Per gran parte del nuovo millennio, i Knicks sono stati una sciagura sportiva con pochi eguali. Le rare stagioni positive, che hanno portato al massimo a un secondo turno playoffs, sono state intervallate da troppi periodi disastrosi, caratterizzati da risultati deludenti, contratti sbagliati, errori al draft e psicodrammi di vario genere, dentro e fuori dal campo. Non è quindi facile salvare cinque giocatori, più un sesto uomo e soprattutto un allenatore, in mezzo a queste macerie. Proviamoci comunque; ecco il quintetto ideale dei New York Knicks dal 2000 in avanti!
Point guard: Jalen Brunson
La point guard da Villanova arriva a New York da free agent nell’estate del 2022, e le polemiche non mancano: suo padre Rick è infatti parte dello staff di coach Tom Thibodeau, e il suo agente, Sam Rose, è il figlio di Leon, presidente dei Knicks. Le accuse di nepotismo vengono spazzate via presto da Jalen, che con la nuova maglia conferma i progressi mostrati a Dallas e si impone tra i leader della squadra, contribuendo in maniera determinante a cambiarne la cultura. I 24 punti di media con cui termina la regular season non gli valgono la chiamata all’All-Star Game, ma permettono ai Knicks di centrare il quinto piazzamento nella Eastern Conference. Brunson è il migliore dei suoi sia nella serie vinta contro Cleveland, sia in quella persa al secondo round contro Miami. Nel 2024 si consacra tra le migliori guardie NBA, e di conseguenza arriva finalmente la prima convocazione tra le stelle.
Guardia: Stephon Marbury
Quello di “Starbury” è tra i volti-simbolo dei fallimentari Knicks negli anni Duemila. Con lui in campo, i Knicks hanno giocato una sola serie playoff, nel 2004, venendo spazzati via dai New Jersey Nets. Nelle cinque stagioni trascorse nella natia New York, Marbury è entrato in conflitto con tutti gli sventurati allenatori che si sono avvicendati sulla panchina più calda della NBA. Se non altro, il suo rendimento in campo è stato più che accettabile; il suo stile di gioco elettrizzante e gli oltre 18 punti di media in blu-arancio fanno battere a Steph una concorrenza non certo agguerritissima. Il suo avversario più credibile, per questa posizione, era Jamal Crawford, compagno di Marbury nelle gioie e soprattutto nelle delusioni della sua permanenza a Manhattan.
Ala piccola: Carmelo Anthony
Alla vigilia della stagione 2010/11, Melo informa la dirigenza dei Denver Nuggets di non voler rinnovare il contratto. Con l’avvicinarsi della trade deadline, la sua partenza dal Colorado è sempre più scontata. Il 22 febbraio 2011, i Knicks battono la concorrenza dei vicini Nets e si portano a casa il fenomeno da Syracuse. Sebbene sia costato ai blu-arancio mezza squadra, Anthony di presenta tra mille fanfare, e insieme ad Amar’e Stoudemire promette di rendere quella di Mike D’Antoni una squadra da titolo. Le cose non vanno esattamente come previsto; quell’anno, gli infortuni di Stoudemire e dell’altro nuovo innesto, Chauncey Billups, favoriscono l’eliminazione al primo turno playoffs contro Boston.
Nel 2012, i Miami Heat di LeBron James dimostrano che tra le due formazioni c’è un abisso. Il gap sembra ridursi nella stagione successiva, la migliore per la franchigia nell’intero millennio. Anthony chiude come miglior realizzatore della lega e viene inserito nel secondo quintetto All-NBA, e i Knicks ottengono il secondo miglior record a Est. La corsa della squadra viene fermata in semifinale di Conference dai rampanti Indiana Pacers, e da quel momento, sulla New York cestistica, cala la notte. Melo colleziona cifre altisonanti in una squadra terribile, che si inabissa nei meandri della Eastern Conference. Il numero 7 entra in conflitto con il nuovo presidente, Phil Jackson, che nel corso della stagione 2016/17 lo mette di fatto alla porta. In estate si fanno avanti gli Oklahoma City Thunder, che portano via Anthony da New York a prezzo di saldo. melo lascia Manhattan con 6 All-Star Game, tre inclusioni nei quintetti All-NBA e un titolo di miglior marcatore, ma con appena 21 partite disputate ai playoffs nell’arco di sei anni.
Ala grande: Julius Randle
Dopo un avvio promettente in maglia Lakers e un’ottima stagione ai New Orleans Pelicans, nell’estate del 2019 Randle firma da free agent con i Knicks. Il suo primo anno a Manhattan fa sorgere più di una perplessità; Julius mette a referto cifre più che dignitose, ma la sua tendenza ad accentrare il gioco e a rallentare il ritmo contribuisce in modo significativo all’ennesima stagione da dimenticare per i blu-arancio. Per spazzare via ogni dubbio bisogna aspettare solamente qualche mese; nel 2020/21 Randle compie un impressionante salto di qualità, migliorando significativamente in tutti gli aspetti del gioco e guadagnandosi sia la prima convocazione all‘All-Star Game, sia il premio di Most Improved Player. La sua esplosione permette ai Knicks di tornare ai playoffs dopo otto anni bui. L’annata seguente rappresenta un piccolo passo indietro, sia per il giocatore che per la squadra, ma nelle due stagioni successive entrambi riescono a riprendere la strada maestra. Randle viene chiamato altre due volte tra le stelle e New York si afferma come una solidissima realtà nella Eastern Conference.
Centro: Tyson Chandler
Campione NBA da co-protagonista a Dallas, Chandler deve scontrarsi con la celebre parsimonia del proprietario dei Mavs. Mark Cuban, che vuole tentare l’assalto a Dwight Howard, non concede al centro californiano le cifre richieste per il rinnovo, così, nell’estate del 2011, Tyson lascia clamorosamente i Mavericks. Il suo arrivo a New York rende subito competitivi i Knicks, che nelle due stagioni seguenti fanno presenza fissa ai playoff. Nel 2012 Chandler viene eletto Defensive Player of the Year e viene incluso nel terzo quintetto All-NBA, l’anno dopo debutta all’All-Star Game e viene inserito nel primo quintetto All-Defensive. L’eliminazione al secondo turno contro Indiana sancisce la fine di quel breve ma intenso ciclo a Manhattan. Al termine di un 2013/14 condizionato dagli infortuni, Tyson viene rispedito via trade ai Dallas Mavericks, e i Knicks si preparano a tornare nell’oblio.
Sesto uomo: David Lee (Allan Houston, Jamal Crawford, JR Smith, Kristaps Porzingis, Amar’e Stoudemire)
C’erano molti candidati per questa posizione, ma tutti con un asterisco rilevante. Di Jamal Crawford, che ha messo insieme cifre discrete in una squadra pessima, abbiamo già detto. Allan Houston ha vissuto i suoi giorni migliori alla fine del vecchio millennio, sebbene abbia disputato l’ultimo All-Star Game nel 2001. Una chiamata tra le stelle l’hanno ottenuta anche Kristaps Porzingis, il quale però si è infortunato subito dopo, chiudendo di fatto la sua esperienza ai Knicks, e Amar’e Stoudemire, che a New York ha vissuto solo un’ultima, grande stagione, prima di imboccare rapidamente il viale del tramonto. Merita una menzione anche J.R. Smith, Sesto Uomo dell’Anno per gli ottimi Knicks del 2012/13, ma a conquistare il posto è David Lee. Scelto per ultimo al primo giro del draft 2005, il lungo dal Missouri è cresciuto costantemente nei cinque anni trascorsi a Manhattan. Partito come riserva di Eddy Curry e Zach Randolph, conquista sempre più spazio in quintetto, fino a imporsi come titolare inamovibile nella stagione 2008/2009. L’anno seguente, Lee supera i 20 punti e gli 11 rimbalzi di media e fa il suo esordio all’All-Star Game. In estate diventa free agent e sceglie saggiamente di lasciare Manhattan, per unirsi agli emergenti Golden State Warriors.
Allenatore: Tom Thibodeau
La sequela di personaggi che si è avvicendata sulla panchina dei Knicks rappresenta al meglio le sventure della franchigia nel nuovo millennio. Da Lenny Wilkens a Larry Brown, da Isiah Thomas a Mike D’Antoni, arrivando ai poveri Derek Fisher e Jeff Hornacek; tutti nomi che rievocano ai tifosi più momenti tristi, che soddisfazioni. A dare una svolta drastica ci pensa Tom Thibodeau, che accetta l’ingrato incarico nell’estate del 2020. L’ex-allenatore dei Bulls riesce a imprimere fin dall’inizio quell’ardore agonistico e quella mentalità vincente che, nella Grande Mela, non si vedevano da due decenni abbondanti. Al primo anno con lui in panchina, i Knicks passano da 21 a 41 vittorie, chiudono con il quinto miglior record a Est e rimettono piede ai playoffs dopo 8 anni. Un exploit che vale a Thibodeau il secondo premio di Coach of the Year in carriera, vinto esattamente dieci anni dopo il primo. Dopo il passo falso del 2022, New York si riaffaccia ai piani alti della Eastern Conference grazie a un gruppo combattivo e versatile, costruito a immagine e somiglianza del sergente Thibs.