Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti I quintetti del millennio: Minnesota Timberwolves

I quintetti del millennio: Minnesota Timberwolves

di Michele Gibin

A inizio millennio, i Twolves erano una delle squadre più interessanti della NBA. La loro crescita si è coronata con le finali di Conference raggiunte nel 2004; da quel momento in avanti, l’oblio. Complice una lunga serie di scelte sbagliate, dal draft al mercato, Minnesota è sprofondata in una mediocrità che l’ha tenuta fuori dai playoffs per quattordici lunghi anni. Solo nelle ultime stagioni, grazie all’innesto di nuovi talenti e a una costruzione più oculata del roster, la franchigia è tornata rilevante. Ecco il quintetto ideale dei Minnesota Timberwolves dal 2000 in avanti.

Playmaker: Sam Cassell

A inizio carriera, “Sam I Am” è stato una riserva chiave negli Houston Rockets di Hakeem Olajuwon, due volte campioni NBA. Dopo aver cambiato quattro squadre nell’arco di tre stagioni, si è rivelato molto utile anche a Milwaukee, aiutando i Bucks di Ray Allen a raggiungere le Conference Finals. Nel 2003, gli emergenti Timberwolves puntano sulla sua leadership e sulla sua esperienza per salire di livello, e la scelta si rivela azzeccata. Cassell gioca la miglior stagione individuale della sua carriera, guadagnandosi la prima convocazione all’All-Star Game e l’inserimento nel secondo quintetto All-NBA. Insieme a Kevin Garnett e Latrell Sprewell, guida Minnesota alle finali di Conference, perse contro gli ultimi Los Angeles Lakers di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal. Nel corso della serie contro i californiani, Sam subisce un infortunio alla schiena che lo tormenterà a lungo. Nel 2004/05 colleziona appena 59 presenze, e i Twolves, già alle prese con le vicissitudini contrattuali di Sprewell, restano fuori dai playoff malgrado un record ampiamente positivo. In estate Cassell, ai ferri corti con la dirigenza dopo il licenziamento di coach Flip Saunders, viene ceduto ai Los Angeles Clippers.

Guardia: Anthony Edwards

L’esperienza di “Ant Man” a University of Georgia dura appena 32 partite, visto che la stagione collegiale 2019/20 viene sospesa per la pandemia. Un campione comunque sufficiente per convincere i Timberwolves, che lo chiamano prima di tutti al draft NBA 2020. Edwards fa capire subito che la scelta non è stata sprecata; nel suo anno da rookie incanta il pubblico con le sue schiacciate spettacolari, sfiora i 20 punti di media e lascia intendere che, più prima che poi, quella squadra sarà sua. Nel 2021/22, i suoi continui miglioramenti aiutano Minnesota a tornare ai playoffs dopo quattro anni, e Anthony è il migliore dei suoi nella serie al primo turno persa contro Memphis. Nella stagione successiva, Edwards si afferma di prepotenza come il nuovo volto della franchigia, riportandola ai playoffs e facendo il suo esordio all’All-Star Game. La corsa dei Twolves si interrompe nuovamente al primo round, per mano dei Denver Nuggets, ma la stella di Ant Man, che chiude la serie a oltre 31 punti di media, brilla ormai nel firmamento NBA. Nel 2023/24, dopo un Mondiale giocato da protagonista con Team USA, le sue performance stellari permettono a Minnesota di fare corsa di testa a Ovest per gran parte della regular season.

Ala piccola: Kevin Garnett

“The Big Ticket” ha iniziato la sua carriera proprio come ala piccola, salvo poi entrare nella leggenda come una delle migliori power forward di sempre. Nel 2000, KG è già una superstar NBA, nonché il leader incontrastato dei Twolves. Il suo sconfinato repertorio offensivo e la sua presenza difensiva hanno reso Minnesota un’ospite fissa dei playoffs, ma l’ostacolo del primo turno si rivela ogni anno insormontabile. La svolta arriva nella stagione 2003/04; “The Revolution” chiude oltre i 24 punti e i 14 rimbalzi di media, viene eletto MVP e guida la squadra al miglior record della lega. La corsa dei Timberwolves viene fermata alle Western Conference Finals dai Lakers, ma il futuro sembra dalla loro parte. Invece, complici le partenze di Sam Cassell e Latrell Sprewell e una costruzione deficitaria del roster, Minnesota non riesce a tornare ai playoffs. Nel 2007, dopo aver chiuso per il quarto anno consecutivo come miglior rimbalzista NBA, Garnett chiede e ottiene la cessione. Approda ai Boston Celtics, con i quali raggiungerà subito la Terra Promessa. KG lascia i Timberwolves come miglior giocatore della loro storia. Tra il 2000 e il 2007, nel suo palmarès compaiono un premio di MVP, 7 All-Star Game, cinque quintetti All-NBA e 7 quintetti All-Defensive. Il figliol prodigo torna a Minneapolis a febbraio 2015, per chiudere la sua straordinaria carriera esattamente dove l’aveva cominciata.

Ala grande: Karl-Anthony Towns

Il lungo da Kentucky viene scelto con la prima chiamata assoluta al draft 2015, e la sua grande stagione d’esordio, coronata con il Rookie of the Year Award, fa presagire un futuro luminoso nel Minnesota. Di fianco a Andrew Wiggins, prima scelta del draft precedente, Towns colleziona cifre altisonanti, scollinando oltre i 25 punti di media già al secondo anno. Dominante nel pitturato e pericoloso anche oltre l’arco (nel 2022 vincerà addirittura il Three Point Contest all’All-Star Weekend), KAT rappresenta al meglio l’evoluzione dei lunghi moderni. Le ottime performance individuali, però, non coincidono con i successi di squadra; quei Timberwolves non vedono i playoffs nemmeno con il binocolo. A cambiar le sorti della squadra, nel 2017, è l’innesto di Jimmy Butler, che insieme a coach Tom Thibodeau porta un’inedita mentalità vincente al gruppo. Anche Towns compie un notevole salto di qualità, guadagnandosi la prima convocazione all’All-Star Game e l’inserimento nel terzo quintetto All-NBA. La pace dura poco a Minneapolis; dopo l’eliminazione al primo turno contro Houston, Butler entra in conflitto con le giovani stelle e fa le valigie in direzione Philadelphia. Towns, che firma una ricca estensione contrattuale, resta quindi il leader designato di una squadra che sprofonda nuovamente nella mediocrità. Fra il 2019 e il 2021, Karl colleziona appena 85 presenze a causa di infortuni e problemi di salute di vario genere, ma nella stagione 2021/22 arriva finalmente il riscatto; tornato in salute, Towns ritrova l’All-Star Game e il terzo quintetto All-NBA. Con l’aiuto dell’emergente Anthony Edwards riporta i Timberwolves ai playoffs, a cui partecipano anche nella stagione successiva. In entrambi i casi, la corsa si interrompe al primo round.

Centro: Kevin Love

La prima stagione post-Garnett, come da previsioni, è disastrosa, ma porta in dote la terza scelta al draft 2008. Minnesota seleziona OJ Mayo, poi imbastisce una trade con Memphis per arrivare a Love, scelto dai Grizzlies con la quinta chiamata. Il lungo da UCLA parte come riserva di Al Jefferson, salvo poi rimpiazzarlo in seguito all’infortunio di quest’ultimo, e nel corso della stagione si alterna tra i ruoli di centro e ala grande. Chiude il suo anno da rookie sfiorando la doppia-doppia di media, cifre che migliora ulteriormente nella stagione successiva Dopodiché, la partenza di Jefferson lascia a Kevin il timone della squadra. Il 2010/2011 è l’anno dell’esplosione per Love, che guida la lega per rimbalzi (raccogliendone 31 in una partita di novembre contro i Knicks), esordisce all’All-Star Game e viene eletto Most Improved Player. La sua ascesa individuale continua nelle stagioni seguenti, quando Kevin viene inserito due volte nel secondo quintetto All-NBA, vince il Three Point Contest e fa altre due apparizioni alla partita delle stelle. Minnesota, però, languisce nei bassifondi della Western Conference. Anche in virtù di questi risultati, la dirigenza è restia a offrire a Love il maxi-rinnovo contrattuale da lui richiesto, così le parti entrano presto in conflitto. Nell’estate del 2014, Kevin viene ceduto ai Cleveland Cavaliers, con i quali vincerà il titolo NBA da comprimario due anni più tardi.

Sesto uomo: Jimmy Butler (Wally Szczerbiak, Latrell Sprewell, Andrew Wiggins)

Assegnare questo posto a un giocatore rimasto poco più di una stagione a Minneapolis, per poi andarsene sbattendo la porta, può suonare strano. In quei diciassette mesi, però, Butler fa compiere una svolta radicale alla storia della franchigia, riportandola ai playoffs dopo 14 lunghi anni. Con Jimmy in campo, i T’Wolves toccano persino il terzo posto nella Western Conference 2017/18, salvo poi rischiare di scivolare fuori dalla post-season dopo il suo infortunio. La differenza di intensità fra il capobranco e i giovani lupi crea una spaccatura che, in estate, porta Butler a chiedere la cessione. Viene accontentato a novembre 2018, quando passa ai Philadelphia 76ers. Gli altri potenziali sesti uomini del nostro quintetto erano Wally Sczerbiak, All-Star nel 2002, e Latrell Sprewell, il terzo protagonista della splendida annata 2003/2004.

Allenatore: Flip Saunders

Arrivato in Minnesota nel 1995, insieme a Kevin Garnett, Saunders viene assunto come general manager, ma già a dicembre viene spostato in panchina. Per il decennio successivo guida i Timberwolves nella loro epoca migliore. Tra il 1996 e il 2004, la squadra fa presenza fissa ai playoffs, a cui non aveva mai partecipato prima, raggiungendo le finali di Conference nell’ultima di queste annate. La stagione successiva parte male, così a febbraio 2005 il general manager Kevin McHale licenzia Saunders e ne prende il posto in panchina. Flip torna a Minneapolis nove anni più tardi, nell’estate del 2014, e dopo pochi mesi viene raggiunto dal suo vecchio pupillo, Kevin Garnett. Ad agosto 2015, però, il coach annuncia di aver contratto il linfoma di Hodgkin, che ne causerà la prematura scomparsa il 25 ottobre.

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