls, Hornets e Pistons decisamente no, i Magic saranno senza Jonathan Isaac per l’intera stagione e appaiono un poco ingolfati dopo due annate comunque positive. Per i Cavaliers la partita per il nono posto potrebbe essere aperta.
Come? Bickerstaff dovrà serrare i ranghi di una difesa lo scorso anno disastrosa (ultimi per defensive rating, ultimi per percentuale al tiro concessa, 26esimi per percentuale da tre punti concessa, 22esimi per punti subiti a partita). Andre Drummond si era letteralmente spento sia in attacco che in difesa negli ultimi mesi a Detroit, ma se coinvolto in attacco (Collin, passa quella boccia) allora l’ex Pistons è ancora in grado di farsi sentire sotto il suo canestro. E in più Andre giocherà per il suo prossimo contratto, sempre un incentivo a darsi da fare.
I Cavs si aspettano miglioramenti da Garland, Porter Jr e da Dylan Windler, scelta numero 26 al draft 2019 in uscita da Belmont fermato lo scorso anno da un infortunio, ma che avrà minuti sin da subito. Nance Jr, Porter Jr, Dante Exum, JaVale McGee, Windler, Dotson e il veterano Dellavedova formano una panchina magari non esaltante ma lunga e discretamente versatile, cui si aggiungerà il perdente del ballottaggio Osman-Okoro per lo spot di ala piccola in quintetto base.
I Cavs non vedono l’ora di trovare una nuova sistemazione per Kevin Love, e se Andre Drummond non dovesse rendere come sperato, aspettate a considerarlo fuori dal mercato. Le incognite, sia tecniche che sul mercato non mancano a Cleveland.
C’è però sempre quel 5-6 di cui sopra, che dopo tanta pioggia è perlomeno qualcosa che assomigli a una schiarita all’orizzonte.