Storia NBA ci racconta le storie dietro il grande basket americano: cosa è successo? Come si è arrivati alla attuale NBA?
Eleganza in parabola: l’eredità stilistica di Kareem Abdul-Jabbar
In collaborazione con Alessandro Robustelli (Fuori dal Gioco).
Ci sono tanti grandi, ma un solo Kareem Abdul-Jabbar.
In un’epoca in cui il basket si è trasformato in spettacolo e velocità, il suo nome continua a risuonare come una lezione di tecnica, eleganza e dominio silenzioso. Nessun giocatore ha segnato più punti nella storia della NBA per così tanto tempo, e nessuno lo ha fatto con la grazia quasi mistica del suo iconico skyhook, un gesto che sembrava più una danza che un semplice tiro.
La carriera e l’invenzione del gancio cielo
Nato Ferdinand Lewis Alcindor Jr., è stato un gigante in ogni senso: 218 cm di pura intelligenza cestistica, 6 titoli NBA, 6 premi MVP, 19 apparizioni all’All-Star Game.
Venne preso dai Milwaukee Bucks con la prima scelta assoluta nel Draft 1969, e il suo approdo nella NBA fu quello di un giocatore destinato a dominare su ogni lato del campo. La sua altezza, mischiata alla tecnica sopraffina, gli permise di vincere subito il premio di ROTY e l’anello nell’anno successivo.
Ma, oltre i numeri e le vittorie, è stato un simbolo di eccellenza, cultura e dignità. Sul parquet, dominava con una calma olimpica, facendo sembrare facile ciò che per gli altri era impossibile.
Il suo gancio cielo era poesia in movimento. Con un solo passo, sollevava il pallone oltre le dita tese dei difensori, e lo lasciava andare con una parabola morbida, quasi intoccabile. Era il tiro perfetto: difficile da replicare, impossibile da bloccare. Un’arma così devastante da sembrare ingiusta, ma eseguita con una compostezza che lasciava tutti in silenziosa ammirazione.
Oggi, ogni volta che una leggenda del presente segna un canestro in post, ogni volta che si cerca la perfezione tecnica in un movimento, il fantasma elegante del gancio cielo aleggia sui parquet di tutto il mondo.
Kareem non è stato solo un atleta straordinario: è stato un pensatore, un attivista, un autore. Ha elevato il gioco e il pensiero, unendo sport e coscienza sociale in un’unica, potente figura. Il suo lascito va oltre i canestri: è un modello di coerenza, disciplina e profondità.
Icona anche di stile: i famosi occhiali
C’era qualcosa in Kareem che andava oltre il talento, oltre i record, persino oltre il suo gancio cielo. Era la sua presenza. Imponente, sì, ma mai ostentata. Seria, ma mai distante. Kareem portava sul parquet non solo la classe di un maestro del gioco, ma anche un senso dello stile unico, inconfondibile, inimitabile.
D’altronde, come si possono dimenticare quegli occhiali?
Più di un semplice accessorio protettivo, gli occhiali di Kareem sono diventati un simbolo. In un’epoca in cui l’estetica degli atleti era ancora un territorio in evoluzione, lui trasformò un’esigenza medica in un marchio di fabbrica. Lenti larghe, scure, avvolgenti: sembrava quasi un supereroe o, meglio, un monaco guerriero della pallacanestro. Silenzioso, elegante, inaccessibile.
Fuori dal campo, Kareem vestiva con sobrietà e intelligenza. Look puliti, classici, spesso accompagnati da un libro sotto il braccio e da uno sguardo riflessivo. La sua eleganza non era solo estetica, ma culturale. Citava Baldwin e Bruce Lee, e lo faceva con la stessa naturalezza con cui ruotava il corpo per liberare il suo gancio cielo.
Nel tempo, i suoi occhiali sono diventati un simbolo tanto quanto la sua tecnica. Oggi, quando un giocatore scende in campo con un accessorio distintivo, quando qualcuno osa fondere l’efficacia con l’eleganza, c’è sempre un po’ di Kareem lì dentro.
Perché lo stile non è apparenza. Lo stile è sostanza che si muove con grazia. E Kareem ne era la perfetta incarnazione.
32×33
Quando Magic Johnson entrò nella NBA nel 1979, portava con sé un’energia contagiosa, un sorriso disarmante e un talento visionario che prometteva di cambiare il gioco. Ad aspettarlo, ai Los Angeles Lakers, c’era già una leggenda vivente: il centro silenzioso e imperturbabile che aveva dominato la lega con il suo elegante e inarrestabile skyhook.
All’apparenza, i due erano mondi opposti. Uno giovane, estroverso, carismatico. L’altro maturo, introspettivo, con una presenza quasi ascetica. Ma fu proprio questa dualità a trasformarsi in armonia. La loro intesa, costruita su rispetto reciproco e una profonda comprensione del gioco, divenne il cuore pulsante della “Showtime Era”.
Magic sapeva dove Kareem avrebbe voluto il pallone ancora prima che lui lo chiedesse, e Kareem rispondeva con la consueta precisione, mettendo a segno canestro dopo canestro. Non era solo una partnership tecnica, era una danza tra generazioni, un passaggio del testimone che non segnava la fine di un’epoca, ma l’inizio di una nuova leggenda condivisa. Insieme hanno sollevato 5 trofei NBA, ma forse l’eredità più profonda che hanno lasciato è quella di un’amicizia vera, cementata da momenti di gloria e di lotta, e da un rispetto che ha superato le pressioni del successo e della celebrità.
Capocannoniere della NBA… fino a LeBron
Il record di punti segnati da Kareem (38.387) è stato per quasi 40 anni una vetta apparentemente irraggiungibile. Ogni generazione di tifosi l’ha guardato come un monumento intoccabile, un numero scolpito nel marmo della storia della NBA. Kareem non era solo prolifico. Era costante, disciplinato, incredibilmente longevo.
Anno dopo anno, con metodo e grazia, ha costruito quel primato come un artigiano paziente, senza mai cercare riflettori, ma lasciando che fossero i risultati a parlare. Quando, nel febbraio del 2023, LeBron James ha superato quel totale, il mondo del basket si è fermato a guardare: non solo per celebrare un nuovo Re, ma per onorare il gigante sulle cui spalle anche LeBron si è appoggiato.
Con grande umiltà, Kareem era lì, pronto a passare simbolicamente la torcia, dimostrando ancora una volta la sua grandezza d’animo. Ma se il numero è stato superato, l’impronta che Kareem ha lasciato nel gioco resta immutata. La sua carriera non è solo una serie di statistiche impressionanti, ma una lezione vivente di impegno, eleganza e impatto sociale. Ancora oggi, è un faro per chi vede nel basket non solo uno sport, ma una via per ispirare, educare e cambiare il mondo.