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Test rapido per il covid 19 negli USA, la NBA “osserva” i progressi

di Michele Gibin
tyronn lue clippers

In attesa di un vaccino contro il virus Sars-Cov2, per il quale bisognerà attendere almeno fino alla fine del 2020, la scienza medica è al lavoro nel mondo per testare ed applicare su larga scala un test rapido per la diagnosi del covid-19. Dei test immediati faciliterebbero la ormai famosa “fase 2” della forzata convivenza col virus, quella in cui i governi dovranno allentare gradualmente le misure restrittive per far ripartire imprese ed economia, e nel frattempo monitorare costantemente la popolazione, in tempo quasi reale.

Nuove tecnologie che segnerebbero, per quanto riguarda lo sport e la NBA, un passo in avanti verso scenari di ripresa dei campionati, un altro passo importante verso un progressivo ritorno alla normalità. La lega considera lo sviluppo di tali test come una premessa fondamentale nel progetto di riportare giocatori e staff in campo in tempi relativamente brevi.

Nono solo per noi, i test rapidi sono la chiave per un ritorno al lavoro, allo sport, alla vita in generale”, così un alto dirigente NBA a ESPN “Quale che sia la situazione, bisognerà essere in grado di interagire con gli altri in sicurezza, e lo sport non fa eccezione“.

La lega prende tempo ed attende che gli esperti in materia di salute dettino i comportamenti da seguire, in un processo a noi in Italia ben noto, con l’ondata dei contagi che ha preceduto nel nostro paese di alleno due settimane quella del resto d’Europa e degli Stati Uniti. “Sicurezza e salute sono la cosa più importante per noi“, così Mike Bass, portavoce NBA “Una decisione non potrà che arrivare che tra qualche settimana, e sarà presa in osservanza di quanto stabilito dalle autorità sanitarie e dalle direttive del governo“.

Uno dei modelli di test rapido cui la NBA guarda è quello messo a punto dai laboratori Abbott, che come riportato dal Washington Post hanno iniziato a sperimentare negli USA un esame molto simile a quello per il rilievo immediato della glicemia nel sangue per i diabetici. Tale test darebbe risultati affidabili per la diagnosi del virus entro 13 minuti, ed il suo uso è stato approvato dalla Food and Drug Administration in America. I primi a beneficiare dei test saranno medici e operatori sanitari, i primi esposti al contagio, ma qualora la tecnologia dovesse diventare disponibile su larga scala, si potrebbe pensare ad un suo implemento anche nel mondo dello sport.

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In una indagine informale condotta dalla NBA, gli executive delle squadre avrebbero concordato sul fatto che la disponibilità di test rapidi e affidabili comporterebbe un netto progresso, sebbene le difficoltà logistiche di condurre i test su tutte le persone coinvolte nello svolgimento di una partita NBA, dagli atleti in poi, andrebbero comunque affrontate e risolte.

I rischi di “falsi positivi“, e dei contagiati asintomatici ma comunque in grado di infettare gli altri resterebbe, come evidenziato da alcuni executive: “Potremmo trovarci in uno scenario in cui una persona all’apparenza sana, e apparentemente non contagiata, lo sia e venga a contatto con altre persone“. La frequenza dei test sarebbe un altro nodo: l’esame andrebbe effettuato ogni giorno, in un contesto in cui i contatti con le altre persone sarebbero tanti e stretti per giocatori, staff ed inservienti, cosa che incrementerebbe costi e difficoltà logistiche. Ed un solo caso positivo tra i giocatori avrebbe l’effetto di bloccare tutto di nuovo, e definitivamente, tra controlli e periodi di quarantena da imporre ai contatti più recenti.

In un momento in cui nessun ufficiale NBA, Adam Silver in primis, si azzarda tra previsioni e scalette, tra i proprietari NBA la “linea Cuban” è quella più considerata: trasferire le squadre in una sola location, Las Vegas, e costruirvi attorno una sorta di “bolla”, una quarantena che permetta ai giocatori di scendere in campo in sicurezza, con la ragionevole garanzia di test rapidi e affidabili contro il virus. Un progetto mai visto prima, una sfida organizzativa anche per una società abituata a pianificare a lungo termine, e che comporterebbe comunque il pericolo di errori fatali: “Silver è stato il primo commissioner a chiudere tuttospiega un general managerNon vogliamo essere i primi ad aprire per poi ritrovarci con un disastro“.

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