6 – L’era di Zion (e non solo)
La stagione 2019/20 rappresenterà ufficialmente l’inizio dell’era di Zion Williamson in NBA. Raramente, nella storia della lega, un prospetto collegiale è stato accompagnato da un clamore mediatico di tali proporzioni. Lo ‘scherzo della natura’ da Salisbury, North Carolina, era diventato virale sul web già ai tempi dell’high school, grazie al suo incredibile atletismo. I tantissimi (tra cui il sottoscritto) che accoglievano i mixtape con le sue schiacciate dicendo: “Ok, ma vediamo cosa fa al college” sono stati zittiti da una stagione di totale dominio con i Duke Blue Devils, in cui Zion è apparso come un giocatore nettamente fuori categoria. Ora è finalmente arrivato il momento di vederlo in azione tra i professionisti. Il suo approdo a New Orleans ha di fatto salvato i Pelicans da un trasferimento che, dopo l’addio di Anthony Davis, sarebbe stato quasi inevitabile. La squadra di coach Alvin Gentry sarà tra quelle maggiormente seguite di questo 2019/20, ed è facile immaginare che la maglia numero 1 sarà tra quelle più vendute della stagione. Tutto ciò ha poco a che fare con i risultati sportivi ma catturare interesse, in questo momento della storia della franchigia, è forse più importante che vincere qualche partita in più. L’ottima preseason disputata sembra confermare le attese verso Zion come una vera e propria ‘macchina da highlights‘; nei prossimi mesi dovrà adattarsi alla fisicità e ai ritmi della NBA, lontani anni luce da quelli collegiali, e dimostrare di poter diventare un giocatore a tutto tondo. Magari prendendo lezioni di leadership dai veterani, visto che, quando lo ‘svezzamento’ sarà terminato, Williamson sarà chiamato a caricarsi sulle spalle una potenziale contender. Oltre alla prima scelta assoluta, New Orleans schiererà due rookie molto interessanti: il playmaker Nickeil Alexander-Walker e il centro Jaxson Hayes.
Lo scorso draft era atteso soprattutto per l’arrivo di Zion, ma ci sono altre matricole da tenere d’occhio in questo 2019/20. A Ja Morant saranno affidate fin da subito le chiavi dell’attacco dei Memphis Grizzlies, franchigia in ricostruzione e in cerca di una nuova identità. Al suo fianco, oltre al talentuoso Jaren Jackson Jr., lungo al secondo anno, ci sarà Brandon Clarke, centro da Gonzaga eletto MVP dell’ultima Summer League. ‘Carta bianca’ anche per R.J. Barrett, altra ‘star annunciata’ di questo draft, che a New York dovrà però farsi largo in un gruppo di giovani talenti, in parte ancora inespressi. Sarà concesso tanto spazio anche a Darius Garland, nuovo playmaker dei Cleveland Cavaliers, Coby White, pari-ruolo dei Chicago Bulls, e Rui Hachimura, che potrebbe avere ulteriori responsabilità in caso di (probabile) partenza di Bradley Beal da Washington. Discorso diverso per De’Andre Hunter, Cam Reddish e Bruno Fernando, i quali dovranno adattarsi (ma sembrano perfettamente in grado di farlo) a un sistema già in fase di sviluppo come quello degli Atlanta Hawks.
Tra gli altri rookie di questo 2019/20, attenzione anche a Jarrett Culver, sesta chiamata dei Minnesota Timberwolves, Tyler Herro, tiratore dei Miami Heat, Matisse Thybulle, specialista difensivo dei Philadelphia 76ers, e ai nuovi innesti in casa Boston Celtics (anche se, probabilmente, solo un paio tra Carsen Edwards, Romeo Langford, Grant Williams, Vincent Poirier e Tacko Fall troverà un posto stabile nelle rotazioni di Brad Stevens).
Come più volte accaduto in passato, il miglior debuttante dell’anno potrebbe non essere stato scelto nell’ultimo draft, bensì in quello precedente. Il 2019/20 sarà la stagione del debutto di Michael Porter Jr. con la maglia dei Denver Nuggets. Talento cristallino arrivato al college (a Missouri) con prospettive da prima scelta assoluta, una serie di gravi problemi alla schiena hanno frenato la sua ascesa. Più o meno la stessa sorte toccata a Bol Bol (figlio di Manute), altra ‘scommessa’ dei Nuggets. Per capire se questi e altri azzardi delle franchigie NBA pagheranno dividendi o meno ci vorranno forse diversi anni ma, per avere le prime indicazioni, non resta che aspettare qualche ora.
7 – Le protagoniste del domani
Mentre si cercherà di capire quale sia la reale favorita al titolo, sarà bene tenere un occhio puntato sul fondo delle classifiche delle due Conference; è da li che arriveranno le protagoniste della NBA del domani. Vi ricordate i Golden State Warriors tra il 2009 e il 2012, che non riuscivano ad andare oltre il tredicesimo posto a Ovest? Forse è più facile ripensare ai Brooklyn Nets, passati nel giro di un paio d’anni da peggiore organizzazione della lega a meta appetibile per giocatori come Kevin Durant e Kyrie Irving. Non è detto che nascano altri Warriors o altri Nets nei prossimi anni, ma certamente ci sono diverse franchigie che si stanno muovendo ‘nell’ombra’, a piccoli passi, gettando una alla volta le fondamenta per costruire qualcosa di importante.
Atlanta Hawks, Memphis Grizzlies e Oklahoma City Thunder sono i progetti più a lungo termine. Appena è stato chiaro che l’epoca precedente fosse destinata a finire, le rispettive dirigenze hanno imbastito operazioni di mercato atte a dare alla squadra una nuova e ben definita identità. Da Memphis se n’è andato Mike Conley, ma sono arrivati tanti giovani e le chiavi dell’attacco sono state affidate al rookie Ja Morant, il quale potrebbe formare con Jaren Jackson Jr. (giocatore al secondo anno NBA) una delle migliori coppie del prossimo decennio. Anche Trae Young e John Collins di Atlanta viaggiano in quella direzione, e attorno a loro ci sono altri ragazzi di grande talento (come le due new entry De’Andre Hunter e Cam Reddish) e giocatori in cerca di riscatto (Jabari Parker e Chandler Parsons su tutti). OKC ha ottenuto una miriade di scelte ai prossimi draft dalle cessioni di Russell Westbrook e Paul George ma, con ogni probabilità, alcune verranno scambiate per affiancare giocatori già ‘svezzati’ al giovanissimo Shai Gilgeous-Alexander, perno della ricostruzione dei Thunder. L’ampio spazio salariale a disposizione di ognuna di queste franchigie lascia aperti infiniti scenari futuri, ma il successo del domani dipenderà soprattutto dalla crescita di chi c’è già. In questo 2019/20 si cercherà soprattutto di far maturare i propri leader, sperando di ricalcare le orme dei Sacramento Kings, tornati in odore di playoff dopo troppi anni bui.
Attenzione anche a chi un leader designato non ce l’ha ancora, ma che ha a disposizione un bel mazzo di carte da cui cercare di pescare il jolly. Forse non sarà il caso di Charlotte Hornets e Cleveland Cavaliers, ancora troppo indietro nella ricostruzione. Certamente è il caso dei New Orleans Pelicans di Zion Williamson, Lonzo Ball e Brandon Ingram e dei Chicago Bulls di Zach LaVine e Lauri Markkanen, ma anche dei New York Knicks; sebbene non siano arrivati i grandi nomi che il Madison Square Garden chiedeva da tempo, coach David Fizdale non ha mai avuto un roster dal potenziale così alto, nella sua esperienza a Manhattan. A proposito di potenziale, Phoenix Suns e Dallas Mavericks sono guidati da talenti di primissimo livello. Per sfruttare al meglio le doti uniche di Devin Booker e DeAndre Ayton in Arizona e di Luka Doncic e Kristaps Porzingis in Texas, bisognerà però lavorare molto sul contorno e su quella famosa ‘identità di squadra’ tanto cara a Brooklyn ieri e a squadre come Sacramento, Atlanta e Memphis oggi. Non facciamoci ingannare dai risultati; qualcuna tra queste franchigie probabilmente sorprenderà già nel 2019/20, molte altre faranno l’ennesima ‘battuta di pesca’ alla prossima draft lottery. Il processo a volte richiede più tempo del previsto, ma il buon lavoro si può riconoscere da subito.
8 – Diventerai un All-Star
Uno degli aspetti più interessanti di ogni stagione NBA è vedere quali giocatori riescono a compiere il salto di qualità necessario a diventare una stella. Essere convocati all’All-Star Game non è un traguardo fine a se stesso; il più delle volte indica una maturazione che influisce in maniera determinante sull’andamento della squadra. Gli esempi più recenti sono quelli di Nikola Jokic, Nikola Vucevic e D’Angelo Russell, assoluti protagonisti del grande 2018/19 di Denver Nuggets. Orlando Magic e Brooklyn Nets. Prima ancora era stata la volta di Victor Oladipo, che aveva trascinato gli Indiana Pacers ai playoff. A chi toccherà quest’anno?
Il nome su cui sembra più facile puntare è quello di Pascal Siakam, il Most Improved Player Of The Year in carica. I Toronto Raptors vogliono fare di lui il loro prossimo uomo-franchigia; con l’addio di Kawhi Leonard, il camerunese sarà chiamato a maggiori responsabilità su entrambi i lati del campo. Se mostrasse ulteriori miglioramenti, o semplicemente si confermasse il Siakam visto agli scorsi playoff, un posto per lui alla partita di Chicago si troverà. La location dell’evento innalza notevolmente le chance di Zach LaVine, già in odore di chiamata l’anno scorso, ma affossatosi insieme ai suoi Bulls col passare della stagione.
La Eastern Conference è storicamente ‘terra di conquista’ per gli aspiranti All-Star, visto lo ‘starpower’ nettamente inferiore a quello dell’altra costa. In base all’andamento delle rispettive squadre, oltre ovviamente al contributo individuale, potremmo trovare in lizza giocatori come Tobias Harris (Philadelphia 76ers), Aaron Gordon (Orlando Magic) e Caris LeVert (Brooklyn Nets). Chissà poi che non arrivi già il momento dei più giovani, vedi Jayson Tatum o la coppia degli Atlanta Hawks Trae Young – John Collins.
Anche a Ovest, però, ci si può aspettare qualche debutto. Tra le squadre che hanno maggiori probabilità di disputare un grande 2019/20 ci sono Utah Jazz e Denver Nuggets; sarà la volta buona per Donovan Mitchell e Rudy Gobert? E se a Nikola Jokic si unisse Jamal Murray, giocatore in continua crescita?
Anche qui, attenzione alle squadre emergenti; se Sacramento Kings e Dallas Mavericks si trovassero in posizioni interessanti intorno a metà regular season, non stupiamoci di trovare De’Aaron Fox e Luka Doncic tra le riserve della Western Conference. Idem dicasi per Devin Booker e DeAndre Ayton, in caso di un sorprendente ‘risveglio’ dei Phoenix Suns. Da non escludere, poi, l’ipotesi di avere il primo rookie tra le stelle dai tempi di Blake Griffin; d’altronde, staremmo pur sempre parlando di Zion Williamson…
9 – MVP! MVP!
Anche la corsa al premio di MVP va presa per il suo reale valore. Probabilmente, in molti rinuncerebbero volentieri al riconoscimento, in cambio di un titolo NBA. Però la nomina a Most Valuable Player indica che un giocatore ha dominato un’intera regular season, consacrandosi nell’elite dei più grandi di sempre e, spesso, a una stagione da MVP si abbina una grande annata della squadra. E’ il caso di Giannis Antetokounmpo, vincitore della scorsa edizione del premio, che ha guidato i Milwaukee Bucks al miglior record NBA.
In un 2019/20 che si prepara a ridefinire gli equilibri della lega, anche la corsa all’MVP è più incerta che mai. Storicamente, i favoriti per il premio sono quelle superstar di caratura nettamente superiore rispetto ai compagni, ma che militano in formazioni che possono vincere tante partite in regular season. In base a questi parametri, ‘The Greek Freak’ dovrebbe avere buone chance di bissare il trionfo; i Milwaukee Bucks non hanno altri giocatori di quel livello, ma la solidità del sistema di Mike Budenholzer dovrebbe garantire un ottimo piazzamento anche nella stagione che sta per cominciare. Anche Kyrie Irving (Brooklyn Nets) e gli ‘outsider’ Nikola Jokic (Denver Nuggets), Damian Lillard (Portland Trail Blazers) e Donovan Mitchell (Utah Jazz) rispecchiano alla perfezione l’identikit del ‘potenziale MVP’, così come Stephen Curry, il quale però merita un discorso a parte. Lui MVP lo è già stato, per due volte consecutive, di cui una (la prima nella storia NBA) per voto unanime. I Golden State Warriors 2019/20, però, sono lontani anni luce da quelli del 2015 e del 2016. Dopo tanti trionfi e battaglie, la squadra deve reagire alle numerose perdite estive, tra cui spicca quella di Kevin Durant. Se da un lato Steph sarà nuovamente il lìder maximo, dall’altro gli Warriors dovranno dimostrare che la dinastia non è ancora finita. Negli anni in cui Curry e KD hanno giocato insieme, nessuno dei due ha dovuto fare gli ‘straordinari’ in regular season. Arrivare relativamente freschi ai playoff ha permesso a entrambi di alzare notevolmente il livello nelle partite più importanti. Esattamente ciò che ha fatto Kawhi Leonard a Toronto e, alla luce dei risultati ottenuti, una tendenza destinata a proseguire nell’epoca delle nuove ‘supercoppie’. James Harden e Russell Westbrook, altri che il trofeo di MVP lo hanno già vinto, potrebbero non aver bisogno di clamorose cifre individuali per guidare gli Houston Rockets a un buon piazzamento a Ovest. Idem dicasi per Kawhi Leonard e Paul George dei Los Angeles Clippers, per i loro ‘dirimpettai’ LeBron James e Anthony Davis, oppure per Ben Simmons e Joel Embiid nell’altra Conference. Escludere Davis, Embiid e Simmons dai giochi sarebbe però azzardato. E’ vero, arrivare in forma ai playoff è la cosa più importante, ma quando sei così giovane e affamato di trofei, non c’è stanchezza che tenga…
10 – Italians (arrivano i rinforzi)
Nella stagione 2019/20, la truppa italiana in NBA torna finalmente ad allargarsi. A far compagnia a Marco Belinelli e Danilo Gallinari è infatti arrivato Nicolò Melli, messo sotto contratto dai New Orleans Pelicans. Il lungo da Reggio Emilia veniva accostato alla NBA fin dai tempi dell’Olimpia Milano, ma ha saggiamente deciso di rimanere in Europa per crescere con più calma. Gli anni passati tra Bamberg e Fenerbahce lo hanno reso decisamente più maturo, e non solo per la folta barba che si è fatto crescere. Oggi, Nicolò sbarca nella miglior lega al mondo con le basi tecniche e l’esperienza necessarie a ritagliarsi uno spazio rilevante. I Pelicans sono una squadra prevalentemente giovane e in divenire, per cui la presenza di quello che ufficialmente è un rookie, ma che in realtà è un navigato veterano, potrebbe tornare molto utile a coach Alvin Gentry come ‘collante’ tra i tanti talenti acerbi del gruppo. Per i playoff dovrebbe essere ancora presto, ma il contratto di Melli è garantito anche per la prossima stagione.
E le premesse per divertirsi ci sono tutte, in Louisiana.
Marco Belinelli è all’ultimo anno di contratto con i San Antonio Spurs. Sebbene nel reparto guardie si stiano facendo largo giovani interessanti (Dejounte Murray, Derrick White, Lonnie Walker), coach Gregg Popovich non rinuncerà all’esperienza di giocatori come Beli e Patty Mills, che dovrebbero avere un discreto minutaggio anche in questo 2019/20. Il suo contributo dalla panchina sarà fondamentale per consentire agli Spurs di mantenere viva l’incredibile serie di partecipazioni consecutive ai playoff (attualmente 22; eguagliato il record stabilito dai Syracuse Nationals / Philadelphia 76ers tra il 1950 e il 1971). Purtroppo, le possibilità di un secondo titolo NBA sembrano remote, restando in Texas. Marco avrà modo di ragionarci la prossima estate, quando si appresterà a firmare quello che, con ogni probabilità, sarà il suo ultimo contratto statunitense.
La situazione più incerta è quella di Danilo Gallinari. Dopo aver disputato con i Los Angeles Clippers la migliore stagione della sua carriera (19.8 punti e 6.1 rimbalzi di media), è stato sacrificato dai californiani sull’altare della doppia trattativa che ha portato a L.A. Paul George e Kawhi Leonard. Ora il Gallo, in scadenza di contratto come Belinelli, si trova ‘prigioniero’ di una franchigia, gli Oklahoma City Thunder, il cui principale obiettivo sembra la rifondazione totale. Con un quintetto formato da Chris Paul, Shai Gilgeous-Alexander (altra contropartita dei Clippers nell’affare-George), Andre Roberson, Gallinari e Steven Adams e con giocatori come Dennis Schroder e Terrance Ferguson dalla panchina si potrebbe anche fare un pensierino ai playoff, ma le innumerevoli prime scelte ottenute dalle cessioni di PG13 e Russell Westbrook e la giovane età di molti componenti del roster fanno presumere che qualche veterano (Gallinari in primis, vista la situazione salariale) cambierà aria, nel corso della stagione. Un giocatore come Danilo farebbe comodo a parecchie contender, soprattutto in una NBA ancora in cerca di gerarchie ben precise. E se questo 2019/20, partito con mille incertezze, si trasformasse in una stagione da sogno?