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Flavio Tranquillo: “Il mio Il Buco nero? La sfida è un giornalismo diverso”

di Michele Gibin
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Con la collaborazione di Carmen Apadula.

Perché uno che si occupa di basket dovrebbe parlare di terrorismo, stragi, violenza politica, comunque quasi di storia contemporanea?” è la premessa con cui Flavio Tranquillo, la voce del basket italiano e della NBA in Italia, presenta il suo “Il Buco nero: storia critica delle strategie della paura“.

Un podcast e serie video scritta e ideata da Flavio Tranquillo e realizzata in collaborazione con Sky TG24. 8 episodi divisi in un episodio, il primo, di introduzione al tema e l’ultimo a tirarne le somme. E in mezzo 6 episodi “che si sviluppano attorno a altrettante parole chiave“:

  • complessità
  • paura
  • ideologia
  • inganni
  • Stato
  • comunicazione

8 episodi dunque, legati da un filo “non cronologico ma neppure atemporale“. E una serie in cui ogni puntata vive anche di vita propria e che potremo vedere come un prodotto stand alone.

Da lunedì 11 dicembre su Sky TG24, in diretta alle 21:00, e quindi in versione on demand e podcast su tutte le piattaforme con due episodi al giorno da 15 minuti, “Il Buco nero” affronterà “un periodo lunghissimo, quello che va dal 1947 al 1994” e “ancora irrisolto a livello collettivo“. Da qui il nome della serie, richiamo a più livelli di concetto, letterale e figurato.

In attesa di vedere la serie, abbiamo chiesto a Flavio Tranquillo di raccontarci qualcosa di più sulla serie, sui motivi professionali e personali che lo hanno stimolato a realizzarla, e che cosa si attende dal suo lavoro.

– Come nasce l’idea della serie? Hai/avete tratto ispirazione da altri prodotti (italiani o esteri)? Quando hai iniziato a sviluppare l’idea avevi in mente già un formato specifico, e questo ha eventualmente subito variazioni in corso d’opera?

“L’idea parte dal contenuto. La forma da dare al contenuto è stata simile ad altre esperienze che avevo fatto (soprattutto ‘Slow News’), ma rimanda al contenuto e al metodo. Questi ultimi sono la causa, la forma e l’effetto”.

– Il titolo “il Buco Nero” mi ha incuriosito, rimanda spontaneamente all’astrofisica. Dunque, quali sono i significati connotativi di quest’ultimo?

“In senso letterale è un riferimento al cratere che si vede in una famosa foto scattata in Piazza Fontana nel 1969. In senso lato rimanda alla profondità e complessità del tema, su cui si dibatte spesso animosamente, come hanno fatto per secoli i fisici sui buchi neri veri e propri”.

– Come pensi che la serie possa impattare sul pubblico che ti segue per il tuo lavoro di giornalista e telecronista di basket?

“Onestamente non mi pongo il problema, nel senso che nessuno dovrebbe essere ‘cristallizzato’ in quello che fa, in un determinato momento, o in una determinata sede. Ho lavorato a questo progetto per mie spinte personali (senso di colpa soprattutto) ma l’ho anche presa come una sfida nei confronti di un altro tipo di giornalismo. Un giornalismo diverso non per il tema, ma per i tempi. In una telecronaca hai qualche millesimo di secondo per elaborare vicende che ti succedono davanti, senza preavviso. Qui ho lavorato sul testo per quasi un anno e sono ancora pieno di dubbi, specialmente adesso che l’uscita si avvicina”.

– Infine, puoi dirci qualcosa di più sul ruolo di Daniele Moretti nel progetto?

“Molto semplicemente, è la persona che ha reso possibile questa ‘strana cosa’. Inoltre ha contribuito in video, in qualità di ‘inviato speciale dal passato’, come cronista di fatti accaduti che abbiamo ritenuto funzionali alla composizione del quadro d’insieme”.

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