Nonostante il recente ko coi Memphis Grizzlies, i Golden State Warriors continuano a lottare per il primo posto ad Ovest e a recitare un ruolo di primo piano in regular season. Mentre attendevano impazientente il rientro di Klay Thompson, tornato in campo dopo ben 941 giorni, i Dubs hanno messo in fila vittorie preziosissime, trascinati da un Curry in formato MVP. Al fianco del numero 30, numerosi sparring partners hanno offerto un contributo fondamentale alla causa. Tra i vari Green, Wiggins e Payton II, spicca Jordan Poole, che al terzo anno in NBA pare aver raggiunto la tanto agognata consacrazione.
28ª scelta al primo giro del draft 2019, il classe ‘99 ha inizialmente recitato un ruolo marginale tra le file degli Warriors, reduci da cinque finali NBA in altrettante stagioni (di cui tre vinte), riuscendo comunque a scendere in campo in 57 occasioni e a far registrare 8.8 punti a partita nel suo anno da rookie. Nella seconda stagione quasi tutte le sue cifre aumentano, in particolar modo le percentuali al tiro (dal 33% al 43% dal campo e dal 28% al 35% da tre). Gli Warriors arrivano al play-in ma non riescono ad accedere ai playoff, perdendo sia contro i campioni in carica dei Los Angeles Lakers (103-100) che contro i Memphis Grizzlies (117-112).
In quest’ultima gara, Poole è tra i migliori, chiudendo a quota 19 punti con 6/11 al tiro e 3/5 da dietro l’arco. I suoi graduali miglioramenti lo portano ad essere una pedina fondamentale della scacchiera di Steve Kerr. Nella terza stagione nella lega, quella del ritorno di Klay Thompson, l’asticella degli obiettivi dei californiani si alza. Due anni senza playoff, del resto, sono troppi per chi dal 2013 al 2019 ha sempre disputato la post season, vincendo tre titoli nel giro di quattro anni, tra il 2015 e il 2018, e chiudendo ben tre stagioni consecutive col miglior record della lega (2014-2015, 2015-2016 e 2016-2017).
Jordan Poole da MIP? Iguodala ha le idee chiare
Sin dalle prime gare stagionali, Golden State lancia un messaggio alle rivali, vincendo ben undici delle prime dodici partite di regular season. A sostituirsi a Klay Thompson è proprio Jordan Poole, che nell’arco di questi match mette a referto medie di 17.5 punti, 2.8 rimbalzi, 3.3 assist e 1.5 recuperi col 44% dal campo, sviluppando inoltre un’intesa sempre più naturale con il leader della franchigia Curry. Non basta certo a sostituire un All-Star del calibro di Thompson, ma per dare manforte a Steph sì. Dopo la sconfitta con gli Hornets, i Warriors infilano altre sette vittorie consecutive, dimostrando di essere in grado di rialzarsi dopo ogni ko e di riuscire a vincere anche contro avversari più forti sulla carta o nelle serate in cui Curry non è al meglio.
Poole sta viaggiando a medie di 17.2 punti, 3.1 rimbalzi e 3.4 assist col 44% dal campo e il 33% da dietro l’arco. Se dovesse continuare su questa strada, il classe ‘99 potrebbe dire la sua in ottica Most Improved Player, anche se la concorrenza è decisamente folta. In ogni caso, Poole potrà fregiarsi di qualcosa di più importante di un premio individuale, ossia dell’essere riuscito a imporsi in una contender del calibro dei Golden State Warriors, peraltro a soli 22 anni. Da quelle parti, inoltre, più che ai premi individuali si dà priorità al traguardo più importante, quello che farebbe felici tutti, dal primo all’ultimo giocatore del roster: il titolo NBA, già vinto da molti componenti dell’attuale squadra e sulla carta alla portata, soprattutto dopo il ritorno di Thompson.
“Osservo Steph e cerco di replicare ciò che fa. Sarei uno stupido se non lo facessi. Ho la fortuna di poterlo fare nel suo stesso sistema di gioco.”, ha dichiarato Poole in merito alla convivenza con un fuoriclasse del calibro di Stephen Curry. Per lui ha speso belle parole anche uno dei senatori più autorevoli del roster, Andre Iguodala: “Le persone che non lo conoscono non possono capire. Molti credono che non meriti di vincere il premio di Most Improved Player, ma noi lo vediamo da vicino tutti i giorni e conosciamo bene il suo valore.”, le parole dell’MVP delle Finals nel 2015 e tre volte campione NBA, tornato alla corte di Steve Kerr la scorsa estate.