Adam Silver non ha voluto mettere una data per l’espansione della NBA oltre le 30 squadre presenti, una volta chiuse le partite su contratto collettivo di lavoro e diritti TV, ma quando alla fine espansione sarà, una delle due nuove città sarà una vecchissima conoscenza NBA: Seattle.
L’ultima espansione della lega risale al 2004, quando esordirono gli Charlotte Bobcats la cui nascita fu annunciata due anni prima. Al 2008 risale invece l’ultima relocation, l’ultimo trasloco di una franchigia e che fu di quelli dolorosi. I Seattle SuperSonics, dopo il passaggio di proprietà, si spostarono a Oklahoma City e divennero Thunder privando così la Emerald City di un brand e squadra storici. A decidere per il trasloco ormai 16 anni fu un contenzioso sui lavori di rinnovamento della vecchia Key Arena, su cui non si trovò un accordo, nel 2021 la Climate Pledge Arena (nuovo nome dell’impianto) è stato ristrutturato per ospitare la NHL con i Seattle Kraken e un’altra gloria locale, le Seattle Storm della WNBA.
Secondo quando riportato da ESPN, il 2027-28 potrebbe essere la data target per una nuova espansione della NBA, e una delle città toccate dovrebbe essere Seattle che 20 anni dopo vedrebbe sanato un vecchio torto sportivo. Seattle è un grande mercato e una grande metropoli, è la sede storica di Amazon che è diventata col nuovo contratto sui diritti TV partner e emittente ufficiale della NBA, e queste cose contano. Seattle e un altro grande progetto, Las Vegas, sono le due città da considerare “in prima fila” e la scelta “logica”, la cosidetta capitale del gioco d’azzardo è ormai sede di grande sport. NHL, NFL, WNBA e Formula 1 sono già lì, la NBA ci gioca da anni la Summer League e dal 2023 anche la Final Four del suo in-season tournament, la Emirates NBA Cup.
Il gruppo proprietario dei Seattle Kraken sarebbe interessato a fare un’offerta per la nuova franchigia NBA d’espansione in città, e mettere i Kraken e i nuovi SuperSonics sotto un gruppo “ombrello” di investimento, anche con la consulenza, almeno in questa fase, di Rick Welts che è stato uno dei dirigenti dei Golden State Warriors in passato. E in quanto al nome, il marchio SuperSonics è oggi di proprietà dei Thunder che lo hanno ereditato, ma la franchigia non ha mai voluto inglobare la storia dei Sonics e sarebbe disposta a cedere l’uso del marchio, nome e colori ufficiali alla nuova squadra.
Per Las Vegas sarebbero invece disposte a scendere in campo le star. LeBron James, una volta appese le scarpe al chiodo, potrebbe diventare tra i proprietari della franchigia d’espansione in Nevada e porterebbe con sé altri nomi importanti. LeBron è da anni socio di minoranza del Fenway Sports Group che è proprietario dei Boston Red Sox e del Liverpool FC, e di recente ha visitato l’Arabia Saudita ospite di Badr bin Abdullah Al Saud, membro della famiglia reale saudita e ministro della cultura del Paese. Dal 2022 la NBA ha aperto ai gruppi d’investimento esteri, che possono entrare nelle proprietà delle franchigie fino a un 20% del “pacchetto” totale, e da anni l’Arabia Saudita investe nel grande sport europeo, nel calcio in primis. Assieme a LeBron James, altri volti per la franchigia di Las Vegas potrebbero essere Candace Parker e Marc Lasry, ex co-proprietario dei Milwaukee Bucks.
Con Seattle e Las Vegas, la Western Conference si ritroverebbe due squadre in più e allora una squadra dovrebbe passare nella Eastern Conference per bilanciare e fare 16 e 16. La scelta ricadrebbe su una tra Memphis Grizzlies e Minnesota Timberwolves, le due franchigie più a Est tra quelle che giocano a Ovest, e tra le due Minnesota dovrebbe essere la prescelta per ragioni logisitiche e distanza media di volo con le città della Eastern Conference.
Due nuove franchigie NBA significherebbero inoltre due nuovi roster e 30 nuovi contratti garantiti in più, qualcosa a cui il sindacato dei giocatori WNBA “non si opporrebbe” come comprensibile. La decisione su un’espansione della lega spetta al solo board of governors della NBA, il sindacato dei giocatori non ha in queste materie diritto di voto ma sarà coinvolto nel processo. Il nodo della questione, come a ogni espansione, è se il board degli attuali 30 proprietari NBA accetterà di “diluire” ulteriormente i dividendi annuali ricavati dagli introiti della lega con altre due nuove franchigie.