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NBA Finals, Draymond Green su LeBron: “Non è Dio”

di Nicola Siliprandi

LeBron James è, oramai indiscutibilmente, uno dei migliori giocatori di pallacanestro della storia. Il livello di eccellenza in ogni aspetto del gioco che porta sui ventotto metri di campo ogni sera non è quantificabile. Qualcuno addirittura potrebbe etichettare il suo “stile” di gioco come divino.

E’ vero. Nascere con quella quantità esagerata di talento – perchè a quei livelli devi davvero esserci portato sin da quando sei nel grembo – e coltivarlo, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, nella maniera in cui lo fa il figlio di Akron, con quel tipo di etica del lavoro, ti fa passare alla storia come predestinato, quasi come se gli dei del basket avessero detto “meglio di così non sappiamo che fare“. Non tutti, però, la pensano così; per quanto marziano James possa sembrare, Draymond Green assicura tutti che, nella realtà dei fatti, non è Dio. Questo un suo tweet della giornata di ieri:

Non avevo poster alle pareti in camera, quando ero bambino. La bibbia dice di non idolatrare gli uomini. E LeBron questo è: un uomo.

Draymond Green, Golden State Warriors.

Draymond Green, Golden State Warriors.

Se le Finals non sono ancora ufficialmente iniziate, lo sono invece gli stuzzichii tra le due squadre interessate: Draymond Green, trash talker di livello assoluto, sa che James è vulnerabile. E oltre a lui, lo sanno i Warriors, e a quanto pare vuole che lo sappia, o quantomeno se lo ricordi, anche il resto del mondo. Lo hanno provato i campioni uscenti della passata stagione, quegli Spurs in grado di asfaltare Miami in sole cinque partite. Ancor prima lo fecero i Mavericks del 2011 (tralasciando le finals del 2007, dove aveva letteralmente portato da solo i Cavs in finale). Non c’è ragione di pensare, effettivamente, che i fenomenali Warriors di quest’anno non possano batterlo: l’MVP  a guidare la squadra, miglior record alle spalle con conseguente fattore campo. E’ doveroso però ricordarsi che dall’altra parte, però, c’è un’organizzazione di primissimo livello, tecnico e dirigenziale; e che nonostante abbia perso per quasi tutti i Playoff un giocatore del calibro Love che, anche senza brillare in questa stagione, la doppia doppia di media la porta sempre a casa, ha quel numero 23 che è riuscito a far passare di mente il problema, superando Chicago prima, asfaltando Atlanta poi.

Il punto di Draymond? Ogni Superman ha la sua criptonite. Però occhio che Superman vola. Si prospettano delle Finals meravigliose, e un pò di peperoncino per rincarare la giusta dose di tensione non può fare che bene all’ambiente, ai giocatori e a noi, impazienti che Giovedì arrivi il prima possibile

 

Per NBA Passion,

Nicola Siliprandi

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