Kyrie Irving

“All I was thinking in the back of mind was Mamba Mentality.”

Il punteggio dice 89 pari, mancano una manciata di secondi alla fine. La palla arriva tra le mani di Kyrie Irving: palleggio, cross over su Curry, tiro. In quel momento tutta Cleveland, tutto l’Ohio ha pregato che quel tiro entrasse dentro il canestro. Quello che nessuno poteva sapere è che nella testa di Irving c’era un pensiero, c’era l’immagine di un giocatore a cui ispirarsi in una situazione come questa: Kobe Bryant. Con un presupposto del genere, alla fine dell’arcobaleno disegnato dallo Spalding non poteva che esserci il canestro del 92-89, quello che ha dato la spallata definitiva alla partita. Il fatto che il numero 2 in maglia Cavs stia diventando un giocatore sempre più “clutch”, proprio come il “Mamba”,  lo dimostrano le medie della regular season confrontate a quelle dei playoff: se le medie di rimbalzi ed assist non sono variate (rispettivamente 3.0 e 4.7 a partita) i punti passano da 19.6 a 25.2, le percentuali dal campo salgono dal 44.8% al 47.5%, da 3 punti passa dal 32.1% al 44.0%. Queste poi vengono ritoccate nelle Finals, dove Irving ha toccato quota 27,1 punti di media con il 46.8% dal campo, conditi da 3.9 assist e rimbalzi di media e 2.1 rubate.

IRVING PUNTA CURRY, POI LASCIA PARTIRE IL TIRO CHE DECIDE LA PARTITA

IRVING PUNTA CURRY, POI LASCIA PARTIRE IL TIRO CHE DECIDE LA PARTITA

I titoli dei giornali ovviamente parlano della promessa mantenuta da Lebron James, meritatissimo MVP di queste finali, e della sua tripla doppia. Giusto così. È lo stesso Kyrie a porsi come secondo violino quando in un’intervista rilasciata ad ESPN dichiara:

“I’m very thankful that I have a guy like that that’s leading our team that I can continue to learn from. And when my time does come of being able to lead a franchise and see the landscape of how it’s supposed to be composed, I watched Beethoven right now of LeBron James compose a game. He had a freakin’ triple-double in Game 7 of an NBA Finals game. There will still be naysayers, but I know it doesn’t matter to him. It doesn’t matter to me. All that matters is we’re champions, and our whole team is etched in history.”

Quando uno con il talento di Kyrie Irving, espresso per altro già ad elevatissimi livelli, accetta di aver ancora qualcosa da imparare da qualcuno, non si può che tirare giù il cappello. A 24 anni ha vinto un titolo NBA da protagonista e questo non può che velocizzare il suo processo di maturazione, che lo porterà a diventare un giocatore ancora più clamoroso. Uno che, dopo una partita da 26 punti col canestro decisivo in una Gara 7 delle Finals, ha l’umiltà di scusarsi con una giornalista perchè l’abbraccio al suo capitano stava togliendo tempo all’intervista. Questo è Kyrie Irving: il fenomeno che vive e lavora a testa bassa, ma che gioca a testa alta.

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