Chiamatelo pure bandwagon se siete anglofoni o semplicemente esterofili, ma avrete certamente familiarità col concetto di “salire (o scendere) sul o dal carro” di qualcuno, o di qualcosa.
Qualcuno o qualcosa su cui erano riposte aspettative grandiose, forse eccessive ma che quel qualcuno o qualcosa dava l’impressione di poter rispettare, forse anche superare. E invece, per le ragioni più disparate, si è scoperto che dopotutto, forse non sarà così.
Un concetto applicabile allo sport e alla NBA, lega che sa creare hype e aspettative attorno a un prospetto o a una squadra, a un mercato, come probabilmente nessun’altra al mondo, a colpi di marketing e attenzione mediatica ai quattro angoli del globo. E siccome presto o tardi, i proverbiali nodi tendono a venire al proverbiale pettine, proviamo a capire se sia già ora di scendere dall’altrettanto proverbiale carro per alcuni giocatori.
Pronti, nel caso, a abiurare o a dire a tutti “io ve lo avevo detto”?
Zion Williamson
New Orleans è a 5 KO di fila al momento di scrivere, Zion Williamson sta viaggiando a cifre mai così basse nella sua pur breve carriera NBA (poco più di 120 partite in 5 anni) e come lo stesso ex Duke ha ammesso, tutto potrebbe essere un sottoprodotto del cambio di sistema che coach Willie Green sta applicando ai Pelicans. E dal fatto che i Pels non hanno una point guard di ruolo ma tanti surrogati, e che sono quasi tutti infortunati.
C’è forse di più, però. Nella NBA Zion Williamson non ha mai mostrato, se non a tratti, le qualità difensive e di playmaking che a Duke aveva sciorinato nella sua unica stagione al college, e lo strapotere fisico non solo in termini di esplosività, ma anche di mobilità “nord-sud” e a tutto campo. La NBA è un livello infinitamente superiore alla NCAA, e dal 2019 a oggi Zion ha già accumulato problemi alle ginocchia, una frattura a un piede e uno stiramento muscolare con ricaduta.
Fattori che hanno reso Williamson, oggi, un giocatore diverso. Un “muscolare” certo in grado di segnare tanti punti con pochi tiri a centro area, e a rimbalzo d’attacco la sua capacità di saltare, atterrare e salire di nuovo in brevissimo tempo lo aiuta ad arrivare prima sul pallone. Il suo primo passo dal post medio è bruciante, Williamson può andare a destra o a sinistra, appoggiare la spalla sul difensore e spostarlo a piacimento. Williamson non segna però due tiri liberi di fila (siamo al 61% in stagione), limite bello grosso per uno che vive in lunetta (lo scorso anno in 29 partite furono 8.6 i tentativi a partita). Il 50% al tiri liberi non ha mai impedito a Shaquille O’Neal di dominare, ma Shaq era un caso unico. Già uno come Giannis Antetokounmpo ha vissuto periodi di magra ai liberi che sono costati partite, e anche un’eliminazione precoce ai playoffs nel 2023.
Complice la transizione che Green sta apportando, non abbiamo più visto Williamson in versione “Point Zion”, col pallone in mano all’inizio dell’azione anche da palleggiatore sui pick and roll. Williamson ha rinunciato a sviluppare un tiro da tre punti almeno rispettabile, e anche senza più tirare fuori dall’area dei 3 secondi, la sua percentuale dal campo è crollata, dal 60.8% del 2022-23 al 51% del 2023-24.
Metamorfosi o involuzione?