Stephen Curry è ufficialmente diventato l’MVP dell’ All-Star Game 2022, vincendo il “Kobe Bryant Throphy” con una prestazione da 50 punti, mettendo a referto 16 canestri da dietro l’arco. La partita è stata vinta dalla squadra di LeBron per 163-160. “Aver vinto questo premio rappresenta qualcosa di decisamente speciale per me, sia per il suo significato sportivo che umano. Questo premio è intitolato a Kobe e ha un significato davvero speciale, ci serve per onorare lui, Gigi e tutte le persone che non ci sono più”. In questo modo, il numero 30 dei Golden State Warriors, commenta la vittoria del premio.
Il riconoscimento vinto da Stephen Curry è solo una delle tante testimonianze che descrivono la sua storica stagione. Ricordiamo infatti che, proprio quest’anno, Steph ha superato Ray Allen nella classifica dei giocatori che hanno realizzato più canestri da tre punti nella storia della NBA. Nonostante le sue percentuali dalla lunga distanza nel corso della stagione siano peggiorate, Curry è stato uno dei motivi (se non la ragione principale) per cui adesso Golden State si trova nei piani alti a Ovest.
Le sorprese dell’All-Star Game
Parlando di stagioni fenomenali, l’ All-Star Game ha rappresentato la meta tanto ambita dai ragazzi più giovani della lega: uno su tutti, Ja Morant. In questa stagione, la point guard dei Memphis Grizzlies ha dimostrato di essere all’altezza dei giocatori più forti del campionato. Il leader della squadra di Memphis sta giocando il basket migliore della sua carriera: 26,8 punti di media a partita (miglior marcatore del proprio team) e, insieme ai suoi compagni di squadra, terzo nella classifica generale a Ovest.
I grandi assenti dell’All Star Game
Sicuramente, i grandi assenti della partita delle stelle sono Russell Westbrook e Damian Lillard. Il primo non è stato convocato a seguito di una stagione deludente. Da un lato, le sue prestazioni sul piano statistico non lo elogiano come All-Star. D’altro canto è anche vero che, in questa stagione, il sistema di gioco dei Los Angeles Lakers non riesce a mettere in risalto le sue caratteristiche offensive. In un certo senso, vale lo stesso discorso per il giocatore di Portland. Il mix tra “calo delle statistiche” e “squadra poco competitiva”, ha fatto in modo che il leader dei Trail Blazers (che si è poi fermato per un problema fisico) non fosse convocato all’All–Star Game.
Naturalmente, le prestazioni dell’All-Star Game lasciano il tempo che trovano, soprattutto perché questa nasce prevalentemente per motivi d’intrattenimento, per cui le azione difensive e in generale l’approccio in campo è molto più superficiale rispetto ad una partita di regular season o di playoffs. Nonostante questo, eventi del genere ci danno la possibilità di vedere nella stessa squadra i giocatori migliori del pianeta. Come accennato prima relativamente a Ja Morant, momenti come questi motivano le giovani stelle a dare il massimo durante tutta la stagione, rendendo la partecipazione a questa partita una tappa fondamentale della loro carriera cestistica.