Brandon Roy è uno degli esponenti più illustri della lunga lista dei “what if” della NBA. Ovvero di quei giocatori il cui talento è stato annebbiato e poi spento da una fragilità fisica che non ha dato tregua.
Ritiro prematuro
Selezionato con la sesta scelta assoluta al draft del 2006 dai Minnesota Timberwolves fu poi subito spedito a Portland in una trade per Randy Foye. Il suo talento fu da subito evidente e raggiunse la sua massima espressione tra il 2008 e il 2010. Purtroppo quei livelli non furono mai più raggiunti a causa di continui problemi alle ginocchia. Problemi che portarono ad un primo ritiro nel 2011 e un secondo, e definitivo, nel 2013 dopo una stagione con i Minnesota Timberwolves ancora una volta molto travagliata.
Carriera breve ma intensa
La sua è stata dunque una carriera decisamente breve ma che ha lasciato ugualmente il segno. A riconoscere lo straordinario talento di Brandon Roy fu anche una leggenda come Kobe Bryant. In un’intervista datata 2010 il numero 24 dei Lakers ad una domanda sul quale fosse il giocatore più difficile da marcare nella lega rispose così:
“Brandon Roy, 365 giorni l’anno. Sette giorni a settimana. Non ho dubbi, è il giocatore più difficile da difendere. Non ha punti deboli”
Quell’anno Roy fu protagonista di una stagione da 21,5 punti di media, con 4,4 rimbalzi e 4,7 assist. Purtroppo quella che poteva essere una stagione di definitiva consacrazione si rivelò essere l’ultima vera stagione ad alto livello dell’ex numero 7 dei Blazers.