Kyrie Irving è il corrispettivo NBA del protagonista di una serie di spot TV, che chi segue le partite sulle reti USA avrà senz’altro visto, di una nota compagnia d’assicurazioni, il quale con la sua sola presenza genera una catena infinita di danni avvertendo così i malcapitati dell’importanza di avere una buona polizza “to avoid mayhem, like me“.
Le ultime da Irving-Land vedrebbero un Irving impegnato a sondare perlomeno l’interesse di LeBron James a chiedere una trade ai suoi Lakers per trasferirsi da subito ai Dallas Mavericks, dare finalmente vita alla reunion attesa dal 2017 e a un big-three inedito con Luka Doncic. Nei suoi piani, immaginiamo, Irving rifirmerebbe con i Mavericks al massimo salariale (272 milioni di dollari per 5 anni al massimo) e Dallas provvederebbe alla trade con i Lakers sfruttando la volontà di King James di cambiare aria e spostarsi in Texas.
Gli ostacoli a tale piano sono intuibili. Il primo è a livello salariale, LeBron James è sotto contratto fino al 2024 con i Lakers per altri 53.3 milioni di dollari, e potrà uscire dal suo accordo con un anno di anticipo e diventare free agent. Il secondo l’assoluta non volontà dei Los Angeles Lakers di trattare uno scambio per LeBron, specie con una rivale di conference come i Mavericks che – Luka Doncic a parte – non hanno nulla di appetibile da offrire se non i contratti di giocatori come Tim Hardaway Jr, Davis Bertans, Reggie Bullock, JaVale McGee o Maxi Kleber, una futura prima scelta al draft e Josh Green e Jaden Hardy.
E’ dunque più che probabile che il castello di carte di Kyrie Irving sia destinato a crollare per insostenibilità, sempre ammesso che – almeno in un caso come questo in cui sono coivolti nomi e mercati davvero pesanti – la volontà dei giocatori sia diventata ormai così preponderante da smuovere montagne e Gm.
Allargando infatti l’orizzonte del rumor diffuso nella giornata di lunedì da Shams Charania e Chris Haynes, è possibile provare a comprendere cosa davvero potrebbe accadere in uno scenario in cui i suddetti grandi nomi decidono di coalizzarsi, unire le forze quale che sia il costo (per le loro squadre, s’intende). In fondo è già successo, a Brooklyn con Durant, Irving e quindi James Harden, ai Lakers quando LeBron pretese Anthony Davis (e Russell Westbrook…). Persino ai Golden State Warriors che approfittando del clamoroso balzo in avanti del salary cap NBA nel 2016-2017 arrivarono a Kevin Durant via free agency, con KD attrattro da Draymond Green e dal blasone dei suoi arcirivali nella Western Conference.
LeBron James e Kyrie Irving gradirebbero giocare di nuovo assieme. A febbraio Irving chiese la trade anche con la speranza, delusa, di farsi spedire ai Lakers dove LBJ lo attendeva, i Nets anche per ripicca scelsero l’offerta dei Dallas Mavericks. E ora Irving “chiama” LeBron a Dallas forse dopo aver preso coscienza – anche lui! – che manca la volontà dei gialloviola di portarlo a Los Angeles, e quindi niente.
I Dallas Mavericks si trovano sotto l’enorme pressione di costruire attorno a Luka Doncic una squadra in grado di competere ora per la vetta della western Conference e per il titolo, con la fine dell’era Warriors, il futuro incerto degli LA Clippers e di Ja Morant con i Grizzlies, e dei Phoenix Suns tutti da valutare con un nuovo head coach. Kyrie Irving era il miglior giocatore disponibile sul mercato e i Mavs hanno premuto il bottone, e ora sono costretti a rimetterlo sotto contratto alle sue condizioni. E attorno a Doncic e Irving, semmai fossero sufficienti, non c’è a oggi un roster adeguato con Christian Wood e Dwight Powell prossim free agent.
Tecnicamente, i Dallas Mavericks ormai in ballo sarebbero in grado di arrivare a LeBron James via trade sfruttando l’eventuale volontà di LBJ di “premere il bottone”, e creare spazio salariale sufficiente per un free agent di livello. E tra i potenziali free agent che avrebbero senso per Dallas, disponibilità salariale permettendo, ci sono nomi come Jerami Grant, Brook Lopez, Caris LeVert, Kyle Kuzma, e un nome “più uguale degli altri” e che ha legami con LeBron James, ovvero Draymond Green.
Perché proprio Draymond? L’addio del presidente e Gm Bob Myers a Golden State potrebbe essere solo il preludio a altri cambiamenti a Golden State, Green è eleggibile per una ricca estensione di contratto così come Klay Thompson, il roster invecchia e le nuove regole salariali previste dal nuovo contratto collettivo di lavoro CBA impongono ulteriori tagliole per chi supererà il cosiddetto “second tax apron” o upper spending limit, una nuova soglia oltre quella della luxury tax. Da qualche parte, è presumibile, gli Warriors saranno costretti a risparmiare e Draymond Green, il cui contratto prevede una player option da 27.5 milioni di dollari per il 2023-24, è al momento padrone del suo destino, e quindi non cedibile via trade sul mercato.
Per Dallas, arrivare via free agency al solo Draymond Green è quindi un’ipotesi realistica, i Mavs sarebbero una delle poche mete che Dray potrebbe considerare se davvero dovesse lasciare Golden State. Aggiungerci già oggi l’arrivo di LeBron James significa probabilmente sconfinare nella fantascienza.
LeBron potrà però diventare free agent nel 2024, e decidere dove spendere le eventuali ultime stagioni della sua carriera. Nel 2024 James andrà per i 40 anni, raggiungere Doncic, Irving e Green a Dallas per un’ultima cavalcata assieme, per chi la vede dal punto di vista romantico, avrebbe del senso anche tecnico. Occorre certo pazienza, ma per i Dallas Mavericks potrebbe essere una strada percorribile.