Home NBA, National Basketball AssociationNBA TeamsMiami Heat NBA Finals, Jimmy Butler: “Heat, non siamo sfavoriti, non ci importa dei pronostici”

NBA Finals, Jimmy Butler: “Heat, non siamo sfavoriti, non ci importa dei pronostici”

di Michele Gibin
Jimmy Butler Heat

Come vedo i Miami Heat prima di gara 1? Siamo una buona squadra, non direi che siamo meglio di chiunque altro ma di certo non ci vediamo come sfavoriti, per nulla“, Per definire i suoi Heat Jimmy Butler usa la parola che per anni lo ha accompagnato nella sua parabola da Tyler Junior College a Marquette, alla NBA e all’All-Star Game e infine alle finali: underdog.

Che i Los Angeles Lakers siano i favoriti d’obbligo alle NBA Finals 2020 non è un segreto. LeBron James gioca per il suo quarto titolo in carriera, per la storia personale e quella dei gialloviola, e – chissà – per il sorpasso su Sua Maestà Michael Jordan nell’eterna corsa al più forte di sempre.

Gli Heat non sono i Lakers, ma in poco più di 30 anni di storia si preparano alla loro sesta finale NBA. E come nel 2006 Miami vi è arrivata senza che fosse un fatto scontato, ma eliminando i favoritissimi Milwaukee Bucks ad est (nel 2006 furono i Detroit Pistons) e dei Boston Celtics belli, giovani e forti ma con meno carattere.

Heat, Jimmy Butler: “Ho avuto ragione a voler venire qui a Miami”

Il fatto che nessuno ci vedeva arrivare fin qui? E’ OK, sono sicuro che nessuno allo stesso modo pensa che possiamo vincere“, continua Butler “E va bene così, lo comprendiamo. In fin dei conti non ci importa neppure un gran che. Quello che faremo è scendere in campo e giocare assieme, competere come abbiamo sempre fatto, e vedere dove ci porterà. Tutto quello che faremo, lo faremo alla nostra maniera, quella dei Miami Heat. Fin qui ha funzionato”.

La finale NBA 2020 è per Jimmy Butler la conferma della buona scelta fatta nell’estate 2019, di forzare il suo addio a Philadelphia e ai 76ers e soprattutto una trade verso gli Heat, squadra che non avrebbe mai potuto permettersi l’ex Bulls e Twolves sul mercato dei free agent. “Ha funzionato, mi limito a dire questo. Non ho nessun tipo di risentimento verso nessuno (a Philadelphia, ndr) ma sono contento di dove sono adesso. Sapevo cosa avremmo potuto fare qui, abbiamo aggiunto dei pezzi a metà stagione (Iguodala e Crowder, ndr) e non c’è molto da guardarsi indietro. Qui nessuno tenta di controllarmi, come qualcuno avrebbe voluto fare laggiù (ai Sixers, ndr)”.

Sapevo cosa volevo, che tipo di organizzazione. E che l’avrei trovata qui“.

Finali NBA 2020, Spoelstra: “Un’esperienza difficile e unica”

Coach Spoelstra, sulla panchina dei Miami Heat dal 2008, è un veterano delle finali NBA: quattro, con due titoli nell’era big three James-Wade-Bosh, e dopo la fine del ciclo 2010-2014 si è imposto come guida tecnica indiscussa di una squadra che non è mai affondata, neppure dopo gli addii di LeBron, i problemi di salute ed il ritiro di Chris Bosh ed il declino di Dwayne Wade.

Lo scorso anno, dei Miami Heat molto diversi da quelli che stanotte inizieranno le finali NBA non si qualificarono ai playoffs. Un’annata difficile, che anche a causa dei tanti infortuni (Dragic, Winslow, James Johnson) si era trasformata in un doveroso tour di addio per Dwyane Wade.

16 mesi dopo, è di nuovo finale NBA per un gruppo del tutto nuovo, in cui Goran Dragic, Bam Adebayo, il vecchio Udonis Haslem e “coach Spo” sono la continuità: “Dopo gara 6 ci siamo presi una serata per noi, per apprezzare quello che abbiamo saputo fare qui. Ci sono le famiglie dei giocatori e dello staff, ho voluto che tutti avessero ben chiaro quanto difficile sia stato, quanto eccezionale sia stata questa esperienza della bolla: oltre 80 giorni di partite, sopravvivere ed arrivare fino a qui“.

Oggi, per Spoelstra i quattro anni vissuti “pericolosamente” in una delle squadre più forti e odiate nello sport moderno, i Miami Heat del big three, il primo superteam della storia NBA, sono un’esperienza formativa: “Guardando indietro, sono molto grato di aver potuto viverla con quel gruppo. Una squadra incredibile, così come incredibile fu tutto quello che vi era attorno. Per uno introverso come me, ricordo che lo odiai, ma passarci in mezzo fu una cosa positiva per me. Oggi mi sembra un capitolo completamente diverso della mia vita, ma sono davvero felice di averlo vissuto con quei giocatori“.

 

 

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