Vi raccontiamo storie da Lakers, ovvero racconti di giocatori e partite storiche dei Los Angeles Lakers, la squadra più forte di sempre
I Lakers dovrebbero seguire l’esempio di rebuilding dei 76ers?
“A Lakerlandia sono conosciuti due stati d’animo, estati e tormento, panico ed eccesso d’ottimismo.”
I Los Angeles Lakers hanno iniziato la stagione come in pochi si aspettavano. Il record di 9-11 sembrava dar speranze di playoff ai tifosi losangelini, perché Brandon Ingram ancora doveva integrarsi del tutto e coach Walton era solo all’inizio della sua esperienza. Ma le cose non sono proseguite bene, fino al 19-39 attuale. Il rischio di perdere la prossima scelta per il ricco draft 2017 e l’esempio dei 76ers, sono motivazioni valide per tankare. La rebuilding gialloviola non è mai stata così intrigante e il processo per tornare grandi prevede 4 fasi:
1) Estasi
Dopo aver vissuto una delle stagioni più deprimenti, con sole 17 vittorie e il farewell tour lungo un anno di Kobe Bryant, l’arrivo di Brandon Ingram, la crescita dei giovani, il nuovo coach e l’inizio esaltante hanno portato la situazione all’estasi. L’illusione di aver imboccato la strada giusta, quella che porta ai playoff, non è durata parecchio. E’ stata una fase intensa, nella quale i tifosi gialloviola sono ‘rispuntati’ dappertutto e i sogni di gloria non sembravano così irreali. Il picco d’estasi è stato il 4 Novembre dopo la vittoria contro i Golden State Warriors per 117-97, mentre il tramonto della prima fase è avvenuto alla Vigilia di Natale. Al Christmas day la squadra di Walton arrivava con 12 sconfitte nelle precedenti 13 gare disputate. L’amara vittoria nel derby natalizio coi Clippers non ha cambiato le cose.
2) Tormento
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Finito il periodo estasiante, è iniziato il tormento. La reazione classica di quando ci si accorge di essere entrati in una fase tormentata, è cercare i colpevoli. Uno dei principali indiziati è il rookie Ingram. Dopo la notizia dell’infortunio di Ben Simmons, l’ex Blue Devils era dato come uno dei favoriti per il ROY. Il numero 14 è un 1997 e fisicamente si sapeva avrebbe fatto fatica. Walton all’inizio, infatti, lo ha fatto partire dalla panchina per aiutarlo ad ambientarsi in NBA. I dati dimostrano che da quando parte titolare riesce ad incidere maggiormente nei tabellini. Nelle partite vinte le percentuali di tiro sono davvero notevoli e può solo che migliorare, di pari passo, alla squadra.
Dunque, è chiaro che i Lakers non hanno scelto un bust, ma è altrettanto lampante che per vedere un Ingram al massimo, una versione Lite di Kevin Durant, c’è da attendere ancora un po’. Non tutti i patemi sono figli dell’ex Duke, anche da altri giovani come Randle, Russell e Clarkson ci si aspetta di più. Il talento non manca e offensivamente i problemi sono pochi: migliorare nel tiro da tre deve essere un obiettivo, per aprire l’area e colpire con le penetrazioni di Randle &Co. Difensivamente invece, c’è tanto su cui lavorare.
Il tormento è uno stato d’animo difficilmente sovvertibile, logora dentro e può portare al panico.
3) Panico
Per assicurarsi Steve Nash e Dwight Howard i Lakers si sono letteralmente svenati. Se non finiranno in top 3 la scelta sarà dei 76ers e una first pick del 2019 non protetta andrà ai Magic. Invece se manterranno la prima scelta 2017, ai Sixers andrà una non protetta del 2018 e le seconde scelte di 2017 e 2018 andranno a Orlando. Per motivi dovuti al draft dunque, in molti vedono con un pizzico di malizia i risultati negativi recenti. La dirigenza californiana potrebbe, in effetti, aver scelto di ricalcare le impronte lasciate da Philadelphia.
Dov’è il panico? Beh, si prospetta un finale di stagione alquanto amaro, se principalmente si penserà alla lottery. L’essere a Los Angeles e aver scritto Lakers sulla maglia, conta sempre meno, la dimostrazione viene dalle decisioni Aldridge e Durant a lungo cercati.
4) Eccesso d’ottimismo
Arriviamo alla quarta e ultima fase. A Los Angeles non ci si perde d’animo e quindi una volta superato il panico, si passa alla stabili…macché si va direttamente all’eccesso d’ottimismo.
Al draft i Lakers verosimilmente potrebbero puntare su un giocatore come Josh Jackson, Jayson Tatum, o Jonathan Isaac, il tutto dipenderà anche da eventuali movimenti di mercato. Quanto si crede in Randle, in Russell e in Clarkson? Tutti questi discorsi sono superati, perché le voci di Davis e Westbrook a LA nel 2018 già impazzano. Di credibile, ad oggi, c’è ben poco, ma mai dire mai.
Seguire il diktat di Hinkie non è possibile al 100%, dato che la ricostruzione è già partita, ma una cosa però la dirigenza Lakers la può fare, chiedersi WWHD (What Would Hinkie Do?) ogni volta che ci sarà da compiere una scelta importante. Una cosa è certa, Magic Johnson (neo dirigente gialloviola), Kupchak e gli altri lo sanno, il pensiero deve essere fisso su come riportare in alto la franchigia. Metabolizzare le 4 fasi di rebuilding, lavorare sui giovani, scegliere bene al draft e (why not) ispirarsi ai 76ers.
#TrustTheLAProcess