Sombor, Serbia
Nikola Jokić nasce il 19 febbraio a Sombor, una città che fa parte della provincia autonoma della Voivodina, provincia con una storia antica ed estremamente intensa che risale addirittura all’epoca romana. Praticamente al confine tra la Croazia e l’Ungheria, nella storia contemporanea è stata una delle regioni centrali dell’impero austro-ungarico fino a diventare parte del regno di Jugoslavia nel 1918.
E Jokić nasce nel 1995, negli anni dove le guerre interne sono più forti che mai, tant’è che la stessa Sombor, nel 1999 è teatro di bombardamenti da parte della NATO, all’apice del suo intervento in quelle zone.
La famiglia Jokić, però e fortunatamente, è abbastanza estraniata da quella situazione, e pur mantenendo un forte amor proprio rispetto alle origini, non entra direttamente in pericolose situazioni.
Essendo di gran lunga il più piccolo della famiglia i genitori hanno voluto preservare la sua crescita, anteponendo lo studio a tutto il resto. E anche i suoi fratelli, Nemanja e Strahinja, si sono assicurati che il fratellino crescesse secondo sani principi: i loro. Competizione e scherzi pesanti sono all’ordine del giorno. Del resto, a detta dello stesso Nikola, il soprannome di Strahinja è “il bullo”.
Ma per i due fratelli non è soltanto la vittima preferita. Come in molti hanno detto, sono probabilmente loro due il motivo principale dietro il rifiuto della notorietà, il non voler stare davanti ai riflettori e la trasparente umiltà non forzata di Nikola.
Una “scelta” che per il momento sta pagando sicuramente dal punto sportivo, ma anche empatico, con tanti tifosi che apprezzano il giocatore serbo, tra le altre, per il suo essere genuino e il non volersi porre su nessun gradino più alto.
La passione per la palla a spicchi è roba di famiglia, con specialmente Nemanja che è di più di un discreto giocatore. Nel giro di pochi anni, Nikola diventa sempre più alto. Si avvicina inevitabilmente al mondo del basket, spronato anche da papà Branislav.
Jokić è interessato sì, al basket, ma lo è ancor di più ai cavalli. Ma la famiglia ha lo spirito cestistico, la crescita in altezza è vertiginosa e sia Branislav che i due fratelli si accorgono che il ragazzino sembra avere un discreto talento naturale. A un certo punto, si deve fare una scelta.
“Io voglio fare il fantino” dice Nikola. Ma questa volta si ascolta papà. E menomale per noi.
Entra nelle giovanili del Vojvodina Srbijagas, la squadra del posto. E lo fa senza nessun contratto e senza, forse, nessuna aspettativa. Fondamentalmente non è che gli interessi poi molto. Facciamo contenti papà ma alle mie condizioni, continuando ad andare sui cavalli.
E poi che succede? Succede, completamente a caso, che arriva Miško Ražnatović.