I Golden State Warriors hanno davvero voluto rendere unico e indimenticabile il ritorno in campo di Klay Thompson, 941 giorni dopo il primo dei due gravi infortuni, quello delle finali NBA 2019.
Presentazione in grande stile, con Stephen Curry che chiamato prima di lui dallo speaker del Chase Center sgattaiola dietro a Draymond Green e Klay seduto, assorto sulla panchina ad assaporarsi il momento in cui sentirà il suo nome e numero, e il boato dell’arena che finalmente è diventata anche la sua casa, ufficialmente.
Poi c’è l’omaggio di Green, che non gioca per un problema muscolare ma parte comunque in quintetto, “perché se Klay rientrò in campo con un ginocchio rotto per tirare due liberi, io posso partire in quintetto con un polpaccio indolenzito“. Tutto fa brodo, anzi spirito di squadra quando si parla di gesti simbolici. Dopo la palla a due, Green commette un fallo volontario su Darius Garland e si accomoda in panchina per la serata, il suo messaggio è però arrivato forte e chiaro.
Poi c’è la partita, che altro non è che una prima verifica delle condizioni di Klay Thompson dopo una vita lontano dai campi NBA. Il look è quello promesso da mesi, col capello un po’ più lungo e la fascia tergisudore alla Jackie Moon, e il primo tiro della sua partita va anche dentro, un layup dopo un taglio a ricciolo partendo da sinistra, e contro le braccia protese di Jarrett Allen.
Quando è in campo, gli Warriors cercano solo lui, l’obiettivo è regalargli il miglior benvenuto possibile e Klay, che non è mai stato timido in attacco, accetta l’invito. I primi tiri sono tutti corti, che le gambe un poco tremano anche se si cerca di non darla a intendere. In difesa, un paio di volte Lamar Stevens lo batte e va a schiacciare, e i Cavs nonostante una slavina di palle perse, troppi rimbalzi concessi e i disastri di Rajon Rondo nel primo tempo, restano a contatto.
Steve Kerr concede a Thompson dei “blocchi” da 4-5 minuti all’inizio e alla fine del primo e secondo quarto, lo stesso farà nel secondo tempo. Klay si sblocca nel secondo quarto, a 3 minuti dal termine, quando Jarrett Allen accetta il cambio difensivo su di lui. Il numero 11 lo batte in palleggio, va dentro e schiaccia a una mano sull’aiuto di Stevens, l’intero Chase Center salta assieme a lui. Un minuto dopo arriva anche la prima tripla della sua stagione, quella del 49-41 su scarico di Otto Porter Jr. Il ghiaccio è rotto una volta per tutte.
“Lo dico, ne è valsa la pena, oggi mi ha ripagato di ogni giorno in cui sono stato fuori, in palestra o a fare riabilitazione. Ogni singolo momento. L’ovazione del Chase Center non la dimenticherò mai, l’accoglienza dei nostri tifosi“, racconta Klay Thompson dopo la partita, chiusa con 17 punti in 20 minuti tondi tondi, e ben 17 tiri tentati “Non dico che equivale a vincere un titolo ma ci va molto, molto vicino“.
Nel terzo quarto, quando ogni “pudore” è ormai caduto, Thompson accetta la realtà della partita, ovvero quella di un palcoscenico su cui ogni riflettore è puntato su di lui. E allora il 3 volte campione NBA ne approfitta, tira tutto quello che gli passa per le mani e segna un’altra tripla stavolta in transizione servito da Juan Toscano-Anderson. Uno che nel 2019 nella NBA neppure ci giocava, per dare l’idea di quanto tempo sia passato da quell’ultima volta.
“La schiacciata? E’ stato strano perché in due mesi di partitelle non avevo mai schiacciato! Ma quando il palcoscenico è di quelli importanti divento anche più atletico. Non me l’aspettavo, è stato bello” dice Klay. “Ora so che posso ancora schiacciare e segnare i miei tiri. Da qui in poi, si può solo salire“.
“Direi che non è stato timido in campo, no?” Gongola coach Kerr “Non che mi aspettassi nulla di diverso. La sua intensità oggi è stata pazzesca, la sua fiducia alle stelle dopo così tanto tempo fuori“.
Stephen Curry ha segnato 28 punti, compresa una raffica di 4 triple consecutive nel primo quarto, e se al Chase Center avessero montato un applausometro, avrebbe vinto senza fatica. Steph è il più felice di aver ritrovato il suo gemello tecnico, in una stagione in cui i Golden State Warriors torneranno a giocare per il titolo NBA. In panchina salta, esulta, celebra ogni canestro e ogni giocata di Klay con la verve di un ragazzino. “C’era tutta questa energia da sentire… quando ha segnato i primi tiri mi ci è voluto un momento per riprendermi, tutti sono andati fuori di testa“.
“La verità? E’ stato tutto fantastico, amo la gente qui e i tifosi, e so che hanno sofferto con me negli ultimi due anni“, ancora Klay Thompson “Sapevo sarebbe stato elettrizzante oggi, ma lo hanno reso speciale. Per anni ho cercato di immaginare questo momento e davvero, ne valeva la pena, ogni secondo. Sono davvero felice adesso“.