“Ad ogni azione corrisponde una reazione pari e contraria“. Sì, forse non è azzardato tirare in ballo il terzo principio della dinamica per etichettare la serie Rockets-Warriors. I campioni in carica si aggiudicano gara 1, ‘spingono‘ i texani che cadono al Toyota Center; ma, come ci ricorda la nota legge fisica, chi esercita forza su un altro colpo subisce lo stesso mutamento: mutamento che è diventato spinta in gara 2, dove la banda di Mike D’Antoni va a conquistare la vittoria col punteggio di 127-105.
Una vittoria per parte dunque, figlie di una contesa finora parsa equilibrata. Continuerà questo trend anche nelle prossime gare? Dipenderà dagli accorgimenti e dall’approccio dei due team. Per ora, siamo su una situazione di colpo su colpo.
ROCKETS-WARRIORS: DUE GARE, DUE COPIONI DIVERSI
Alla vigilia, uno dei rebus per i biancorossi riguardava la marcatura su Kevin Durant. Rebus che, finora, si è dimostrato di difficile risoluzione. Houston ha più volte cambiato sul numero 35, mettendogli addosso, a turno, Trevor Ariza, Clint Capela, James Harden e perfino Chris Paul. Variazioni persistenti che però non sono servite: l’ala piccola ha fatto valere le sue qualità fisico-tecniche mettendo a referto 37 punti in gara 1 (51.9% dal campo e 50% dall’arco) e 38 in gara 2, con l’eloquente 59.1% dal campo e il 42.9% da tre. Insomma, alla lunga tale fattore può tracciare un profondo solco. Soprattutto se, come nel primo atto, i Warriors riescono ad imporre la loro intensità difensiva: la pressione sulla palla, la copertura sulle linee di passaggio e i continui cambi hanno inceppato l’attacco dei Rockets, costretti a giocare troppi isolamenti. Harden, protagonista grazie a 41 punti, allo stesso tempo si è preso la briga di giocare tanti uno contro uno: i ritmi blandi e lo scarso giro-palla hanno agevolato le letture dei californiani.
Gli svariati cambi difensivi su KD non hanno sortito nessun effetto.
In gara 2 qualcosa però è cambiato. Sì, perchè i texani si sono convinti a premere il piede sull’acceleratore e a sfruttare le transizioni per colpire. La circolazione stavolta è stata più curata, tutti i giocatori sono stati coinvolti nella manovra, venendo invitati alla conclusione. Paul, particolarmente, ha ricevuto molti palloni in modo da dare il via ai contropiedi; molti palloni son passati proprio da Harden, che si è preoccupato di andare a rimbalzo difensivo: questo aggiustamento ha fruttato tiri veloci e puliti. PJ Tucker, ad esempio, dopo una gara 1 da solo un punto ha firmato una prestazione da 22 segnature con un 8/9 dal campo e un 5/6 da tre. O basta pensare ad Ariza e Eric Gordon, che hanno incrementato il loro score da rispettivamente da 8 a 19 punti e da 15 a 27. Un cambio di tendenza che deve essere un monito per il proseguimento della serie. Anche perchè il contributo del supporting cast in tali situazioni è fondamentale: rispetto a gara 1, son stati 30 i canestri realizzati dai giocatori dei Rockets esclusa la coppia Paul-Harden (quota precedente di 17).
LE DIFFICOLTÀ DI CURRY
Stephen Curry, finora, è tra gli uomini ‘in ombra‘ della serie. Il numero 30 non sarà ancora al 100% dopo il suo infortunio, tuttavia bisogna dire di come stia soffrendo le contromisure difensive degli avversari, sempre pronti ad aggredirlo e ad andare in aiuto quando riesce a battere in palleggio il marcatore. Il mismatch con Capela è un autentico grattacapo per la point guard, data l’abilità e le lunghe leve con cui il centro svizzero chiude gli spazi. Se gara 1 è stata comunque buona (18 punti, 6 rimbalzi e 8 assist col 53.3% dal campo e il 20% dall’arco), nel secondo atto non ha brillato, uscendo dal rettangolo di gioco con 16 punti (36% dal campo e un misero 12.5% da tre) , 7 rimbalzi e 7 assist, Quel che gli manca è la continuità dal perimetro, arma grazie alla quale catalizza su di lui molte attenzioni della difesa.
La battaglia ora si sposta ad Oakland, dove il clima sarà infuocato. I Rockets non devono abbandonare la strada intrapresa in gara 2, anzi, devono revisionare ulteriormente il game plan nei dettagli per rispondere colpo su colpo ai campioni in carica, che senza dubbio vorranno reagire rabbiosamente e far valere il fattore campo.