7 Gennaio. Per riuscire a individuare l’ultima sconfitta dei Milwaukee Bucks in regular season, non bisogna poi andare così in là indietro nel tempo. San Antonio, Texas, AT&T Center, occasione in cui gli Spurs riuscirono a imporsi sui Bucks per 126-104. 18 giorni, insomma, sembrano un’inezia nell’Odissea della regular season. Tuttavia, considerando il dato complessivo fin qui di Milwaukee, il punto di vista cambia radicalmente. 14 partite vinte nelle ultime 19 partite, 35 nelle ultime 39 disputate. Semplicemente inarrestabili.
Nemmeno l’atmosfera di Parigi ha saputo ispirare Charlotte al miracolo contro gli attuali recordman della lega. Una sontuosa prestazione di Malik Monk (34 punti, 5 rimbalzi e 5 assist) e compagni nulla ha potuto contro la macchina pressoché perfetta dei Bucks, capace di portare 4 membri del quintetto di partenza (5 insieme al subentrato George Hill) in doppia cifra. Cala il sipario per gli Hornets, si accendono le luci della ribalta per un Giannis in grado di stimolare tifo da autentica rivoluzione negli spettatori francesi. 32 punti, 16 rimbalzi e 6 assist e una capacità di leadership tanto ispiratrice per i compagni quanto disarmante per gli avversari.
Giù il cappello, insomma, per il capitano dell’East Pool al prossimo All Star Game. Bucks che, tra l’altro, hanno letteralmente travolto Washington al ritorno tra le mura amiche del Fiserv Forum, nonostante l’assenza del greco. I 51 punti di Khris Middleton si sono rivelati la sentenza chiave contro la compagine di coach Scott Brooks, cui non resta che consolarsi se non coi 47 punti di Bradley Beal. Ma contro Milwaukee, quest’anno, sembra davvero non essercene per nessuno. Per pochi quantomeno.
Superato il giro di boa in stagione il parziale dei Milwaukee Bucks recita 41-6. La matematica precisione con la quale il meccanismo gira ha condotto Milwaukee al primo posto in solitaria, sia a Est che nella lega in generale. Nonostante il record di Golden State nell’annata 2015/16 (gli Warriors conclusero la stagione sul definitivo 73-9) sembri ancora lontano, con una squadra del genere sognare diventa lecito, anzi doveroso. Soprattutto in un’ottica playoffs nella quale coach Mike Budenholzer e ragazzi sono chiamati all’ultimo, decisivo step nel proprio percorso. Maturare nei palcoscenici che contano per puntare a quelle Finals che mancano ormai da 46 anni, quando i Bucks di Kareem Abdul-Jabbar e Oscar Robertson fallirono l’impresa del secondo anello in Gara 7 contro i Boston Celtics.
Milwaukee Bucks, dalla difesa…
Come premesso, quello di Milwaukee rappresenta un meccanismo pressoché perfetto nel suo insieme. L’utilizzo, tra l’altro, dell’aggettivo è doveroso, altrimenti si rischierebbe di parlare non più di giocatori fallibili, ma di un sistema disarmante nella sua perfezione.
L’ingranaggio Bucks segue il filo conduttore della passata regular season, quando Milwaukee sembrava fin dall’avvento dei playoffs la predestinata contendente dell’Est alla conquista dell’anello (salvo poi cadere per mano dei sorprendenti Raptors). Sono anzitutto la miglior squadra a livello difensivo, con un defensive rating complessivo di 101.7 (nessuno come loro), migliorando tra l’altro quello della scorsa stagione (104.9). È la franchigia che subisce meno dalle guardie (11.51 punti concessi di media) e la seconda dalle ali (13.07 punti concessi di media) dietro solamente ai LA Lakers.
La squadra di coach Budenholzer è maestra nel togliere campo agli avversari. Atletismo e spirito di sacrificio lungo tutto il perimetro stanno alla base di alcuni obiettivi chiave: concedere pochi falli e, di conseguenza, liberi agli avversari, quindi impedire di avvicinarsi sotto canestro. La densità creata sotto al ferro costringe a lasciare spazio da fuori a tiratori mediocri, pressando all’occorrenza i migliori realizzatori lungo il perimetro. Un atteggiamento, insomma, ponderato e camaleontico, in grado di adattarsi ad ogni avversario.
Concessi un tiro in corsa ed un rimbalzo in attacco, la difesa dei Milwaukee Bucks aggredisce nel pitturato: è Di Vincenzo a portare via il pallone dalle mani di Biyombo
L’intensità difensiva, in particolare, del tandem Di Vincenzo-Brown permette di raddoppiare, talvolta triplicare la marcatura sull’incursore al ferro in solitaria, intercettando linee di tiro e, quindi, ripartendo. La staffetta con Wesley Matthews, quindi, arricchisce la qualità difensiva. L’interscambio di questi interpreti ha infatti permesso di sopperire al meglio all’addio di Malcom Brogdon.
Brooks Lopez, poi, è a tutti gli effetti un centro moderno. Sa muovere la palla, non perde mai l’equilibrio e sa esprimersi alla grande in fase offensiva. Ma è in difesa che risulta più determinante e incisivo nel gioco di Milwaukee: è maestro nelle stoppate sotto al ferro. Il centro californiano è attualmente secondo nella lega per stoppate (2.5 a incontro) dietro soltanto a Hassan Whiteside (3 a partita). Imprescindibile nel gioco di Milwaukee (ha disputato ad oggi 45 dei 47 incontri dei Bucks) grazie al suo tempismo nelle decisioni e alla mobilità dei gesti.
Un discorso, quello della difesa, strettamente connesso alla voce rimbalzi. I Bucks, al momento, sono primi per rimbalzi difensivi (42.1 a partita), davanti a Brooklyn seconda (37.6). Sempre le prime due, poi, sono rispettivamente prima e seconda nei rimbalzi complessivi (51.6 per Milwaukee, 48.2 per i Nets secondi alla pari con i Clippers). Nonostante a livello di squadra siano al primo posto, individualmente Giannis (migliore di squadra alla voce rimbalzi) occupa soltanto la quinta posizione in classifica. A testimonianza di un perfetto interscambio fra valori individuali e statistiche di squadra.
…All’attacco
La passata stagione i Bucks hanno vinto il 73% delle partite disputate, superando gli avversari con 8.6 punti per 100 possessi totali. L’addio forzato, in estate, di Malcom Brogdon per evitare di entrare in luxury tax sembrava destinato a togliere certezze alla franchigia. Tuttavia si è verificato l’esatto opposto. Da un lato, infatti, il play di Indiana sta dimostrando di non essere Giannis-dipendente, con numeri al di sopra delle medie in carriera (17.1 punti e 7.3 assist a partita fin qui in stagione).
Dall’altro, poi, la voce attacco di Milwaukee lascia libero sfogo all‘inarrestabile meccanismo di squadra. I Bucks sono attualmente primi per punti realizzati (120 a partita) inseguiti da Houston in sordina (118.7). Sono riusciti a superare i 100 punti a incontro per 72 partite consecutive, dimostrandosi una macchina da canestri in tutto e per tutto. Fin qui, tra l’altro, hanno mantenuto una media a partita di 12.8 punti sugli avversari sconfitti, risultando i migliori della lega.
I ragazzi di coach Budenholzer muovono bene la palla, alternando di volta in volta la soluzione migliore. Dall’iniziativa personale (Antetokounmpo su tutti grazie ai suoi 30 punti di media a partita) al fraseggio nello stretto, a liberare al tiro il compagno smarcato. Ben 4 giocatori, tra l’altro, superano la media di 10 punti a partita. Oltre al già citato Giannis, infatti, Khris Middleton (20.2), Eric Bledsoe (15.5) e Brooks Lopez (10.1) rispondono presente, oltre a George Hill a quota 9.7.
Le iniziative personali di Giannis Antetokounmpo nel match disputatosi a Parigi
Una menzione su tutti va rivolta a Giannis. Andando oltre alle semplici statistiche (media di 30 punti, 12.9 rimbalzi e 5.6 assist, migliore di squadra nei fondamentali) la sua percussione verso il ferro è praticamente inarrestabile. L’atletismo messo nelle due fasi dal greco è fuori dal comune, figlio dei dettami di coach Budenholzer di tenere alti i ritmi e l’intensità in entrambe le fasi. Il rischio, naturalmente, è che la squadra diventi sempre più Antetokounmpo dipendente, ammesso che non lo sia ormai da tempo. Una delle chiavi nel gioco di Milwaukee, del resto, sta nel muovere la palla il più velocemente possibile, in modo da liberare l’iniziativa di Giannis al ferro o all’assist per il compagno smarcato.
L’exploit, tuttavia, di elementi come Khris Middleton ed Eric Bledsoe forniscono un eccezionale opzione di squadra all’MVP della passata regular season. Il primo rappresenta in fase offensiva la prima alternativa a Giannis. 20.2 punti, 5.9 rimbalzi e 3.9 assist in 40 incontri sono, del resto, numeri da All-Star Player. L’ex Kentucky, invece, fornisce imprevedibilità e ulteriore fantasia al gioco di Milwaukee, con ottime percentuali realizzative (47.9% dal campo, il 35.1% da tre e l’83.2% ai liberi).
Milwaukee Bucks, punti deboli e futuro
Migliorare nella tenuta mentale, anzitutto. Il palcoscenico dei playoffs, d’altro canto, rimane il teatro per eccellenza nel quale dover dare il massimo e rimanere concentrati, mantenendo le promettenti premesse mostrate in regular season. Un aspetto che è mancato nelle passate finali di Conference a Milwaukee, complici i 4 ko consecutivi che hanno consegnato le Finals ai Raptors, poi vincitori.
Non c’è dubbio che sia Giannis, fra tutti, ad essere chiamato al definitivo salto di qualità. Intesa come mentale, si capisce, in quei momenti chiave che decidono un’intera stagione. Il tallone d’Achille del greco, ad oggi, rimane senza dubbio il tiro libero: il 60.6% rappresenta un dato impietoso rispetto alle sue qualità. Da qui fino ai playoffs dovrà necessariamente migliorare sotto questi aspetti.
La presenza in post-season è fuori discussione, così come l’avanzamento verso le fasi finali. Miami, Boston e Philadelphia (insieme all’incognita Toronto) rappresentano gli ostacoli principali nel cammino verso le Finals. La difficoltà chiave, in ogni caso, è e sarà quella di mantenere, da qui in avanti, playoffs compresi, un rendimento ai limiti della perfezione. La profondità e la qualità del roster danno garanzie sotto questo aspetto, sarà dunque fondamentale maturare appieno, in modo da confermarsi come seria contender per un titolo che manca dal 1971. I mezzi e gli uomini ci sono, così come una crescente convinzione nei propri mezzi.
NB: le statistiche utilizzate nell’articolo fanno fede alla data di pubblicazione dello stesso.