Prologo e Capitolo 1: La Forza Dei Guerrieri
Capitolo 2: The Yellow Storm
CAPITOLO 3: Il Porto dello Spettacolo
I Cleveland Cavaliers, sommessi e distrutti nelle due gare di Oakland, tornano a casa. 2-0 sotto, ma questa volta il tabellone all’ingresso dell’aereoporto titola Ohio. E non è un fattore da poco. Per ritrovare energie, stimoli e, soprattutto, fiducia. I Cavs non possono essere quello che abbiamo visto in California. Non possono, ma soprattutto non devono. La circostanza fa da padrona in tutte le interviste pre-partita. “Dobbiamo dare il 100%”, “Anche se siamo 2-0 non dobbiamo abbassare la guardia, i Cavs comunque hanno grandi giocatori”. Bla bla bla. L’ovvietà, ma non ci si può aspettare altro. Da dire dopo due gare così e prima dell’approdo a Cleveland c’è ben poco. Il responso, le risposte le si aspettano in campo. E quando hai racimolato 7 sconfitte di fila contro i Warriors, contro coloro che ti anno preso il titolo l’anno scorso, ti hanno umiliato in regular season ed hanno messo una bella ipoteca sul Trophy del 2016, non c’è posto migliore per tentare di ritrovare l’orgoglio nella cocente Quicken Loans Arena
I giocatori di Coach Lue in campo non sono quelli delle due gare precedenti. Il colpo preso da Kevin Love in Gara 2 lo costringe a star fuori. Al suo posto, tutti si aspettano Channing Frye, ed invece ad un’oretta dal fischio d’inizio ecco la decisione di Tyronn Lue. Niente Frye, niente Big 4, dentro Jefferson. Small ball Cavs. Un rischio enorme vista la situazione della serie. Tristan Thompson per Kyrie Irving, ancora una volta segnano per primi i Cavs. L’inizio dei Warriors non è dei migliori. Poche idee davanti, tante distrazioni dietro (Curry su tutti).
https://www.youtube.com/watch?v=I0EKVkse7yI
I giocatori di Kerr non ne fanno mezza giusta. 9-0 Cavs dopo 3 e 30. Due schiacciate di Andy Bogut (non proprio la prima scelta offensiva dei Warriors) riportano i californiani su un più consueto -5, ma l’inerzia non ha intenzione di spostarsi verso la baia. I Cavs stanno dominando, davanti e dietro. Rimbalzi offensivi, extrapass geniali e steal di JR Smith, finalmente sveglio sin da inizio gara. Lebron è favoloso, straripante, quasi anacronistico, con colpi che non si vedevano in NBA da anni.
https://www.youtube.com/watch?v=FgHeoTJK5FE
I punti dei Cavs fatti nel primo quarto sforano la decenza, così come quelli dei Warriors, ma in negativo. La tattica di Lue ha dato le risposte giuste. JR Smith è pazzesco, LeBron on fire, Irving indescrivibile. 16 a 33 per i Cavs. Diciamo che l’inizio di Gara 3 è dei migliori. Il secondo quarto però è tutta altra storia. La (solita) sufficienza dei Cavs quando il vantaggio è ampio, condita con la totale estraneità a questa serie da parte di Channing Frye e ad un ispiratissimo Harrison Barnes porta il vantaggio della squadra dell’Ohio a “soli” 10 punti. Ed è l’ennesimo parziale di questa serie targato dalla second unit dei Warriors, con gli Splash Brothers in panchina. Non è un caso. Tornano i titolari ed a portare sul +12 di nuovo i Cavs è ancora LeBron con una reverse dunk da manuale.
https://www.youtube.com/watch?v=pzDU9C5GOGE
I Warriors sono in bambola e JR Smith finalmente significativo li punisce con due triple da arcobaleno. I ragazzi della baia qualche asso nella manica ce l’hanno ancora: si chiama Klay Thompson, ancora troppo avulso da queste Finals. Da -15 a -7, ed il merito è tutto suo. Il primo tempo finisce 51 a 43 per i padroni di casa, e per poco JR Smith non amplia il vantaggio di altri 3 punti.
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I punti, però, come per le precedenti due partite non sono il problema. A fine primo tempo in tutte e tre le partite il vantaggio era minore di dieci punti. Eppure ciò non ha evitato il blowout. Il problema di questa partita, ma proprio in generale della serie fino a questo punto è l’inerzia. La squadra in svantaggio ogni tanto recupera, rimonta, si porta a pochi punti di distanza e in qualche caso anche sopra (vedi i Cavs nel terzo quarto di Gara 1), ma poi ecco che
arriva l’inesorabile risposta inerziale che ristabilisce le gerarchie del match. A 10 minuti dalla fine del terzo quarto i Cavs sono già sul +15, cinque minuti dopo è +22. Piccolo recupero targato Curry e poi… E poi LeBron.
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I due punti più pesanti della partita. In 5 secondi The King riesce nell’impensabile. Intercetto su passaggio di Curry, recupero, palleggio andando per terra, passaggio per Irving e poderosa “One Hand Dunk” su un alley-oop tutt’altro che perfetto. Era fuori dal tabellone quel passaggio, e lui con un’apertura alare quasi da Pterodattilo è riuscito a portarsi a casa due punti che valgono quanto una mazzata sulle gambe dei già arrancanti Warriors. Il quarto quarto è un’esibizione di forza da parte dei Cavs, che Kerr fa assaporare tutta ai suoi titolari. Tanti minuti per Curry, Thompson e Green anche nel garbage time, che quasi sadicamente ingoiano il rospo e guardano i Cavs dominare e stopparli in una delle Gare 3 più atipiche di tutti i tempi. Sì, stopparli, come James in questo caso su Curry
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Il segnale è forte, quanto quella stoppata a gioco fermo. Non si passa oggi Curry, non si segna oggi Warriors. Finisce 120 a 90, 30 punti di vantaggio per i Cavs, praticamente lo stesso divario di Gara 2, ma a parti invertite. La squadra di Lue diventa la prima compagine nella storia delle Finals NBA a vincere di 30 punti una gara dopo averne persa una di altri 30 punti. E questo la dice lunga su tante cose. Sui Cavs, sino ad ora troppo intimoriti, poco fiduciosi dei propri mezzi e troppo preoccupati dei Warriors per esprimersi al meglio; sui Warriors, che nonostante la doppia vittoria di Gara 1 e Gara 2, non hanno ancora trovato il vero apporto dei suoi Big, Curry e Thompson su tutti, e si fa fatica a trovarne il leader; sulla serie, che dopo tre gare così diverse l’una dall’altra sembra ancora non esistere. 2-1, un bel brodino caldo per LeBron e compagni, che in attesa del ritorno di Kevin Love, si godono questa netta vittoria. Nel porto più conosciuto, quello di casa, la nave chiamata Cavs ha trovato nuova linfa ed è stata riparata alla grande dal carpentiere Lue. Ora però a festeggiare per bordelli non ci deve andare nessuno. Ci si deve riposare per dare il meglio due giorni dopo, in una battaglia ancora più importante di questa, per far sì che questa non sia stata una vittoria di Pirro. La sensazione che tutti hanno però è la stessa: i blowout sono finiti, ora è il tempo della serie vera. Le schermaglie sono finite, la prossima è giù una gara da All In, così come lo sono i Cavs da un paio di stagioni. Lo show non s’è visto in queste prime gare di Finals, perciò il basket è in debito con gli spettatori, così come lo sono i campioni in campo. Le prossime saranno spettacolose partite