Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti I quintetti del millennio: Washington Wizards

I quintetti del millennio: Washington Wizards

di Michele Gibin

A inizio millennio, Washington è stata per breve tempo la casa di Sua maestà Michael Jordan. Dopodiché nella capitale si sono viste due formazioni dal talento indiscutibile, ma incapaci, anche per via di alcuni infortuni, di fare davvero strada nella Eastern Conference. Ecco il quintetto ideale degli Washington Wizards dal 2000 in avanti.

Point guard: John Wall

Prima scelta assoluta del draft 2010, la point guard da Kentucky emerge rapidamente tra i giovani più interessanti della lega. Nei primi anni a Washington è tra le poche note liete di una squadra in piena ricostruzione, poi la sua crescita e l’innesto di Bradley Beal rendono finalmente competitivi gli Wizards. Nel 2014, Wall disputa il primo dei suoi 5 All-Star Game, vincendo anche la gara delle schiacciate, e l’anno seguente viene inserito nel secondo quintetto All-Defensive. La sua definitiva consacrazione arriva nel 2016/17, quando John supera i 23 punti e i 10 assist di media, viene incluso nel terzo quintetto All-NBA e trascina Washington in semifinale di Conference. Wall regala l’immagine-simbolo della fantastica serie contro i Celtics, segnando la tripla che decide gara-6 e salendo sul tavolo del referto per chiamare a raccolta i suoi tifosi, ma Boston trionfa nella risolutiva gara-7. Wall e gli Wizards sembrano in rampa di lancio, invece hanno appena raggiunto il vertice delle rispettive parabole. In estate John firma una ricca estensione contrattuale, ma in autunno comincia ad accusare problemi al ginocchio sinistro, e a gennaio è costretto a fermarsi per un’operazione. Gioca solo 41 partite nella stagione 2017/18 e 32 in quella seguente, durante la quale subisce un duplice infortunio al tendine d’Achille. Finisce così la sua carriera ad alti livelli, e di conseguenza si infrangono i sogni di gloria di Washington. La franchigia non può più aspettarlo, così a dicembre 2020 decide di spedirlo a Houston, in cambio di Russell Westbrook.

Guardia: Gilbert Arenas

Nell’estate del 2003, fresco di nomina a Most Improved Player, “Agent Zero” è restricted free agent. Gli Washington Wizards presentano una ricca offerta che i Golden State Warriors non possono permettersi di pareggiare. Arenas giunge così nella capitale, dove diventa subito l’uomo-franchigia e si afferma come uno dei giocatori più elettrizzanti di metà decennio. La sua prima stagione a Washington è condizionata dagli infortuni, ma nel 2004/2005 esplode definitivamente, superando i 25 punti di media, debuttando all’All-Star Game e guadagnandosi l’inclusione nel terzo quintetto All-NBA. Le sue grandi performance consentono agli Wizards di tornare ai playoffs dopo otto anni. Superati i Chicago Bulls al primo turno, Gilbert e compagni si arrendono ai Miami Heat di Shaquille O’Neal e Dwyane Wade.

Nelle due stagioni seguenti, Arenas si conferma una stella di prima grandezza, facendo presenza fissa all’All-Star Game e nei quintetti All-NBA. Ai playoffs nasce una rivalità con i Cleveland Cavaliers, i quali trionfano al primo round sia nel 2006, al termine di uno spettacolare duello fra Arenas e il giovane LeBron James, sia nel 2007, quando Gilbert è costretto a fare da spettatore. Il 4 aprile, infatti, Gerald Wallace dei Bobcats gli è franato involontariamente su una gamba, provocandogli una lesione ai legamenti. In quel momento, la stella di Agent Zero si spegne. Arenas colleziona appena 13 presenze nella regular season 2007/08, disputando poi mezza serie playoffs, anche stavolta persa, contro i soliti Cavs, e l’anno seguente si vede in campo solo due volte. Alla vigilia di Natale del 2009 iniziano a emergere strane voci sulla presenza di armi da fuoco nell’armadietto di Gilbert e di un presunto confronto stile-western con il compagno Javaris Crittenton. Entrambi vengono sospesi fino al termine della stagione. Ormai l’esperienza di “Hibachi” nella capitale è agli sgoccioli. A dicembre 2010 viene infatti ceduto agli Orlando Magic, con i quali Arenas imboccherà ufficialmente il viale del tramonto.

Ala piccola: Bradley Beal

Scelto con la terza chiamata del draft 2012, Beal si dimostra subito un partner perfetto per John Wall, con il quale forma una delle coppie di esterni più promettenti della NBA. Il suo istinto realizzativo e la sua pericolosità nel movimento senza palla sono tra le chiavi tattiche che consentono a Washington di riaffacciarsi ai playoffs. Qualche infortunio di troppo frena l’ascesa sua e della squadra, ma nel 2016/17 entrambi esplodono. Beal supera i 23 punti di media, e aiuta gli Wizards a raggiungere le semifinali di Conference, perse dopo una splendida battaglia contro Boston. Nelle stagioni successive, i gravi infortuni subiti da Wall consegnano il timone del gruppo a Bradley, che ne diventa il leader incontrastato. Beal viene convocato a tre All-Star Game, chiude due stagioni consecutive oltre i 30 punti di media e nel 2021 viene inserito nel terzo quintetto All-NBA. Quell’anno, insieme a Russell Westbrook, riporta gli Wizards ai playoff, dove mancavano dal 2018. Dopo l’eliminazione subita per mano dei Sixers, Westbrook viene ceduto e Beal viene ostacolato da svariati infortuni, che lo limitano a 40 presenze nel 2021/22 e 50 nella stagione successiva. A giugno 2023, Bradley viene ceduto in una maxi-trade ai Phonix Suns, lasciando Washington dopo undici anni.

Ala grande: Caron Butler

Dopo aver trascorso due stagioni a Miami e una ai Los Angeles Lakers, Butler viene ceduto a Washington nell’estate 2005, in cambio di Kwame Brown. Si rivela subito la spalla perfetta per Gilbert Arenas e Antawn Jamison, e aiuta gli Wizards a farsi un nome nella Eastern Conference. Nel 2007 fa il suo esordio all‘All-Star Game, ma a marzo si frattura una mano ed è costretto a saltare i playoffs. Senza Butler e Arenas, Washington viene spazzata via al primo turno dai Cavs di LeBron James. Un altro infortunio, stavolta all’anca, impedisce a Caron di partecipare al suo secondo All-Star Game, nel 2008. Torna in tempo per i playoff, ma nonostante i suoi 32 punti in gara-5, Cleveland ha nuovamente la meglio. Butler chiude oltre i 20 punti di media la stagione 2008/09, ma gli Wizards sono ormai pronti alla ricostruzione. A febbraio 2010, Caron e il centro Brendan Haywood vengono ceduti ai Dallas Mavericks.

Centro: Antawn Jamison

Esploso individualmente a Golden State e premiato come Sesto Uomo dell’Anno nell’unica stagione trascorsa a Dallas, Jamison arriva a Washington nell’estate del 2004. Nella capitale ritrova Gilbert Arenas, suo compagno in maglia Warriors, e i due prendono subito le redini degli Wizards, guidandoli ai playoffs per quattro stagioni consecutive. Nel 2005, Jamison debutta all’All-Star Game, a cui partecipa anche nel 2008, e riesce spesso ad alzare il livello quando la posta in palio aumenta. Ai playoff 2007, senza Arenas e Caron Butler, è l’ultimo ad arrendersi contro i Cleveland Cavaliers, a cui rifila 32 punti di media in una serie persa 4-0 dai suoi Wizards. I problemi fisici e disciplinari di Arenas fanno calare rapidamente il sipario su quella squadra, che dopo il famigerato incidente con le armi da fuoco avvia una drastica ricostruzione. A febbraio 2010, Jamison viene acquisito proprio dai Cavs, che dopo averlo sofferto più volte da avversario lo chiamano in Ohio per non indurre LeBron James alla tentazione di cambiare aria.

Sesto uomo: Michael Jordan

Il 25 settembre 2001, dopo mesi di speculazioni, una delle più grandi icone sportive del Novecento annuncia al mondo il suo ritorno sui parquet della NBA. I principali obiettivi di Jordan sono due: dimostrare di poter stare ancora in campo, alla veneranda età di 38 anni, contro le stelle attuali, e rilanciare i mediocri Wizards, di cui è diventato presidente e proprietario di minoranza. Entrambi i traguardi vengono effettivamente raggiunti; nelle due stagioni trascorse a Washington, MJ viaggia oltre i 21 punti di media, lasciando ai posteri anche una prova da 43 punti e 10 rimbalzi contro i New Jersey Nets pochi giorni dopo il suo quarantesimo compleanno. Quando Michael indossa la loro maglia numero 23, gli Wizards diventano una delle squadre più seguite della lega, apparendo spesso in diretta nazionale e riempiendo le arene di tutta America. Dal punto di vista prettamente sportivo, però, la presenza di “His Airness” e il suo famigerato spirito competitivo comportano una pressione insostenibile per i giovani compagni. Alcuni, come Rip Hamilton, vengono persino ceduti per aggiungere giocatori esperti al fianco del grande veterano. Tra il 2001 e il 2003, gli Wizards gravitano in orbita playoffs, ma non riescono mai a parteciparvi nonostante una concorrenza non troppo agguerrita. Il 16 aprile 2003, Michael Jordan gioca il suo incontro d’addio, chiudendo con un’ultima standing ovation una carriera leggendaria. Menzione d’onore per Russell Westbrook, che nel 2020/21 ha guidato gli Wizards ai playoffs chiudendo la sua unica stagione a Washington con una tripla-doppia di media, come era già successo altre tre volte a Oklahoma City.

Allenatore: Eddie Jordan

Nativo di Washington, Eddie viene ingaggiato dagli Wizards nell’estate del 2003, poco dopo che l’omonimo Michael ha appeso le scarpe al chiodo. Insieme a lui arriva in città Gilbert Arenas, che nelle stagioni a venire diventa il leader della squadra. Con Jordan in panchina, Washington partecipa a quattro edizioni consecutive dei playoff, arrivando al secondo turno nel 2005. Due anni più tardi, Eddie guida la formazione della Eastern Conference all’All-Star Game di Las Vegas. A novembre 2008, dopo la terza eliminazione consecutiva per mano dei Cleveland Cavaliers e dopo un brutto avvio di regular season, Jordan viene sollevato dall’incarico. A contendergli il posto in questa selezione era Scott Brooks, che tra il 2016 e il 2021 ha condotto Washington a tre apparizioni playoffs.

 

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