A Draymond Green non vanno proprio a genio le misure adottate dal nuovo CBA in materia di salary cap, anticipate ieri dopo la chiusura dell’accordo tra NBA e sindacato NBPA e in attesa ora della ratifica ufficiale.
Nel nuovo contratto di lavoro collettivo, la NBA ha cercato di andare incontro alle squadre nei mercati più piccoli creando un cosiddetto “upper spending limit“, in due parole un secondo tetto salariale oltre la soglia della luxury tax che se superato, restringe ancora la flessibilità di manovra sul mercato della squadra che sfora. Limite che dal 2023-24 sarà fissato a quota 17.5 milioni di dollari oltre la soglia della luxury tax.
Le squadre che sforeranno l’upper spending limit non potranno spedire le cosiddette “cash considerations” ad altre squadre in sede di trade, né cedere una scelta al primo giro che cada nei successivi 7 anni, e neppure mettere sotto contratto dei giocatori nel mercato dei buyout. Come già anticipato inoltre, le squadre sopra il limite oltre la luxury tax non potranno beneficiare della midlevel exception concessa di norma alle squadre in territorio di luxury tax.
Una sorta di prigione del Monopoli in cui le squadre che spendono troppo potrebbero finire, e che avrà l’effetto – prevede la NBA – di livellare almeno in parte le discrepanze tra chi può\vuole spendere di più per il proprio roster, e chi no. E che nel tempo porterà anche le squadre più ricche a livellare, anche qui almeno in parte, verso il basso il proprio monte salari per non incappare nelle secche dell’upper spending limit.
In attesa di vedere l’applicazione pratica sul campo di tali misure, il primo a schierarsi contro è stato Draymond Green, star e 4 volte campione NBA dei Golden State Warriors. Per Green, la NBPA ha accettato “un accordo affrettato” con la lega e ceduto quindi troppo in materia di nuove regole salariali: “I giocatori ci rimettono ancora… le squadre ‘piccole’ non spendono perché non vogliono farlo! Loro giocano a perdere. Per cui se aumenti la loro capacità di spesa lo fai solo per questo, loro continueranno a essere mediocri. E noi abbiamo affrettato un accordo solo per questo? Non capisco“.
Draymond Green ha poi approfondito in una serie di tweet il suo pensiero, rispondendo ad alcuni utenti e difendendo l’operato dei Golden State Warriors, che negli anni hanno versato milioni e milioni di luxury tax per costruire e mantenere con successo un roster vincente, “e che ora valgono 8 miliardi, quando arrivai io erano appena stati venduti per 500 milioni“.
Green ha poi annunciato che avrà di più da dire a proposito nel suo podcast, e nel frattempo ha lanciato un’altra frecciata a NBA e NBPA, sul compenso in denaro previsto per il torneo di metà stagione che potrebbe partire già dal 2023-24. In principio il premio avrebbe dovuto essere di 1 milione di dollari a testa per i vincitori, ma che ora ammonta a “soli” 500mila dollari. “Che cosa è successo poi a quel milione che avevano detto quando hanno avuto l’idea? Anche qui ci abbiamo rimesso 500mila dollari“.