Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimentiDurant l’errore, Giannis la sfida e Booker il fit perfetto: le opzioni dei Rockets sul mercato

Durant l’errore, Giannis la sfida e Booker il fit perfetto: le opzioni dei Rockets sul mercato

di Riccardo Rivoli
udoka rockets

Dopo un’uscita al primo turno di playoffs, è facile andare nel panico. Negli ultimi anni questo spesso si traduce in “comprare KD”. Gli Houston Rockets non sarebbe la prima squadra che, dopo un fallimento ai playoffs, si butta su una superstar nella speranza di alzare il proprio status. Oggi vedremo i pro e i contro di questi movimenti di mercato e gli esempi che la storia recente ci offre.

Contestualizziamo

I Rockets superano nel gennaio 2021 l’era Harden, in cui sono andati stabilmente ai playoffs per 8 edizioni consecutive. Il Barba si trasferisce a Brooklyn, così Houston inizia la sua fase di rebuilding, in cui, tramite draft, costruisce il core di giovani che ancora oggi vediamo a roster: Amen Thompson, Jalen Green, Cam Whitmore, Reed Sheppard, Jabari Smith Jr, Tari Eason e Alperen Sengun sono tutti giocatori nati e cresciuti in maglia Rockets. Durante l’estate del 2023 arrivano in Texas coach Ime Udoka, Dillon Brooks e Fred VanVleet, che insieme danno un’identità alla squadra e portano l’esperienza che mancava per provare a puntare a qualcosa di più. 

Nella stagione 2023-24 Houston già si afferma come una squadra di alta fascia per quanto riguarda la fase difensiva e sfiora i playoff. La squadra continua a migliorare, tanto da  affermarsi come seconda potenza a Ovest nella stagione 2024-25. Al primo turno di playoff incontrano i Golden State Warriors, contro cui perdono in 7 lunghe gare, pagando l’inesperienza e il minor star power. 

Cosa c’è già e cosa manca alla squadra?

Questi brevi playoffs hanno dimostrato che Alperen Sengun è senza dubbio il leader di questa squadra: 20.9 punti, 11.9 rimbalzi e 5.3 assist di media attestano l’impatto che ha avuto per tutta la durata della serie. Il turco deve essere il centro del sistema dei Rockets e Udoka deve usarlo più come playmaker e meno come scorer, se vuole creare un sistema offensivo che funzioni. Infatti Alpy ha ancora molti limiti nel suo gioco: sembra sempre fare una grande fatica ad arrivare al tiro e finisce spesso per prendere tiri non facili da centro area. Infatti ha tirato col 45% dal campo, che per un lungo è poco.

L’altro sotto la lente è Jalen Green, che ha fallito il primo test ai playoffs. L’ex Ignite, oltre ad aver tirato poco e male, è sembrato quasi sempre scollegato dalla serie. Lo stesso non si può dire di VanVleet, che dopo un inizio difficile, si è ripreso e ha giocato delle grandi partite. L’ex Raptors però non è uno scorer di volume o meglio, lo può essere sporadicamente, ma a Houston serve una fonte di punti e di gioco consistente. Se Jalen Green non lo sarà, allora lo si dovrà cercare altrove.

Amen Thompson è forse il miglior atleta in NBA e ha l’intelligenza cestistica per sapere come usare tale strapotere fisico. Nella serie ha avuto dei momenti in cui si è caricato la squadra sulle spalle. È completamente privo di un jump shot affidabile, quindi in estate è essenziale che ci lavori.

Il tiro in realtà è un problema generalizzabile a tutto il roster a disposizione di coach Udoka: fatta eccezione per Dillon Brooks, Houston non ha nemmeno un tiratore, quindi non si può fare altro che muoversi sul mercato per aumentare la pericolosità dall’arco.

I Rockets hanno una panchina ricchissima, utile anche per eventuali movimenti sul mercato: Jabari Smith Jr ha giocato degli ottimi playoffs, ma ti dà sempre l’impressione di essere un giocatore non realizzato. Se rimarrà a Houston continuerà ad avere un ruolo di contorno, che svolge benissimo su entrambe le metà campo, ma non sapremo mai se il suo potenziale possa essere più alto. Tari Eason si è confermato come difensore di altissimo livello, ma in attacco deve migliorare su tutti i frangenti, mentre Steven Adams verrà senza dubbio riconfermato dopo l’apporto inimmaginabile dato a rimbalzo e sotto il ferro. E la panchina è ancora molto lunga: Aaron Holiday e Jae’Sean Tate saranno spendibili sul mercato, mentre Reed Sheppard e Cam Whitmore sono due giovani molto promettenti che fino ad ora hanno trovato troppo poco spazio.

Parliamo anche del coaching staff: Udoka e collaboratori sono tra i più preparati in NBA per quanto riguarda la fase difensiva. Aggiustamenti sia durante che tra una partita e l’altra, difesa a zona, ibridi tra zona e uomo ecc. Se questa grande preparazione viene, giustamente, decantata da tutti, allora, per coerenza, bisogna criticare la non gestione della metà campo offensiva.

Sengun non ha tutte le colpe per il suo 45% dal campo se tutto il resto della squadra sta fermo a guardarlo mentre fa a sportellate con Green; non si può chiedere a Amen Thompson di giocare 1vs1 a difesa schierata contro Butler, mentre gli altri quattro fanno le belle statuine. Nessuno schema lontano dalla palla, nessun taglio, nessun gioco disegnato, tutto affidato all’improvvisazione dei migliori giocatori. Udoka, se vuole diventare un allenatore di livello assoluto, e può diventarlo, deve assolutamente diventare più presente nella guida di entrambe le metà campo. 

Aspettare o cogliere l’attimo?

Pensiamo a tutte le squadre che hanno vinto negli ultimi anni: i Boston Celtics hanno costruito su Brown e Tatum, perdendo per 6 stagioni consecutive, aggiungendo nuovi pezzi al roster ogni anno, fino ad arrivare alla formazione che l’anno scorso li ha portati a vincere il titolo; lo stesso vale per i Denver Nuggets con Murray e Jokic; gli Warriors hanno scelto Curry, Green e Thompson al draft tra il 2009 e il 2012 e ancora oggi, dopo 4 anelli, mantengono lo stesso nucleo (Klay escluso); i Bucks hanno costruito intorno a Giannis e Middleton per 7 anni, lentamente hanno aggiunto i pezzi mancanti al roster e hanno vinto il titolo. Escluse le squadre di LeBron e Kawhi, è da 10 anni che vincono sempre i progetti a lungo termine e continuerà a essere così in futuro, probabilmente con OKC, Minnesota e magari Houston.

È da inizio anno che i Rockets sono sulla bocca di tutti gli insider e analisti, che ogni giorno partoriscono una nuova mock trade in cui una superstar arriva in cambio di una pletora di giovani. Effettivamente Houston ha lo spazio salariale per gestire un contratto da superstar e ha anche lo spazio a roster, soprattutto se si parla di grandi attaccanti, ma è veramente ciò di cui Sengun e compagni hanno bisogno?

A mio avviso Houston si trova davanti non a un bivio, ma a un trivio: la prima opzione è mantenere la squadra sostanzialmente uguale; la seconda opzione è inserire una star plug-and-play; la terza opzione è Giannis Antetokounmpo.

Prima opzione

Questa via ti permette di scoprire qual è il reale ceiling della squadra, coaching staff compreso. Sengun può diventare più consistente in attacco? Thompson può mettere su un tiro affidabile? Green può diventare più costante e migliorare il decision making? Questa è la via migliore per rispondere a queste domande e può essere percorsa per uno o due anni senza temere di sprecare il prime dei giocatori, che sono ancora tutti giovanissimi. 

Scegliendo questa via, scopri se questo roster può essere un terreno fertile per coltivare una contender o se ci sono giocatori inadeguati da sostituire. Ovviamente il contro è che per qualche anno diminuisci la possibilità di vincere, perché troverai dinnanzi a te squadre più mature e attrezzate. 

Attenzione: questa via non toglie la possibilità di fare piccoli aggiustamenti al roster. Un po’ come hanno fatto i Thunder con Caruso e Hartenstein, si possono fare piccoli acquisti, che però non vadano a sconvolgere il roster. Quindi l’acquisto di Cam Johnson o di un qualunque altro tiratore sarebbe contemplato in questa via.

Seconda opzione

Questa è la via di mezzo ed è quella più discussa a livello mediatico. In particolare i nomi che si sentono di più sono Kevin Durant e Devin Booker, in rotta con Phoenix dopo una stagione tragica.

Durant è il giocatore plug-and-play per antonomasia: ovunque tu lo metta lui gioca bene e il suo compito è quello di togliere le castagne dal fuoco quando l’attacco non funziona. Il profilo perfetto per Houston in teoria. Peccato che l’ex Nets abbia 36 anni e abbia ampiamente superato il suo prime fisico e tecnico. Ha dimostrato di non essere più quel giocatore che puoi mettere in mezzo al nulla e sperare di vincere comunque.

Oltre tutto KD è uno che non si inserisce negli ingranaggi della squadra, quindi rimarrebbe la stessa squadra di ora, con tutti i suoi limiti che abbiamo elencato prima, ma con meno possibilità di crescere, perché Durant una ventina di tiri a partita se li prende. Aggiungo un’altra riflessione: non è che, avendo KD che risolve la situazione, Udoka sarebbe ancor meno spronato a migliorare la manovra offensiva? 

Per Devin Booker vale un discorso diverso. DBook può essere sia quello che si inventa canestri dal nulla (non è tanto peggio di Durant a farlo), sia un playmaker che si inserisce nei meccanismi dell’attacco. Da quando Chris Paul si è trasferito agli Spurs, Booker è cresciuto come amministratore dell’attacco e questa sua abilità, insieme alla sua consistenza come scorer, sarebbe una manna per Houston.

Il numero 1 dei Suns però è un obiettivo di mercato molto difficile. Ha altri 3 anni di un contratto da oltre 50 milioni a stagione e negli anni è diventato il simbolo di Phoenix, quindi non sarà facile strapparglielo. Sports Illustrated parla di una possibile trade che coinvolge Jalen Green, Jabari Smith Jr, uno tra Cam Whitmore e Reed Sheppard, oltre a due scelte al draft; ClutchPoints toglie Jabari ma inserisce altre scelte; quasi nessuno parla di Fred VanVleet, che in termini salariali sarebbe perfetto da inserire in una trade di questo tipo, ma probabilmente non suscita l’interesse dei Suns.

A mio avviso l’acquisto di Booker è forse lo scenario migliore per i Rockets, ma non sono convinto che il momento giusto sia già quest’estate. Attenzione anche ai Celtics, che potrebbero decidere di iniziare con lo smantellamento della squadra.  Se così fosse, si libererebbero un po’ di nomi interessanti (Jaylen Brown).

Terza opzione

Giannis Antetokounmpo è in rotta con Milwaukee da diversi anni e quest’estate potrebbe essere quella decisiva. Ci sono tante squadre quotidianamente accostate al greco e Houston è una di queste. In un nostro articolo di qualche settimana fa, rifacendoci alle fonti online, avevamo descritto una mock trade che comprendeva  Tari Eason, Jabari Smith Jr, Cam Whitmore e una caterva di scelte in aggiunta. Forse era stata una previsione anche gentile per i Rockets, visto che in questo pezzo del NYtimes si prospetta addirittura una trade a tre, comprendente i Blazers, in cui Houston vende tutta la squadra per portarsi a casa Giannis e Jerami Grant.

Qualunque sia lo specifico pacchetto di giocatori da sacrificare, il problema resta sempre lo stesso: comprare Giannis Antetokounmpo significherebbe cestinare la propria identità di squadra. Coach Udoka ha preso una squadra che vagava per il campo guardando Jalen Green e Kevin Porter Jr giocare a “H-O-R-S-E” e le ha dato un’identità fondata sulla difesa, sull’intensità, sulla fisicità e l’intento sembra quello di rendere Sengun il giocatore sistema in attacco.

Antetokounmpo non può giocare insieme ad Alpy, perché dominano la stessa zona di campo e perché Giannis sta bene solo se ha il pieno controllo dell’attacco. Quindi dovresti sacrificare Sengun, che è il pezzo centrale dell’identità di squadra. Insieme a lui dovresti comunque mandare via praticamente tutto il roster per creare una squadra di tiratori adatta a stare intorno al greco. Così Houston diventerebbe una Milwaukee 2.0 e Milwaukee diventerebbe Houston 2.0. E la Milwaukee di adesso non stava funzionando un granché bene, quindi se la trasferisci dal Wisconsin al Texas non vedo perché dovrebbe migliorare (l’Ovest è pure più difficile tra l’altro).

Penso che questo sia il peggior scenario per i Rockets. Sarebbe diverso invece se questo giocatore sistema fosse Trae Young. Non ci soffermeremo tanto sulla point guard degli Hawks, perché ancora se n’è parlato poco, ma anche la sua situazione è incerta. Il suo fit sarebbe migliore rispetto a quello di Antetokounmpo, perché Young aiuterebbe Sengun nell’amministrazione dell’attacco, darebbe tante opzioni sul pick-and-roll e porterebbe anche tiro dall’arco. Soprattutto nel crunch time, Ice Trae è uno dei giocatori più mortiferi in NBA, caratteristica che manca assolutamente ai Rockets. Anche lui è un mangiapalloni, ma quest’anno ha dimostrato di sapersi anche mettere a servizio della squadra (non in difesa, dove resta un telepass).

Conclusioni

L’unica priorità dei Rockets dev’essere quella di preservare la propria identità. Per questo dare un’altra chance allo stesso roster credo che sia la via migliore. È ancora presto per definire Jalen Green un “playoff choker”, è ancora presto per trarre qualunque tipo di conclusione sulla qualità del roster. L’unico acquisto che davvero mi interesserebbe, sarebbe eventualmente quello di Devin Booker, anche se significherebbe privarsi di Jalen Green

Anche noi spettatori dobbiamo saper aspettare. Le squadre vincenti non si costruiscono in uno o due anni, ma si costruiscono facendo errori, provando e riprovando anno dopo anno. Questo vale per Houston, per Detroit e anche per OKC, che nel novero delle squadre col core giovane, è quella più avanti; se i Thunder dovessero steccare questi playoffs, aggiungere una star potrebbe non essere una follia, ma i Thunder, appunto, sono più avanti nel percorso.

Vedremo se la dirigenza dei Rockets avrà il coraggio di aspettare o se preferirà fare il gioco delle figurine.

 

You may also like

Lascia un commento