Home NBA, National Basketball AssociationNBA Passion App Ball don’t lie: essere unici come Rasheed Wallace

Ball don’t lie: essere unici come Rasheed Wallace

di Luca Castellano
Rasheed Wallace, ex stella e giocatore unico nel panorama cestistico degli ultimi anni

In tutti gli sport ormai vi verrà sempre in mente quel giocatore con un talento smisurato, una voglia da trascinatore della squadra, un leader naturale dello spogliatoio ma con un carattere peperino, fumantino, fuori dagli schemi e molto ma molto eccentrico; bene, se avete capito alla perfezione il tipo di giocatore che vi ho appena illustrato, in questa categoria è presente un giocatore che o si ama alla follia o si odia alla follia: questa che vi racconto oggi è la storia di Rasheed Wallace.

Gli inizi di Rasheed Wallace

Rasheed Wallace nasce a Philadelphia e come tutti i ragazzi del ghetto delle grandi città  comincia a giocare a basket da ragazzo, e dimostra di saperci stare sin da subito in campo anche con i più grandi. Alle high school giocava alla Simon Gratz e il suo coach di allora Bill Ellerbee aveva già capito che Rasheed Wallace con la sua grande intelligenza era uno dei giocatori destinato a scrivere una pagina importante della storia di questo sport. Ha sempre parlato,  alla stampa locale e nazionale di lui come un giocatore intelligente, fuori dagli schemi e così avanti che era lo stesso ragazzo ad allenare i coach e non i coach ad allenare lui. Dopo aver terminato le high school frequenterà la  North Carolina University (la stessa di Michael Jordan) e si dichiarerà eleggibile per il draft del 1995.

Rasheed Wallace verrà scelto come quarta scelta assoluta dai Washington Bullets ma non riesce ad esprimere tutta la sua pallacanestro vista la presenza di altre due superstar di grande livello nel roster di Washington: Chris Webber e Juwan Howard. Infatti la sua esperienza nella capitale durò soltanto un’anno: nel 1996 fu scambiato per Rod Strickland ai Portland Trail Blazers.

Rasheed Wallace e la sua esplosione ai Blazers: La nascita di un mito

Rasheed Wallace con la maglia dei Portland Trail Blazers.

Rasheed Wallace con la maglia dei Portland Trail Blazers.

Giocatore atipico, non comincerà bene in Oregon: solo dopo un po’ di indecisione totale sull’impiego del giovane Rasheed, e non perfettamente inserito per via del suo carattere e del suo gioco, Sheed nelle due stagioni prima viene promosso come titolare e poi come giocatore inamovibile nel roster dei Trail Blazers,  utilizzandolo come ala grande e sopratutto come ottimo sesto uomo nelle rotazioni dei Trail Blazers. Infatti in queste due stagioni , migliora le sue statistiche , diventa pressoché fondamentale nei momenti cruciali del match e insieme ai suoi compagni di squadra su tutti Isaiah Rider e Arvydas Sabonis diventa il terzo miglior giocatore della squadra, porta in entrambe le stagioni ai playoff ( sconfitta per due anni consecutivi per mano dei Lakers al primo turno) ,sopratutto una mostra notevoli progressi e una grande conoscenza del campo grazie ai consigli del coach Mike Dunleavy.

Nella stagione 1998-99 i Blazers crescono anche dal punto di vista mentale diventando una delle potenze della Western Conference: regular season eccezionale e qualificazione ottenuta per il terzo anno consecutivo ai playoff  ma stavolta l’esito sara decisamente diverso. Infatti eliminano prima i Phoenix Suns e poi gli Utah Jazz. Successivamente devono però arrendersi in finale di Conference contro i San Antonio Spurs di coach Popovich, e di giocatori come Tim Duncan e David Robinson. Per Wallace questi playoff sono il trampolino di lancio per entrare nell’ élite dei giocatori Nba, infatti in questo momento emergerà un altro punto di forza del suo gioco, tanto studiato nell’ultimo periodo: la sua versatilità difensiva.  Infatti in questi playoff della Western Conference,tiene testa, e lotta come se fosse un pugile, perdendo soltanto ai punti con gente come Karl Malone e Tim Duncan.

Nella stagione successiva, Sheed e i suoi Trail Blazers possono seriamente puntare al titolo NBA: infatti gli arrivi di Steve Smith e soprattutto un giocatore con una grande esperienza come quella di Scottie Pippen, i Blazers riprovano l’assalto alla finale NBA. In regular  season Wallace è il top scorer di squadra con 16.4 punti a partita, porta di nuovo i Blazers ai playoff in una posizione di grande prestigio e candidandosi come una della serie finaliste Nba. Nei playoff, infatti, Portland elimina prima i Minnesota Timberwolves, poi gli Utah Jazz, ma sono sconfitti nella finale di Conference dai Los Angeles Lakers di Kobe, Shaq e coach Phil Jackson, al termine di una serie tra le più belle nella Western Conference. Per Sheed e compagni questa è la mazzata definitiva: tutto lo spogliatoio perde la bussola, va a sciogliersi quella che era una squadra pressocchè perfetta e tra i vari giocatori nascono dei dissidi sfociati in gesti folli durante i match.

Tra questi emerge il lato eccentrico e rissoso di Rasheed, capace di aspettare un arbitro al di fuori di un impianto di gioco per cercare di ottenere e farsi giustizia da solo in vano modo. Questa sarà anche l’inizio del “lato oscuro di Rasheed, quello rissoso, quello spacca spogliatoio, quel bad boys che nessuno vorrebbe come.compagno di squadra, quel giocatore capace di buttare all’aria una vittoria. I Trail Blazers alla.prima occasione lo cederanno in uno scambio curiossissimo agli Atlanta Hawks.

Rasheed Wallace e la sua rivincita: la conquista del titolo

Agli Hawks ci resterà soltanto per una partita mettendo a referto 20 punti, 6 rimbalzi e 5 stoppate per poi essere coinvolto in una trade curiosa: infatti andrà ai Detroit Pistons in uno scambio che vedrà protagonista 3 squadre.

Alla corte di coach Larry Brown trova un team competitivo: qui ci sono Chauncey Billups,  Richard Hamilton, Tayshaun Prince e dall’omonimo Ben Wallace come centro. A detta dei critici sarebbe la squadra adatta per le caratteristiche tecniche e comportamentali per Rasheed Wallace. Promesse mantenute come da pronostico: Detroit disputa una March Madness da urlo e si qualifica alla post season della Eastern Conference. Nel corso dei playoff i Pistons eliminano prima i Milwaukee Bucks, poi in una serie combattutissima conclusasi alla settima partita i New Jersey Nets e infine nella finale della Eastern Conference gli Indiana Pacers. Arrivano così alle NBA Finals, ma da sfavoriti, dato che devono affrontare i Lakers del quartetto terrificante O’Neal, Bryant, Malone e Payton e guidati da coach Phil Jackson. In una delle maggiori sorprese storia della NBA, i Pistons vincono il titolo per 4-1 e portano ila titolo nella città dei Motori.

Rasheed continuerà a giocare per i Detroit Pistons e continuerà ad essere determinante.  I Pistons si confermano grande forza della Eastern Conference e centrano l’accesso ai playoff. Cammino pressocchè perfetto nei primi due turni di playoff, fino alle finali di conference da giocare contro i Miami Heat battuti solamente dopo sette e sudatissime partite. In finale i ‘pistoni’ incontrano stavolta  gli Spurs di coach Popovich . La serie è molto avvincente, combattuta e sul filo dei nervi data la grande pressione psicologica e la grande difesa espressa da entrambe le franchigie finaliste. Infatti, In gara 5, e con la situazione appaiata sul 2-2, i Pistons potrebbero portarsi avanti 3-2 con la possibilità di avere due match ball a San Antonio: nel finale punto a punto, tuttavia, i Pistons perdono proprio per  un errore di Rasheed, che raddoppia Manu Ginobili quasi defilato all’angolo lasciando a Robert Horry la possibilità di segnare il tiro della vittoria.

Tuttavia, nonostante tutti i pronostici fossero sfavorevoli, i Pistons sbancarono l’Arena di San Antonio in gara 6 e portarono la serie alla bella. All’ultimo atto, giocatosi sempre in Texas, i Pistons devono però arrendersi ai padroni di casa.

L’inizio del declino ed il ritiro di Rasheed Wallace

Rasheed Wallace con i suoi Detroit Pistons continuerà ad essere una delle forze dominanti della Eastern Conference ma gli anni si sentono e cominciano anche a scricchiolare i rapporti tra i compagni: Detroit, l’anno successivo, compila il miglior record dell’NBA e nei playoff battono prima i Bucks poi, in sette partite, i Cleveland Cavaliers. In finale, però, contro una squadra forte come gli Heat  sorgono problemi sulla difesa a zona e i raddoppi tanto criticati dallo spogliatoio dei Pistons. E nella peggior serie della loro stagione i Pistons devono arrendersi in sei gare a degli strepitosi Miami Heat nelle finali di Eastern Conference.

Anche nelle due stagioni successive la squadra raggiunge la finale di Conference, ma viene battuta prima dai Cleveland Cavaliers  e poi dai Boston Celtics con il medesimo risultato: serie che termina 4-2. Nei playoff del campionato 2008-2009 Detroit esce invece al primo turno, sconfitta per 4-0 da Cleveland. Dopo questa sua avventura Sheed si trasferirà prima ai Boston Celtics e successivamente ai New York Knicks. E dopo una carriera praticamente perfetta finora con qualche strascico a Portland, ricomincia ad essere quel giocatore estroso e stravagante venendo risaltato grazie la sua citazione più famosa diventata slogan di offese contro gli arbitri. “Ball don’t Lie!”

Dopo un iniziale ritiro annunciato con i Celtics a causa dei problemi fisici, si ritira definitivamente nel 2013 e nello stesso anno tornerà come assistant coach dei Pistons di Maurice Cheeks.

Per tutti gli amanti di questo gioco è stato più che un semplice idolo, ma un esempio di come i bad boys nel mondo dello sport esistono davvero. In certi momenti della sua carriera è stato scorretto ed era molto difficile da gestire in campo. Ma dal punto di vista del gioco aveva un carisma e una versatilità totale capace di renderlo addirittura amabile.

Rasheed Wallace: love and hate. Ed in fondo è stato apprezzato per il suo modo di essere.

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