Si è svolta martedì a Roma, a Villa Miani, la presentazione dell’Estate di Sky Sport: tantissimi gli argomenti e i temi trattati, tra cui i playoff NBA. Tra i giornalisti presenti, abbiamo avuto il piacere di parlare con Alessandro Mamoli. In questa intervista esclusiva, il Mamo condivide la sua visione sulla postseason più attesa dell’anno.
Guardando alle 8 serie del primo turno, quale ti ha colpito di più dal punto di vista tattico o emotivo? Ci sono state sorprese che ti hanno davvero spiazzato?
“Confesso che non ce n’è nessuna in particolare che mi abbia sorpreso così tanto. Ho pensato che la serie tra Denver e Clippers potesse andare in un’altra direzione, però alcuni dettagli microscopici hanno cambiato le carte in tavola. Se Gordon avesse schiacciato 5 decimi dopo, chissà come sarebbe andata a finire. Però, sorprese vere non ce ne sono state. Se ci fosse stato Lillard probabilmente mi sarei aspettato un po’ più di resistenza da parte di Milwaukee, ma quando manca secondo il giocatore a una squadra diventa troppo difficile. Alla fine, delle 8 squadre che sono arrivate alle semifinali di conference l’anno scorso, quest’anno ce ne sono 7. Sono cambiate solo Dallas e Golden State”.
Tra i top player di questa postseason, chi sta facendo davvero la differenza per la propria squadra (non solo nei numeri ma anche nella leadership nei momenti chiave) secondo te?
“Ti direi Jokic, in assoluto. Anche se, guardando ai risultati dei match importanti, come ad esempio Gara 7 di Denver o Gara 7 di Golden State a Houston, si nota che sono partite vinte dalla squadra. Se controlliamo la lista dei migliori realizzatori di Denver in Gara 7, sono 5 o forse 6 i giocatori in doppia cifra. Jokic, come ha dimostrato anche in Gara 1 della semifinale di conference, sta facendo numeri straordinari come al solito. Così è entrato nella sfida tra gli MVP, perché a vincere il premio sarà uno tra lui e Shai. Anche Donovan Mitchell a Cleveland può essere considerato un top player, ma anche in quel caso è la squadra che fa il risultato, nonostante la prima partita del secondo turno non sia andata benissimo”.
In queste settimane si sta parlando molto anche delle scelte tattiche degli allenatori. Chi sta sorprendendo di più con le sue letture e chi invece ti sta deludendo?
“Io credo che bisogna sempre misurare l’importanza degli allenatori. Denver ha fatto delle cose giuste almeno in due delle ultime tre partite, ma anche in quella che ha perso contro i Clippers. Però se determinati time-out li fa Jokic, anche se nella pratica questo non è vero, perché il tutto fa ormai parte di una cultura che si basa sulla presenza degli allenatori, la maggior parte sono quelli del titolo 2023. Steve Kerr ha fatto delle scelte interessanti in Gara 7 a Houston, alle quali Udoka ha fatto un po’ fatica a reagire perché ha dato su certi quintetti che dal punto di vista numerico hanno fruttato risultati durante la serie. Questi sono i casi principali in cui la squadra ha seguito in maniera fedele il game plan, che poi ha portato alla vittoria”.
Guardando a come si sono comportate finora le contender (Cavaliers, Celtics, Thunder) chi ti sembra avere il mix migliore tra forma, profondità e alchimia per arrivare in fondo?
“Oklahoma City e Cleveland per la regular season che hanno fatto, ma uso il condizionale perché i playoff sono un’altra cosa, come hanno dimostrato le due Gara 1, anche se può trattarsi solo di un incidente di percorso. Credo che New York debba sempre giocare vicino alla perfezione perché ha un roster con rotazioni corte, come del resto anche Denver, anche se quei 6-7 che ruotano sanno esattamente cosa devono fare. Anche Minnesota da un certo punto di vista, mi incuriosisce vederla contro Golden State. Sono reduci di una serie in cui dovevano giocare in 1×1, perché con la palla in mano a Doncic o a LeBron quella è quasi sempre la soluzione. Hanno scelto di tenere Gobert sempre sui cambi in single coverage su questi giocatori, ma contro di loro arriva una squadra come Golden State, che muoverà tanto la palla. La loro eventuale capacità di adattamento sarà interessante, però Minnesota è una squadra profonda, fisica, alta, grossa. Vedremo se più si alza il livello e più Anthony Edwards continuerà ad essere il leader di questa squadra, la stessa che l’anno scorso vinse 3 partite a Denver e arrivò poi in finale di Conference. Per non prendere neanche il numero di targa di Dallas, però ci arrivò. Magari, passando dalle sconfitte, qualcosa hanno imparato.”
Si ringraziano Alessandro Mamoli e Sky Sport per la disponibilità e la cortesia.