Record: 49 – 33
Anche nello straordinario mondo dell’NBA, nel quale non sempre avere una vittoria in più corrisponde a un effettivo beneficio, non è tutto amazing ciò che happens e accade pure che alcune franchigie rimangano intrappolate dalle catene di una storia perdente difficile da sovvertire.
Basta pensare ai Clippers, cresciuti all’ombra dei più vincenti – e più fichi – cugini Lakers e che, nonostante siano una seria pretendente al titolo da alcuni anni ha questa parte, spesso inciampano in inspiegabili incidenti di percorso nei momenti più importanti della stagione (qualcuno ha detto Gara 6 contro i Rockets?).
Quasi allo stesso modo, a circa duemila miglia e più di mezzi Stati Uniti di distanza da Los Angeles, gli Hawks sono sempre stati rigettati da quel paradiso terrestre chiamato vittoria da quando si sono trasferiti ad Atlanta, navigando perennemente in un purgatorio fatto di tante sconfitte e delusioni.
Da questo punto di vista i Falchi hanno sempre fatto propri i problemi della A-Town, uscita distrutta a causa di un attentato dalle Olimpiadi del 1996, l’evento che al contrario avrebbe dovuto rilanciare le sorti della città. Questa inattitudine alla gestione dei momenti importanti ha fatto degli Hawks una squadra eternamente incompiuta, senza grandi campioni rappresentativi – fatta eccezione per il solo Wilkins – e lontana dai grandi mercati dell’Atlantico. Una franchigia che ha fatto della mediocrità il proprio modus vivendi in NBA.
Tutto in tal guisa, poi gennaio 2015. Quasi si divertissero a distruggere le convinzioni comuni, in un solo mese l’Atlanta della palla a spicchi ha riscritto la propria storia: trenta giorni da 17-0, trenta giorni da DICIANNOVE vittorie consecutive, trenta giorni che hanno posto le basi per la nomina di Budenholzer a COTY, per la convocazione all’All-Star Game di Teague, Korver, Millsap e Horford e per le sessanta vittorie stagionali, trenta giorni che hanno portato l’intero quintetto titolare alla vittoria del premio di Eastern Conference Player of the Month. Trenta giorni in cui gli Hawks sono diventati un paradosso vivente.
Del resto come si può definire non paradossale la stagione di una squadra che ha fatto troppo bene in RS per confermarsi ai PO e che ha sognato una vittoria troppo bella per vincere davvero?
Per questo motivo coach Bud ha subito molte critiche – per quanto lo si possa biasimare dopo una stagione del genere – da parte di chi gli imputa di aver scelto la prima strada al bivio tra il perseguimento dei propri ideali e la concretezza e di aver sacrificato i risultati della squadra per inseguire una fantomatica vittoria personale.
Le sconfitte fanno male a tutti, ma per questi Hawks l’impressione è che la cavalcata dello scorso anno potrebbe essere solo un primo passo mosso verso la creazione di una squadra da titolo. Se è vero che vincere aiuta a vincere, Atlanta riprenderà la scalata all’anello ripartendo da dove l’ha lasciata in sospeso, con tanta sicurezza in più e un Demarre Carroll in meno.
MOVIMENTI DI MERCATO:
Squadra che (con)vince non cambia. O quasi. Posti di fronte alla scelta tra Carroll e Millsap, gli Hawks hanno giustamente deciso di rinnovare l’ala grande e di lasciar andare il ragazzo coi dread, perdita minore ma non indolore. Certamente se c’è una squadra in grado di sopportare la privazione di un titolare quella è Atlanta, ma Carroll è stato un giocatore a tratti decisivo e ha disputato un’ottima postseason.
Dagli Spurs è arrivato Thiago Splitter, ceduto senza rimpianti dai neroargento per liberare spazio salariale e piazzare il doppio colpo Aldridge-West. Il brasiliano ha dimostrato durante la sua permanenza in Texas di essere più che adatto a un sistema di gioco simile a quello di coach Bud, ma è tutto da verificare l’innesto di un giocatore senza jump shot in un contesto di tutti ottimi tiratori.
Durante la sera del Draft gli Hawks hanno scelto Kelly Oubre con la 15a chiamata – arrivata dai Nets nell’affare Joe Johnson – ma sono usciti dal Barclays Center con Tim Hardaway Jr. tra le mani. Il figlio dell’ex Warriors è un prospetto ancora giovane e futuribile e nonostante dei trascorsi ai Knicks non proprio felici, è probabile che in una buona squadra con un buon allenatore possa esprimere al meglio tutte le sue qualità.
QUINTETTO BASE:
Ovviamente il posto da titolare di Teague, Korver, Millsap e Horford è più che garantito e saranno loro a comporre l’ossatura della squadra fino all’ultima partita della stagione, a meno di infortuni. Per quanto riguarda il ruolo di ala piccola, qui è pronta a scatenarsi la bagarre. È probabile che in alcune occasioni Splitter possa partire da centro titolare in un quintetto con tre lunghi, ma nella maggior parte dei casi saranno Bazemore, Sefolosha e Hardaway Jr. a contendersi il posto di AP. Al momento è l’ex Lakers a partire in vantaggio e dopo anni di straordinarie esultanze dalla panchina, potrebbe essere questa per lui la prima occasione da titolare fisso. Ottimo difensore sin dai tempi del college, deve comunque guardarsi le spalle da Sefolosha, 3&D per eccellenza e rimpiazzo perfetto per Carroll e da Hardaway Jr., probabilmente più talentuoso in fase offensiva.
ASPETTATIVE PROSSIMA STAGIONE:
Al momento la qualificazione ai Playoff non è minimamente in discussione e nonostante l’addio di Carroll, la squadra della Georgia rimane comunque una delle più attrezzate e spettacolari della Conference orientale. Se la condizione fisica dovesse rimanere a buoni livelli anche durante la postseason, Atlanta promette di dare battaglia a qualsiasi altra squadra. Contro tutto e Parà Dòxa, contro l’opinione di tutti.