Correvano gli anni cinquanta e sessanta, ed in un clima intriso da un forte senso di svolta sociale, economica, politica ma soprattutto razziale, il dottor Martin Luther King Jr. intonava “We Shall Overcome“, un brano simbolo del movimento per i diritti civili: anche solo il titolo della canzone, “Noi riusciremo a superarlo”, rappresenta al meglio lo spirito e l’obiettivo di tutti coloro che si sono battuti per un’uguaglianza sotto i vari aspetti della società.
Ad oggi, nonostante la segregazione di cui il reverendo King discuteva sia stata più volte dichiarata incostituzionale ed in seguito abolita, non ci si può affacciare alla cultura statunitense senza tener conto di quel fenomeno così radicato che si alimenta di pregiudizi e luoghi comuni e, per quanto ci si possa sforzare di guardare altrove e convincersi che sia stato oramai debellato, in realtà è sempre lì presente sotto i nostri occhi.
Spesso le forme di discriminazione a cui si fa’ riferimento sono quelle rivolte alla comunità afroamericana, tuttavia, non sempre ci si accorge di quella fetta di popolazione che, pur costituendo “solo” il 6% del totale dei cittadini statunitensi, è anch’essa costretta a sopportare continuamente forme di insulti e di esclusione su base razziale: stiamo parlando di tutte quelle persone di etnia asiatica residenti negli Stati Uniti.
Ad essersi esposto su tale argomento è Jeremy Lin, nato in California ma di origini cinesi, ex point-guard NBA con nove anni di carriera nella lega alle spalle.
Jeremy Lin ed il razzismo contro la comunità asiatica statunitense: “Siamo stanchi”
L’ex point-guard dei New York Knicks ha condiviso un messaggio durissimo sui social, facendo riferimento alle solite ma continue discriminazioni a cui la comunità asiatica deve sottostare da sempre. “Qualcosa sta cambiando in questa generazione di asioamericani. Siamo stanchi di sentirci dire che noi non subiamo il razzismo e la discriminazione, siamo stanchi di sentirci dire che dobbiamo rimanere tranquilli e non causare problemi, siamo stanchi di sentirci chiedere da dove proveniamo veramente, siamo stanchi dei soliti pregiudizi che ci affliggono da generazioni e siamo stanchi di essere invisibili agli occhi degli altri“.
Lin ha poi fatto riferimento ad un caso piuttosto recente che lo ha coinvolto in prima persona: essendo lui membro della squadra affiliata ai Golden State Warriors, nel corso di un match di G-League si è sentito chiamare con l’appellativo “Coronavirus“. “Essere un asioamericano non vuol dire che non soffri né la povertà né il razzismo. Essere un asioamericano non ti protegge dall’essere chiamato Coronavirus sul campo. Quindi eccoci qui, ancora una volta a discutere del nostro stato d’animo, qualcuno ci ascolta?”.
La quantità di crimine e di violenza nei confronti dei cittadini statunitensi asiatici è inoltre cresciuta nel periodo di pandemia da Sars-CoV-2: CBS News registra un innalzamento spaventoso del 867% nella zona di New York nel solo 2020.