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La storia dei loghi NBA: i Golden State Warriors

di Giacomo Greco
Golden State Warriors logo

Decima puntata della rubrica che tratta della storia dei nomi e dei loghi delle franchigie NBA: facciamo tappa in casa Golden State Warriors e il loro logo, cambiato dieci volte nel corso degli anni.

La franchigia nel corso della sua storia gioca in diverse città: Philadelphia, San Francisco, Daly City, San Jose, San Diego, Oakland, e ancora San Francisco. Tranne che per le prime 16 stagioni, la base è sempre la California, il “Golden State”, lo Stato dell’oro.

La California infatti si è sviluppata nella seconda metà del 1800 dopo la scoperta dei filoni auriferi che portarono alla fondazione delle prime città.

Scopriamo assieme come si è arrivati al nickname Warriors, oltre che la storia della franchigia e dei suoi numerosi loghi.

Le origini dei Golden State Warriors: dalla BAA alla NBA

Steve Kim e Peter Tyrrel, i primi proprietari della franchigia, convincono altri proprietari a finanziare la creazione di una lega professionistica in competizione con la NBL.

Nasce così la BAA (che poi si fonderà nel 1949 con la NBL dando vita alla NBA).

Gli stessi Kim e Tyrrel danno il nickname Warriors alla neonata franchigia, riciclando il nome dei Philadelphia Warriors, militanti nella ex ABL dal 1926 al 1929. Gli Warriors sono una delle tre franchigie presenti sin dalla prima stagione BAA ad essere arrivate fino ad oggi, le altre due sono i Boston Celtics e i New York Knicks.

La curiosità è che gli Warriors adottano il loro primo logo a stagione già iniziata.

Un pellerossa disegnato in stile cartoon con una piuma gialla in testa, che palleggia con una palla gialla, con l’iscrizione WARRIORS disegnata a mano anch’essa gialla.

Il logo usato dai Philadelphia Warriors dal 1947 al 1951

Logo Philadelphia Warriors 1947-1951

Gli Warriors sono i primi campioni BAA (e quindi NBA), trascinati da Joe Fulks, futuro Hall of Famer, travolgendo in finale i Chicago Stags 4-1.

L’anno successivo falliscono il bis perdendo la finale contro i Baltimore Bullets.

Si arriva al 1952 quando il logo degli Warriors viene aggiornato: il pellerossa è contornato di blu, appare anche il nome della città e il movimento della palla dà vita alla lettera W, richiamando così il nickname.

Il logo usato dai Philadelphia Warriors dal 1952 al 1962

Logo Philadelphia Warriors 1952-1962

E’ con questo logo che la franchigia vince il suo secondo anello, nel 1956 battendo in Finale i Fort Wayne Pistons per 4-1; un risultato inaspettato, le tre stagioni precedenti si erano tutte concluse senza qualificazione ai playoffs.

Wilt Chamberlain è un Warrior

Nel 1959 irrompe un marziano: il suo nome è Wilt Chamberlain, nativo proprio di Philadelphia (come tutti gli altri 4 compagni del quintetto degli Warriors), reduce da un’annata con gli Harlem Globetrotters.

Chamberlain diventa subito il giocatore NBA più pagato, e con ragion veduta: nella prima partita contro i New York Knicks, piazza una paurosa doppia doppia da 43 punti e 28 rimbalzi.

Chamberlain è la grande attrattiva degli Warriors, sin dalla prima stagione. E’ contemporaneamente Rookie dell’anno ed MVP (ci riuscirà solo Wes Unseld in seguito) con 37 punti e 28 rimbalzi di media.

Gli Warriors sono eliminati al secondo turno dei playoffs per mano dei Boston Celtics in una serie molto dura.

Le attenzioni riservate a Chamberlain dai Celtics, con falli duri e sistematici per sfruttare le sue scarse percentuali ai tiri liberi, portano ad un evento inaspettato.

Dopo una sola stagione, annuncia il ritiro dicendosi stanco di essere sempre triplicato ad ogni partita e di finire sempre a tirare dalla lunetta.

Un aumento dello stipendio, portato a 65.000 dollari annui, fa passare la paura…

Chamberlain rientra alla grande e nella terza stagione esagera: 50.4 punti (!) e 25.7 rimbalzi a partita, compresa la notte storica del 2 marzo 1962, quella dei 100 punti segnati contro i New York Knicks sul campo di Hershey, in Pennsylvania.

Gli Warriors però si fermano nei playoffs davanti ai dominatori assoluti del periodo, gli inarrestabili Boston Celtics.

Lo sbarco in California degli Warriors

Sempre nel 1962 la franchigia viene acquistata da Franklin Mieuli, uomo d’affari californiano.

La prima mossa del nuovo proprietario è di portarsi gli Warriors a casa sua, nella Bay Area di San Francisco.

Nascono così i San Francisco Warriors.

Il terzo logo della franchigia è formato da tre cerchi concentrici: uno esterno giallo con contorno blu, un secondo cerchio bianco con al suo interno il nome della squadra, e l’ultimo cerchio giallo con all’interno il copricapo tipico dei pellerossa.

Il logo usato dai San Francisco Warriors dal 1963 al 1969

Logo San Francisco Warriors 1963-1969

Saranno anche San Francisco Warriors, ma la squadra gioca nel Cow Palace a Daly City, cittadina a sud di ‘Frisco.

La squadra non decolla nella nuova sede, non riuscendo a guadagnare l’amore dei tifosi locali; certo contribuisce la piccola location di Daly City.

La presenza del pubblico nelle partite casalinghe è drammaticamente bassa, e spesso gli Warriors provano a giocare anche a San Jose e Oackland per allargare la propria fanbase.

Problemi finanziari portano gli Warriors a doversi privare di Chamberlain (avendo nel frattempo trovato nel draft il suo erede, Nate Thurmond), inserito in una trade che lo porta di nuovo a Philadelphia, nei 76ers (gli ex Syracuse Nationals).

C’e una nuova star in città

Non passa tanto tempo prima che gli Warriors arruolino una nuova superstar.

Nel draft NBA 1965 ecco arrivare Rick Barry, che già alla seconda stagione trascina la squadra alle Finals venendo però battuta (ironia della sorte) dai 76ers trascinati da Wilt Chamberlain.

In estate Barry rompe clamorosamente con la dirigenza per la mancata retribuzione di premi che lui riteneva fossero dovuti, e decide di andare a giocare nella lega concorrente, l’ABA, negli Oakland Oaks.

Parte una guerra legale tra la franchigia e il giocatore: Barry per un anno deve restare fermo fino a quando non riceve il benestare per trasferirsi in ABA.

Senza di lui gli Warriors non sono più una candidata al titolo, e cominciano a giocare alcune partite anche ad Oakland.

Nel 1970 per la prima volta il logo degli Warriors non è più legato ai nativi pellerossa, ma raffigura uno dei monumenti più celebri al mondo. Il simbolo di San Francisco, il Golden Gate Bridge, 2,71 km di lunghezza, è il nuovo protagonista.

Il profilo del ponte, di colore blu (anche se nella realtà è arancione) è incluso all’interno di un cerchio giallo con bordo blu, con l’iscrizione “The CITY” nella parte superiore.

Il logo usato dai San Francisco Warriors dal 1970 al 1971

Logo San Francisco Warriors 1970-1971

1972, nascono i Golden State Warriors

Il nuovo logo degli Warriors dura solo una stagione; la squadra viene rinominata “Golden State Warriors” per poter “abbracciare” tutta la California (il “Golden State”) e si trasferisce ad Oakland.

Resta il cerchio giallo/arancione, al suo interno viene inclusa la forma dello Stato della California con una stella blu che identifica la Bay Area di San Francisco.

Il logo è completato da GOLDEN STATE al di sopra del cerchio e WARRIORS al di sotto.

Il logo usato dai Golden State Warriors dal 1972 al 1975

Logo Golden State Warriors 1972-1975

Gli Warriors diventano così, assieme ai New England Patriots, l’unica squadra degli sport professionistici americani senza alcun riferimento alla propria città o al proprio Stato nel nome.

La grande notizia per la franchigia è il ritorno in squadra di Rick Barry,  che sarà il grande protagonista dell‘anello del 1975.

Gli Warriors lo vincono dopo aver eliminato in serie Seattle SuperSonics, Chicago Bulls, e aver torchiato nelle Finals gli Washington Bullets battuti con un secco 4-0.

Quella serie è con i Bullets è storica, la prima serie playoffs NBA nella storia in cui si affrontavano due squadre guidate da coach afroamericani.

Nessuno credeva all’anello in casa Warriors, tanto che la Coliseum Arena di Oakland era stata già prenotata per altri eventi nel corso dei playoffs, e la squadra tornò a giocare le partite interne al Cow Palace di Daly City…

Nel 1976 viene creato un nuovo logo, che resterà in vigore per 12 stagioni.

 Il cerchio diventa giallo, resta il profilo della California ma vengono incluse delle linee nel cerchio che vanno a ricreare un pallone da basket.

Il logo usato dai Golden State Warriors dal 1976 al 1988

Logo Golden State Warriors 1976-1988

Warriors: una squadra da corsa, anzi da Run TMC

1986: gli Warriors vengono acquisiti da Jim Fitzgerald, fino all’anno precedente presidente dei Milwaukee Bucks.

Da ben nove stagioni gli Warriors non partecipano ai playoffs con la “ciliegina” sulla torta della stagione 1984/85 conclusa con appena 22 vittorie.

Nonostante tutto, il pubblico rimane affezionato alla squadra in attesa di tempi migliori: gli Warriors sono sempre ai primi posti NBA per pubblico pagante.

E i tempi migliori non tardano ad arrivare: Don Nelson viene assunto nel doppio ruolo di head coach e general manager, dai draft arrivano in serie Chris Mullin, Mitch Richmond e Tim Hardaway.

Nasce una squadra da corsa, folle, divertente da vedere, con la difesa vista come optional.

Il logo degli Warriors subisce una leggera modifica nel 1989: il cerchio assume un tono arancione, e le lettere che compongono il nome della squadra sono scritte in grassetto e con un carattere più appiattito.

Il logo usato dai Golden State Warriors dal 1989 al 1997

Logo Golden State Warriors 1989-1997

Gli Warriors stravolgono i canoni della NBA, abituata per la gran parte a vedere gioco a metà campo; la stagione 1989/90 è significativa, Golden State segna 116 punti a partita ma nel contempo ne subisce 119 e manca l’accesso ai playoffs.

Nella successiva offseason, il “San Francisco Examiner”, giornale locale, indice un concorso per trovare un nickname adatto a Mullin, Richmond e Hardaway, in modo da aumentare ancora di più il già considerevole seguito della squadra.

Il risultato è eccezionale: Run TMC (dalle iniziali dei nomi delle 3 star, Tim, Mitch e Chris) che richiama i Run DMC, celebre gruppo hip-hop dell’epoca.

La stagione 1990/91 vede gli Warriors finire col settimo seed ad Ovest.

Al primo turno i San Antonio Spurs si devono arrendere all’esuberanza dei ragazzi della Baia. Warriors che però si devono poi arrendere ai Los Angeles Lakers di Magic Johnson, Sam Perkins, James Worthy e Byron Scott.

In estate arriva la trade per Mitch Richmond, che viene spedito a Sacramento (in sostanza in cambio di Billy Owens) per cercare di costruire una squadra più equilibrata: esperimento che fallirà in pieno…

Nel 2000 gli anni bui, con la scintilla del “We believe”

Gli Warriors sembrano avere un futuro luminoso davanti, nessuno in quel momento può immaginare che nelle successive 15 stagioni arriveranno ai playoffs solo due volte, con ben dodici stagioni consecutive chiuse con la regular season…

Il tutto nonostante buonissimi giocatori a roster nel corso degli anni, come Latrell Sprewell, Joe Smith, B.J. Armstrong, Larry Hughes, Antawn Jamison, Gilbert Arenas

Nel mezzo di questi anni bui, nel 1998 il logo viene rivoluzionato.

Il cerchio arancione diventa ufficialmente una palla da basket con i contorni ben definiti; davanti al pallone ecco un supereroe con un costume blu. Il supereroe tiene tra le mani un fulmine che si fonde con la lettera W di WARRIORS.

Il logo usato dai Golden State Warriors dal 1998 al 2010

Logo Golden State Warriors 1998-2010

L’unico sprazzo di luce in mezzo ad anni bui è la stagione 2006/07.

Golden State arriva ottava ad Ovest (grazie a 16 vittorie nelle ultime 21 partite) e affronta al primo turno playoffs i Dallas Mavericks.

I texani sono reduci dalla sconfitta alle Finals nella stagione precedente contro i Miami Heat ma soprattutto dal miglior record in stagione regolare e con Dirk Nowitzki MVP.

Gli Warriors però scioccano la NBA vincendo la serie 4-2.

E’ la squadra di Baron Davis, Stephen Jackson, Jason Richardson e dell’infuocato pubblico della Oracle Arena, che carica la squadra al grido di “We Believe”, lo slogan ufficiale di due mesi davvero esaltanti (per la cronaca, Golden State si arrenderà poi agli Utah Jazz in semifinale di conference, 4-1).

Ma il meglio sta per arrivare con l’ingresso nella seconda decade del nuovo millennio.

La programmazione porta al dominio Warriors

Nel luglio 2010 c’è il gran ritorno del Golden Gate Bridge all’interno del logo degli Warriors, dopo uno studio condotto dal club assieme alla NBA e ad Adidas.

Stavolta il cerchio è azzurro ed il ponte è giallo, quindi tonalità invertite rispetto al logo utilizzato dai San Francisco Warriors.

Rimane la scritta GOLDEN STATE al di sopra del logo, con la scritta WARRIORS al di sotto e con un carattere più grosso.

Il logo usato dai Golden State Warriors dal 2011 al 2019

Logo Golden State Warriors 2011-2019

Nella stessa annata, nuovi proprietari per la squadra: Joe Lacob e Peter Guber acquistano la franchigia per la cifra di 450 milioni di dollari, nuovo record dopo i 401 milioni necessari per l’acquisto dei Phoenix Suns nel 2004.

Una cifra ritenuta folle da tante persone, per una squadra che ha appena chiuso la stagione con un record di 26-56.

Ma Lacob è chiaro:

“Il nostro obiettivo è vincere. Riteniamo che sia un’ottima opportunità e che abbiamo molto potenziale. Ma si tratta solo di vincere. Stiamo per cambiare la direzione della franchigia”.

Non sono parole al vento: a roster c’è già Stephen Curry, scelto nel draft 2009 da Davidson.

Arrivano in serie nel 2011 Klay Thompson da Washington State, nel 2012 Draymond Green (addirittura con la scelta n.35) da Michigan State e nel 2013 Andre Iguodala dai Philadelphia 76ers.

Ma oltre al parquet, gli Warriors vengono rivoltati anche a livello dirigenziale con l’assunzione di dirigenti capaci come  Jerry West, Bob Myers e un rafforzamento del settore commerciale della franchigia.

Nelle intenzioni della dirigenza, c’è poi la scelta di tornare a San Francisco nel giro di alcuni anni, intenzione annunciata nel maggio 2012 in una conferenza stampa.

I risultati non tardano ad arrivare, anche tramite scelte non facilmente comprensibili nell’immediato dai tifosi.

La trade Monta Ellis-Andrew Bogut (con la notizia accolta dai fischi dei tifosi) o l’esonero di Mark Jackson e l’assunzione di Steve Kerr come head coach.

Si crea una vera e propria Warriors’ Culture: una squadra che diverte in campo, vincente e con un superbo front office, che domina la scena a partire dal 2014/2015.

Grande orgoglio per la creatura Warriors nelle parole di Lacob del 2015:

“Devi costruire una cultura rispettosa. Non volevamo cattive persone negli spogliatoi o nel front office. Quando sono subentrato, abbiamo ripulito tutto. Ci siamo sbarazzati di molte persone, ma adesso abbiamo un grande gruppo di ragazzi in campo e un grande gruppo di persone nel front office. Non c’è un cattivo ragazzo nel nostro spogliatoio. Abbiamo costruito una cultura ed una organizzazione che non è seconda a nessuno in tutta l’NBA”.

Come dargli torto?

2015-2019, i trionfi

Golden State vince l’anello nel 2015 battendo 4-2 i Cleveland Cavaliers; la stagione successiva la squadra fa il vuoto, con un record in regular season di 73-9, il migliore di sempre.

Nei playoffs i primi segnali di allarme arrivano alle Western Conference Finals, con Oklahoma City che si porta sopra 3-1, ma Golden State ribalta una serie esaltante e vince 4-3.

Le Finals sono ancora contro Cleveland, e il destino si diverte a descrivere un esito completamente opposto rispetto alla serie contro OKC.

Avanti 3-1 nella serie, Cleveland ribalta l’inerzia vincendo poi 4-3 trascinata dai sontuosi LeBron James e Kyrie Irving.

In estate, Kevin Durant si accasa nella Baia da free agent e nasce una delle squadre più forti di sempre.

Gli Warriors possono contare sulla cosiddetta “Death Lineup” : Green-Durant-Iguodala-Thompson-Curry, oltre a Shaun Livingston, Zaza Pachulia, David West dalla panchina.

Oggettivamente troppo per ogni avversario: arrivano in serie gli anelli del 2017 e del 2018 sempre contro Cleveland e una sconfitta nelle Finals 2019 contro i Toronto Raptors (con l’attenuante di Kevin Durant infortunato)

Si calcola che il valore commerciale della franchigia sia salito ad oltre 1.3 miliardi di dollari, quasi triplicato in dieci anni.

Il grande ritorno a San Francisco

Il 14 giugno 2019 nuovo logo per gli Warriors: toni più scuri, l’azzurro diventa blu e il giallo del ponte è più marcato.

Il logo usato dai Golden State Warriors dal 2020

Logo Golden State Warriors 2020-Oggi

A settembre viene inaugurato il Chase Center, la nuova avveniristica arena a San Francisco.

Il Chase Center ha il più grande maxischermo mai installato in un’arena sportiva, 136 suites, 8 cucine, 29 ristoranti, 552 spillatrici di birra alla spina ed è costato 1.2 miliardi di dollari, finanziato interamente da privati.

La prima stagione al Chase Center è da dimenticare: record di 15-50, il peggiore NBA, complici gli infortuni che lasciano fuori per tutta la stagione sia Stephen Curry che Klay Thompson, e l’addio di Kevin Durant che si accasa ai Brooklyn Nets.

Ma la fortuna arride a Golden State: scelta numero 2 nel draft 2020, che potrebbe anche essere usata come merce di scambio per migliorare il roster.

Occhio, Golden State sarà ancora protagonista nelle prossime stagioni…

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