Da quando nel 2000 è cambiato il regolamento della pallacanestro FIBA, che uniformemente alla NBA ha adottato i quattro tempi e il cronometro da 24”, le squadre che sono andate a medaglia nelle competizioni intercontinentali, ovvero Olimpiadi e Mondiali, sono state un numero ristretto. Gli immancabili USA come capofila, insidiati spesso dalle grandi europee come la JugoSerbia, la Spagna o la Grecia. E l’Argentina.
L’esplosione dell’Albiceleste per molti rimane ancora inspiegabile. Come il calabrone che non avrebbe la struttura per volare ma lui non lo sa e vola ugualmente, l’Argentina votata anima e corpo al fùtbol, con una solida tradizione di rugby e volley (Julio Velasco dice niente?), all’inizio del Nuovo Millennio ha visto esplodere una primavera cestistica con pochi eguali nella storia dalla palla a spicchi. Nota bene: tutto ciò accadde ben prima che la cattedra del Palazzo Apostolico fosse occupata da un bairense con nonni piemontesi che, pur privo di una parte di uno dei polmoni, al Colegio Máximo dei gesuiti aveva praticato lo sport inventato dal dottor Naismith.
El Camino de Oro è il documentario che ripercorre la storia della Generación de Oro argentina. Come ogni storia che si rispetti, parte dal principio: da Indianapolis, da un Mondiale in cui gli uomini di coach Magnano sconfissero padroni di casa che prima avevano visto solo in foto, aspettando un colpo d’acceleratore di Team USA che non arrivò mai. Una vittoria che, al ritorno in hotel, fu celebrata da tutte le altre compagini.
Ma com’era nata questa generazione in grado di far tremare i sacri depositari del basket? Il documentario ripercorre anche questo aspetto, fornendo un quadro di Bahia Blanca, enclave cestofilo della provincia di Buenos Aires. I pochi mezzi per abbeverarsi alle fonti della NBA, il maestro Guillermo Vecchio che aveva visto più lontano di tutti e ragazzi che lavorano duro concretizzando le utopie del coach che li ha plasmati.
Il climax del documentario è il racconto dell’oro olimpico. Al terrore di perdere un’occasione unica si sovrapponeva quello di perderla non giocando con gli amici di una vita. La chimica da trovare e le tensioni sono solo il preambolo di una cavalcata che passa attraverso un magico canestro di Manu Ginobili contro la Serbia-Montenegro, il ruolo di Walter Hermman contro la Grecia e la sensazione che contro l’Italia sarebbe arrivato l’oro.
El camino de oro è, in sostanza, un prodotto che merita di essere visto perché offre una prospettiva diversa da quella dorata della NBA o quella più alla portata dei campionati europei. Una prospettiva non comune e stimolante in quanto provieniente, usando le parole del gesuita di cui sopra, quasi dalla fine del mondo.