Ci sono sempre stati molti dubbi che aleggiavano attorno alla figura di Becky Hammon.
Quella guardia alta 1 metro e 60, originaria di Rapid City (South Dakota), secondo alcuni era troppo bassa o troppo lenta per diventare una grande giocatrice di basket all’università, figuriamoci per entrare nella WNBA, diventare assistente allenatrice dei San Antonio Spurs o capo allenatrice delle Las Vegas Aces.
Ma coach Hammon si è impegnata. E alla fine, ha costruito una di quelle carriere che dimostra a tutti che si erano sbagliati. E ha posto la ciliegina sulla torta diventando anche la prima capo allenatrice WNBA a vincere un titolo al suo primo anno in panchina.
“Ogni cosa difficile che ho affrontato ha costruito qualcosa in me che mi è servito per il futuro” ha detto. “E anche se lì per lì ti fa schifo non essere scelto o infortunarsi o qualsiasi altra cosa, le cose difficili costruiscono qualcosa in te che è necessario per la vita, e lo userai in futuro. Potrebbe non sembrare così in quel momento”.
Coach Hammon era inizialmente ritenuta la principale candidata a diventare la prima capo allenatrice donna della lega professionistica statunitense maschile, dopo 8 stagioni da assistente per gli Spurs, al fianco di Gregg Popovich. Ma, a fine dicembre 2021, ha firmato un contratto da capo allenatrice delle Aces.
Ma se pensate che veda questo titolo WNBA come una sorta di vendetta nei confronti di chi non ha voluto averla nella propria squadra NBA, allora vi sbagliate di grosso, perché coach Becky Hammon è di un’altra pasta.
“Per me non si è trattato di dimostrare che gli altri avevano torto, ma di dimostrare che io avevo ragione” sostiene la 45enne.
Il pragmatismo è sempre stato un punto fermo della filosofia di coach Hammon. Ha vissuto questa trama tante volte. E quando il proprietario delle Aces, Mark Davis, ha visto l’opportunità di fare con lei ciò che nessuna squadra NBA aveva fatto, coach Hammon sapeva che se non avesse vinto subito un titolo WNBA, alcuni avrebbero affermato che non era pronta per essere una capo allenatrice, in NBA, WNBA o quello che è.
E, molto probabilmente, anche ora che ha vinto un titolo, c’è chi dirà che è successo solo perché aveva a disposizione delle grandi giocatrici. Ma io lascerei che i critici e i dubbiosi dicano quello che vogliono.
Intanto, coach Hammon ripete spesso quanto sia grata che le cose nella sua vita abbiano avuto modo di funzionare. Ma quello che non dice è che è stata lei a farle funzionare. Ma neanche lei stessa avrebbe potuto mai immaginare cosa le sarebbe accaduto.
“Non si è sempre responsabili del proprio percorso” ha detto. “Si è però responsabili di come si segue il percorso una volta che lo si è imboccato”.
Dopo che le Aces si sono trasferite a Las Vegas nel 2018, hanno perso contro le Seattle Storm nelle Finals 2020 e hanno perso in Gara 5 delle Semifinals 2021 contro le Phoenix Mercury, l’ex capo allenatore Bill Laimbeer ha lasciato la panchina, e il primo nome ad essere fatto per sostituirlo è stato quello della Hammon.
Le è stato offerto un contratto da 1 milione di dollari a stagione, e in molti si sono arrabbiati, accusandola di essere sovrapagata. Ma, come allenatrice, lo stipendio di Becky Hammon non è oggetto di contrattazione collettiva come quelli delle giocatrici e, in più, avrebbe potuto scegliere di rimanere nella NBA.
“All’inizio non ero molto sicura” ha detto. “È stato un grande salto per me. Ho dovuto acquisire una pelle dura, ma credo di aver imparato a decifrare le intenzioni delle persone. Ad essere sinceri, a volte ci si sentiva soli. Quando sei l’unica nella stanza per 8 anni, può diventare estenuante”.
Ma ora le Aces sono campionesse, e lo sono grazie alla preziosa guida della Hammon.
Ma il futuro cosa le riserva? Lei non se lo domanda, perché considera la WNBA come “casa”, da sempre e per sempre. Dunque, questa magica stagione non farà altro che aumentare il suo legame con la lega.
E poi, dal 2002 nessuna squadra ha vinto due titoli consecutivi. Saranno forse le Aces le prossime a riuscirci?