E’ passata una settimana dalla trade-shock di Luka Doncic, e i Dallas Mavs non hanno fatto molto altro se non giustificarsi agli occhi della parte di mondo perlomeno interessata a ciò che avessero da dire.
Il primo era stato il Gm Nico Harrison, e a più riprese. Il quale per non sbagliare aveva allegato alla conferma dell’avvenuta trade un comunicato in cui sentenziava “che la difesa vince i campionati” e citava a profusione parole come “cultura” e la volontà di costruire “per vincere oggi” ma anche “domani“. Harrison due giorni dopo ha anche inscenato un sottogenere della conferenza stampa, ovvero la conferenza stampa fai-da-te in cui lui si faceva le domande da solo e si rispondeva, e coach Jason Kidd al suo fianco e col microfono spento assisteva inerme.
Sempre Harrison aveva pensato bene in nome della chiarezza di non farsi vedere alla presentazione ufficiale di Anthony Davis e Max Christie. Motivi di sicurezza, quelli addotti, e per il timore di rappresaglie della tifoseria contro la sua persona. Dopo la presentazione ufficiale e una buona partita d’esordio contro Houston, Davis si è peraltro fatto male e ne avrà per un po’. E pazienza, è andata così.
Per difendere l’operato, e forse anche la di lui cotenna, del suo general manager è dovuto scendere tra i mortali per una fugace visita anche il nuovo proprietario dei Dallas Mavs, Patrick Dumont. Che per non sbagliare anche lui e nel tentativo di suonare più trumpian-volitivo nelle sue parole, alle dichiarazioni d’intento su cultura e trionfo della volontà ci ha aggiunto anche una sorta di insulto velato (ma neppure tanto) a Luka Doncic.
“E’ difficile prendere decisioni difficili” e già qui si vola altissimi. “Ed è difficile prendere decisioni giuste quando queste sono difficili. Ed è facile non fare nulla” come fosse antani. “Ma quando vuoi perseguire l’eccellenza nella tua organizzazione, devi saper prendere le decisioni difficili e perseverare” e volere fortissimamente, tra l’altro.
Dumont ha poi escluso categoricamente che i Mavs si trasferiranno a Las Vegas dove la famiglia Dumont-Adelson ha costruito le sue fortune coi casinò e i resort di lusso: “I Dallas Mavs non andranno a Las Vegas, non se ne parla. E’ la mia risposta categoria” e impegnativa per tutti, tra l’altro. “I Dallas Mavs sono i Dallas Mavs e sono a Dallas“, mica a Pontremoli, per dire.
Dumont Jr ha poi affrontato il nodo spinoso: aver ceduto un 5 volte primo quintetto All-NBA che a 25 anni e in 6 anni a Dallas ha portato la squadra alle finali di conference nel 2022 e alle NBA Finals nel 2024, eliminando per tutte e due le volte la testa di serie numero 1 a Ovest (Suns e Thunder) lungo il cammino. “E’ stata una settimana intensa per tutti, è una cosa che posso capire. E io sono un grandissimo fan di Luka Doncic, così come la mia famiglia. Apprezzo tantissimo ciò che ha portato a questa franchigia e qui a Dallas, è un giocatore elettrizzante“.
“Voi non sapete quando ho sofferto a Boston quando abbiamo perso alle Finals e coi coriandoli che mi cadevano sopra la testa” povera stella. “Ero proprio infelice e non lo dimenticherò mai. La stagione scorsa prima della deadline non eravamo una squadra da playoffs ma le mosse di Harrison ci hanno portato quei giocatori che servivano per sbloccare tutto il nostro potenziale e arrivare alle Finals. Ma lì abbiamo fallito. E quest’anno ci siamo chiesti: siamo migliorati rispetto alle Finals di un anno fa? E la risposta è stata no“.
Quindi la sferzata: “Se si guarda ai grandi di questa lega, i giocatori che tutti abbiamo ammirato crescendo, i Michael Jordan, i Larry Bird, i Kobe Bryant e gli Shaquille O’Neal, questi erano giocatori che ogni giorno lavoravano duramente con un solo obiettivo in testa: vincere” quindi si evince che Doncic fosse un pelandrone scansafatiche, direte voi. E pazienza se una delle cose che faceva impazzire Kobe Bryant fosse che O’Neal, mentre Dumont Jr l’ammirava, si presentava regolarmente sovrappeso e fuori forma ai training camp dei Lakers. “E se non hai quella mentalità allora non sei da Dallas Mavs e non dovresti essere qui. Noi vogliamo persone del genere e in questo sono categorico” ancora “E qui lo sanno tutti, sanno come lavoro anche al di fuori del basket, questo è l’unico modo per essere competitivi e vincere. Se vuoi andare in vacanza invece, questo non è il tuo posto“.
Indignatissimo, Dumont Jr ha poi escluso categoricamente (è un vizio) che la trade fosse dettata da motivi economici, ergo dal dover concedere al quel ciccione sloveno un contratto al supermassimo salariale da 350 milioni malcontati di dollari in 5 anni. “Le trade che abbiamo chiuso in settimana hanno a che vedere solo col basket e non con le nostre finanze. Le risorse per fare ciò che è necessario per creare una cultura di basket vincente a lungo termine ci sono. Per chi ne capisce di NBA (quindi non lui, ndr) il salary cap è il salary cap (e non una Fiat Punto, per dire). E si tratta di decidere come usarlo. Non c’è alcun problema nel firmare con qualcuno un supermassimo salariale, è solo una porzione del suddetto cap“.