“Dobbiamo vincere, immediatamente.” Così Stephen Curry ha tuonato dopo la bruciante sconfitta nel Christmas Day contro i Milwaukee Bucks. La trasmissione di un senso di urgenza provocato da un negativo di 65 punti di differenziale dopo le due pessime gare iniziali. Questa notte, alla terza trasferta, è arrivata la prima vittoria per i Golden State Warriors, che passano a Chicago per 128-129. Una gara sul filo di lana, in cui nessuna delle due squadre ha mai compiuto lo strappo decisivo. Seppure i Bulls abbiano anche toccato un vantaggio di nove punti a tre minuti dalla fine, i conti si sono conclusi all’ultimo tiro. Stephen Curry è salito di livello nel quarto periodo, mostrando la sua migliore versione della stagione. Un accenno di formato MVP che tiene viva la sua squadra. Con 13 dei suoi 36 punti finali che arrivano nel momento in cui la squadra ne aveva bisogno.
Eppure, quando più si pensava che la palla andasse a finire nelle sue mani per coronare il successo della squadra, il tiro decisivo passa dalle mani di Damion Lee. Con 5.8 secondi sul cronometro, dopo un superbo tiro di LaVine che regala due lunghezze di vantaggio ai Bulls. Dalla rimessa, Damion Lee ottiene il consegnato da Looney e si alza con il tiro da tre punti che chiude i giochi. Dopo la giocata principe della gara, è solamente tempo di celebrazioni per i Golden State Warriors. A fianco della prima vittoria, per Stephen Curry va reso onore all’ennesimo traguardo del due volte MVP. Questa notte ha raggiunto le oltre 2.500 triple in carriera. Ed è solo il terzo giocatore nella storia della NBA a riuscirci, dopo Ray Allen e Reggie Miller.
Stephen Curry e Steve Kerr al termine della gara
Fiducia. Questa è la parola che risuona all’unisono quando si cerca di inquadrare le cause scatenanti questo inizio di stagione per gli Warriors. Ancora privi di Draymond Green, a Steve Kerr manca ancora il contributo da parte di Andrew Wiggins e Kelly Oubre. Quest’ultimo non ha ancora segnato una tripla su 17 tentate nelle prime tre gare. Ma come riportato da Nick Friedell di ESPN, il suo allenatore riconosce le difficoltà derivanti dall’inserimento in un nuovo gruppo. “Ogni volta che cambiassi squadra in carriera, ho sempre faticato inizialmente a mettermi a mio agio con il nuovo gioco. Perciò, le difficoltà al tiro di Kelly (Oubre, ndr) non mi sorprendono così tanto. E so che svolteranno.” L’allenatore dei Golden State Warriors estende questo punto di vista anche nei confronti di Stephen Curry.
Dalla stagione 2018/19, solamente Draymond Green, Kevon Looney e Damion Lee sono ancora parte attiva del roster. Un gruppo completamente nuovo negli interpreti e nel personale dello staff tecnico. Ciò nonostante, Stephen Curry non intende nascondere le sue problematiche al tiro. Le parole a fine gara testimoniano la sua piena intenzione di prendere per mano il resto del gruppo. “Non ci sono scuse. Ho delle aspettative verso me stesso e i tiri che prendo. In alcune situazioni erano costruiti male, ma devo solo attenermi al lavoro da fare perché ho fiducia in quanto sto facendo. È soprattutto una questione mentale, perciò intendo proseguire l’impeto trovato nell’ultimo quarto di questa notte. Dobbiamo essere onesti con noi stessi. Nelle prime due gare eravamo completamente disuniti. Quindi non ci resta che lavorare sui dettagli che ci permettono di costruire buoni tiri. Se continueremo a crescere ogni settimana, allora avremo sempre più fiducia.”
Ora i Golden State Warriors rimarranno sulla East coast per una sfida con i Detroit Pistons. Solo nel primo giorno del 2021 potranno calcare finalmente il parquet di casa. Potrà forse essere solamente una questione di tempo per Stephen Curry e compagni. Ma gli Warriors non devono in alcun modo perderne la concezione e seguire la scia delle altre squadre.