Jayson Tatum ha accettato il suo panchinamento ricorrente durante le Olimpiadi di Parigi ma ammesso come sia stato difficile ignorare il diluvio di ironie, opinioni e critiche piovuto dai social durante il torneo. Tatum è stato spesso la “vittima” delle rotazioni di Steve Kerr che non ha voluto mai allungarsi oltre i 10 giocatori, il risultato è stato un alternarsi tra Tatum e Joel Embiid, soprattutto nelle prime partite, come primo degli esclusi accanto a Tyrese Haliburton.
“Non ho mai detto una parola e non ho fatto l’offeso, non mi sono arrrabbiato. Mi sono solo tenuto pronto e ho fatto ciò che mi si chiedeva di fare. E alla fine abbiamo vinto l’oro” ha detto Jayson Tatum a The Athletic.
Tatum che aveva già definito, e a torneo ancora in corso, l’esperienza della panchina come “bagno d’umiltà” dopo una stagione straordinaria a Boston sia a livello personale sia di squadra. E non ha chiuso le porte al ritorno in nazionale per una terza Olimpiade, a Los Angeles nel 2028. “Nell’era dei social vedi e leggi tutto. Vedi ciò che si dice in TV, sui podcast e senti le opinioni di tutti, di chi dice che fosse giusto o che fosse invece oltraggioso. Io avrei ovviamente voluto giocare di più e non mi ero mai trovato in una situazione del genere. Gioco sempre da quando si giocava nelle YMCA (…) ora però ho due medaglie d’oro e un titolo NBA. E ho imparato molto“.
Dei tre Boston Celtics in squadra in nazionale, Tatum è stato quello che ha giocato di meno rispetto a Derrick White e Jrue Holiday. Qualcosa di difficilmente pronosticabile. “Eppure tutti conoscete Tatum no?” Ha detto Holiday mercoledì “E’ un grandissimo professionista e sa sempre quale sia l’obiettivo principale. Non ha neppure bisogno di incoraggiamenti“.