Cosa c’entra Donald Trump con l’attuale Fenerbahçe ottavo in Eurolega? All’apparenza niente, ma in realtà si tratta del classico effetto farfalla.
Lira svalutata
Flashback. Estate del 2018: un tribunale turco decide di prolungare il periodo di detenzione del pastore statunitense Andrew Brunson, accusato di essere una spia al soldo dei curdi. Per ritorsione, il da poco ex-presidente degli USA acuisce i dazi su acciaio e alluminio provenienti dalla Sublime Porta.
Una decisione che provoca tanto l’ira di Tayyip Erdogan quanto, soprattutto, un crollo del valore della lira turca. In un effetto a catena, in pochi giorni gli investitori temono che la crisi finanziaria tocchi i mercati europei, la picchiata continua, rifrangendosi su diversi settori dell’economia anatolica.
E qui veniamo a noi, perché tra quei settore c’è anche lo sport. La polisportiva Fenerbahçe risente della crisi, è costretta a rivedere i propri costi gestionali. La sezione calcistica vivrà la stagione 2018/2019 sull’orlo della retrocessione, il basket no ma si avverte chiaramente che, come cantava Franco Califano, la festa è finita.
Fuga da Istanbul
Il verso successivo di quella stessa canzone recitava poi “gli amici se ne vanno”. Cosa che avviene puntualmente tra l’estate del 2019 e quella del 2020. Salutano Melli, Datome, Sloukas, Kalinic, Lauvergne. Certo, in cassa rimane abbastanza per permettersi una stagione di Westerman e una di Derrick Williams, ma le continue notizie su difficoltà economiche non aiutano a stare sereni, nonostante i cambi a livello dirigenziale.
Su tutti, però, saluta Zelimir Obradovic. Il principale artefice della cavalcata verso i successi in Eurolega nell’estate 2020 dà seguito alle voci che già da tempo lo volevano in partenza e rescinde il contratto con il club giallo-nero. Non questa la sorpresa, quanto piuttosto il nome del coach che viene scelto per sostituirlo.
Dopo un turbinio di profili ipotizzati, dal cappello dei dirigenti salta fuori Igor Kokoskov. Uno che del suo predecessore era stato assistente sulla panchina della Serbia-Montenegro ai Giochi Olimpici del 2008 e, soprattutto, al fallimentare Eurobasket casalingo del 2005, quello che aveva sancito l’inizio della crisi dei Plavi, prima di una rinascita avviata da un altro santone della palla a spicchi locali, Dusan Ivkovic.
Il nuovo corso
Nel frattempo, Kokoskov ha continuato la carriera di assistente in NBA e, nelle estati dal 2008 in poi, ha guidato la nazionale georgiana ai primi tornei continentali della propria storia. E “storia” è una parola che a Kokoskov sta particolarmente bene addosso, visto che è uno a cui piace farla, pur se in silenzio, lontano dai riflettori.
Perché è stato il primo coach non statunitense ad essere scelto come capo da una franchigia NBA, per la precisione i Suns 2018-2019. Un traguardo importante per uno che nella Lega delle Meraviglie c’era da più di vent’anni, anche se a Phoenix poi gli hanno dato il benservito dopo una stagione da 19-63, largamente non imputabile a lui, quanto piuttosto a un roster non all’altezza. È stato anche il primo, però, a portare una selezione sportiva slovena alla vittoria in un trofeo di livello senior, e ovviamente si parla dell’Eurobasket 2017.
Nel Bosforo
Istanbul, dove si è svolta la finale, deve essergli rimasta particolarmente nel cuore, se per tornare da capo allenatore ha deciso di fare marcia indietro e tornare nell’Europa che tanto gli ha dato. Equilibrato, ingegnoso, player-coach è l’emblema di un modo di allenare moderno che in partita si fida della consapevolezza degli atleti in campo e si limita a indicare gli accorgimenti necessari per portare a casa la contesa.
Anche se il meglio quest’estate sembrava alle spalle, al Fenerbahçe nessuno si è dato per vinto e il mercato è stato concepito in modo funzionale. Dyshawn Pierre per aprire il campo, Marko Guduric per i mismatch contro i back court avversari, Edgaras Ulanovas per la visione di gioco, Danilo Barthel per la fisicità e Lorenzo Brown per il tiro da fuori hanno rappresentato pezzi di un puzzle che si sta stabilizzando davvero solo con il tempo, una componente che coach Kokoskov ritiene fondamentale.
I nuovi sono aggiunti a un De Colo responsabilizzato come regista e a un Jan Vesely sempre efficace, e questi ultimi due sono la vera arma letale per gli avversari, quando giocano in pick&roll. Da questo binomio si sviluppano poi le trame offensive, perché a seconda della scelta della difesa si sfruttano i talenti di chi è in campo.
Il Fenerbahçe è dunque meno competitivo rispetto agli anni scorsi, ma non per questo è innocuo. Anzi, proprio l’ apparente acqua cheta tanto del team quanto del suo condottiero suggeriscono di non prenderne prenderne sottogamba il destino. Il grido “Mamma, li turchi!” storicamente è sempre bene non riporlo nel cassetto.